Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Come mai nessun partito è convinto della legge di stabilità varata dieci giorni fa dal governo, nessun partito – voglio dire – nemmeno tra quelli che sostengono Monti, nemmeno l’Udc che ha sempre accettato le decisioni di questi ministri praticamente a scatola chiusa?
• Già, perché?
Perché siamo già in campagna elettorale, caro amico. E a fare un po’ d’opposizione – pensano i partiti – ci si guadagna sempre.
• Tuttavia queste opposizioni devono avere una logica, non possono essere campate per aria.
Prendiamo Bersani. Ha parlato contro la legge di stabilità ancora ieri (le ricordo che si chiama “legge di stabilità” quella che un tempo era detta “legge finanziaria”). Stia a sentire: «In questi giorni continueremo con i dipartimenti del Pd e con i gruppi parlamentari nell’approfondimento della legge di stabilità e discuteremo con altri gruppi di maggioranza cercando il massimo di convergenza. Nel rispetto dei saldi chiediamo al governo di rendersi disponibile a modifiche significative. Noi metteremo attenzione alla questione fiscale cercando una soluzione più equa e più adatta a incoraggiare la domanda interna. Metteremo attenzione al tema ancora aperto degli esodati. In particolare, voglio dirlo con chiarezza, noi non saremo in grado di votare così come sono le norme sulla scuola. Sono norme al di fuori di ogni contesto di riflessione sull’organizzazione scolastica e che finirebbero semplicemente per dare un colpo ulteriore alla qualità dell’offerta informativa. Voglio credere che ciò sarà ben compreso dal governo. Diversamente, saremmo di fronte a un problema davvero serio».
• Beh, ci vuole qualche spiegazione.
Questione fiscale: ricorderà che la legge di stabilità taglia di un punto le aliquote Irpef più basse e alza di un punto l’Iva. Bersani pensa che si possa fare diversamente («una soluzione più equa e più adatta a incoraggiare la domanda interna» perché l’Iva, salendo di un punto dal prossimo luglio, scoraggerà la gente a comprare, cioè deprimerà la domanda). Gli esodati sono un tormentone che ormai ritorna ciclicamente, buono per ogni propaganda. La scuola sembra il terreno di scontro più serio: il ministro della Pubblica Istruzione vuole portare l’orario di lavoro degli insegnanti da 18 a 24 ore settimanali, regalando 15 giorni di ferie in più quando le scuole sono chiuse (notiamo di passata che a luglio le scuole sono chiuse, ma fino ad oggi gli insegnanti sono risultati al lavoro). Su questo ci sono manifestazioni da dieci giorni, niente di oceanico dato che nessuno è in grado di portare in piazza milioni di persone, ma tanti cortei e assemblee in molte città, di docenti e studenti. L’ultima volta, i professori si sono seduti davanti al Ministero a Roma e hanno corretto i compiti sul marciapiede. Il messaggio voleva dire: il nostro orario non sono solo le 18 o le 24 ore, c’è tutto un lavoro di preparazione e aggiornamento di cui si deve tenere conto.
• Hanno ragione?
Senza entrare nel merito della ragione o del torto, c’è il fatto che Bersani intende cavalcare questa protesta, anche se non si sa fino a che punto: per ora si limita a dire che, se non venisse ascoltato, «ci sarebbe un problema molto serio». Cioè Bersani vuol fare la lotta, ma senza buttar giù Monti, che è mossa proibita da tutti, a partire da Napolitano. Dunque, che senso ha? Solo il senso di mostrarsi in lotta e sperare di guadagnar simpatie. Si rende conto che il Pd, con Damiano, aveva presentato una proposta di controriforma delle pensioni che costava 30 miliardi in 10 anni? E che speranza c’era che passasse? Nessuna, ma intanto i giornali ci hanno fatto titoli sopra. Bersani deve guardarsi da parecchi nemici contemporaneamente. Renzi ieri ha detto che con lui il Pd andrebbe al 40%, mentre con Bersani («con loro») resta al 25. Ha poi attaccato la gestione del Monte dei Paschi e a Bersani le orecchie devono fischiare parecchio: le eventuali malversazioni per l’acquisto di Antonveneta, su cui indagano i magistrati, possono portare direttamente all’attuale gruppo dirigente del Pd, di certo non al sindaco di Firenze. Secondo molti, Renzi nei sondaggi è almeno alla pari con Bersani.
• Poi c’è Grillo.
Che i sondaggi dànno al 21%, col Pd al 26. Il 21% a sei mesi dalle elezioni significa che il Movimento 5 stelle può alla fine persino arrivare primo e risultare decisivo per l’elezione del presidente della Repubblica. Non riesco a immaginare le conseguenze di un risultato tanto sconvolgente. E non ci riescono nemmeno i partiti, che per il momento cercano di farsi belli attaccando questa legge di stabilità. L’Udc vorrebbe che si evitasse l’aumento dell’Iva «in particolare per le fasce di reddito più deboli», una proposta che non so come si potrebbe mettere in pratica senza distribuire delle tessere di povertà. Alfano ha ritirato fuori – oltre alle modifiche sostanziali sulle detrazioni per i mutui e sull’Iva – i tagli alla spesa pubblica «più si taglia la spesa, più si eliminano gli sprechi». Ma perché hanno fatto la guerra a Tremonti, allora, quando erano al governo e Tremonti voleva tagliare spesa e sprechi?
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 22 ottobre 2012]
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