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 2012  ottobre 22 Lunedì calendario

Gheddafi jr ucciso cinque volte Ma il suo corpo non si trova... - La quinta morte di Khamis Gheddafi farebbe comodo a mol­ti

Gheddafi jr ucciso cinque volte Ma il suo corpo non si trova... - La quinta morte di Khamis Gheddafi farebbe comodo a mol­ti. Prima di tutto alle milizie di Mi­surata che da qualche giorno so­no tornate ad assediare la città di Bani Walid, roccaforte delle tribù Warfalla e degli ultimi nostalgici di Muhammar Gheddafi. E poi ai vari leader libici che da Tripoli so­stengono politicamente il nuovo sanguinoso assalto. Se veramen­te Khamis si fosse nascosto nella martoriata città allora i bombarda­menti del centro abitato, la spieta­ta caccia ai capi delle tribù Warfal­la e le taglie sulle teste degli ultimi nostalgici del deposto regime avrebbero un fondamento. Pur­troppo per loro, però, il cadavere del più giovane dei rampolli del rais non salta fuori. E così i signori della guerra libici si ritrovano a render conto del fallimento di una rivoluzione che dopo aver trascinato il paese nel caos si dimostra ancor più il­liberale, inattendibile e vio­lenta del deposto regime. Allo stato dell’arte l’an­nunciata cattura di Khamis Gheddafi, seguita dalla morte per le ferite riportate nei combat­timenti, sembra più una farsa che una certezza. Anche perché l’esi­bizione del cadavere, data per ga­rantita già sabato pomeriggio, re­stava fino ieri sera una semplice promessa. Altrettanto improbabi­le suonava anche la notizia circo­lata, quasi contemporaneamen­te, del fermo a Bani Walid dell’ex portavoce di Gheddafi Ibrahim Moussa, uno dei pochi «fedelissi­mi » del Colonnello ancora vivi o in liberta. Uno dei primi a confer­mare l’inattendibilità delle voci diffusesi sabato sera è il vicepre­mier libico Mustafa Abushagur. Da ieri circola su Twitter un suo messaggio in cui Abushagur - do­po le scusa «per aver annunciato l’uccisione di Khamis Gheddafi e la cattura di Mussa Ibrahim» -spiega che le due notizie «non han­no conferme ufficiali». Il primo a smentire la propria cattura era sta­to lo stesso Ibrahim Moussa auto­re­già sabato notte- di un comuni­cato registrato, diffuso via inter­net, in cui assicurava di esser anco­ra uccel di bosco. L’annuncio della morte di Kha­mis Gheddafi resta comunque un classico delle sgangherata rivolu­zione libica. La prima supposta eli­minazione del figlio classe 1983 del raìs risale ai primi giorni della rivolta. Già a febbraio dell’anno scorso i portavoce ribelli giurano di averne ritrovato il cadavere tra le rovine della caserma di Bengasi arresasi dopo gli assalti rivoluzio­nari. Naturalmente si tratta di una balla, ma è una balla ben pensata. Annunciare la morte di un figlio del Colonnello messo a soli 28 an­ni alla testa di una delle brigate d’élite dell’esercito governativo serve a rincuorare i ribelli e a far credere che anche le unità più ag­guerrite del regime potranno ve­nir sconfitte. La notizia della pro­priamorte non impedisce a Kha­mis di far carne di porco dei ribelli di Zawiya, e di marciare poi verso Zlitan, caposaldo occidentale del­la rivolta. Il 20 marzo gli «agit prop» della rivolta lo uccidono una seconda volta facendo circo­lare la notizia del Khamis carbo­nizzato dal Mig di Muhammad Mokhtar Osman, un «eroico» pilo­ta governativo gettatosi con il suo aereo su Bab el Azizia - il palazzo fortezza nel cuore di Tripoli - resi­denza di Gheddafi e della sua fami­glia. La terza morte e resurrezione di Khamis arriva il 5 agosto 2011 quando le solite fonti ribelli giura­no di averlo visto morire, assieme a 32 dei suoi uomini, sorpresi da bombardamento Nato intorno a Zlitan. La quarta morte, l’unica da cui non sembrava fin qui essersi mai ripreso, arriva il 29 agosto 2011 quando una coppia d’elicot­teri Apache inglesi ferma a colpi di missili un convoglio governati­vo in fuga a sud di Tripoli. Pochi giorni dopo Abdul Salam Taher Fagri,un’ex guardia del corpo,rac­conta di averne visto i resti tra i rot­tami della sua Toyota Land Crui­ser: «Ero nel veicolo dietro al suo­racconta Fagri- quando la sua au­to è stata colpita Khamis è morto bruciato davanti ai miei occhi».