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 2012  ottobre 22 Lunedì calendario

VENT’ANNI DOPO CADE UN ALTRO MURO. L’EUROPA DELL’EST RICCA QUANTO NOI - E’

la grande convergenza degli anni Dieci di questo secolo, non esattamente una belle époque. La prosperità dei Paesi centro-europei, emersi dal socialismo reale, sta raggiungendo quella dei Paesi sud-europei. Le stime sono del centro studi bruxellese Bruegel, calcolate sulla base dei dati del Fondo monetario internazionale. Il reddito di chi vive in Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia sarà pari fra non molto a quello (medio) di italiani, spagnoli, greci e portoghesi presi come gruppo unico. In termini di potere d’acquisto, valutando quanto si può comprare con una certa quantità di denaro in luoghi diversi, è probabile che il sorpasso sia già realtà oggi.
Così in silenzio il Muro di Berlino finisce di cadere. Nel 1989, allo scioglimento del Patto di Varsavia, gli abitanti dell’Europa centrale presentavano livelli di reddito che i loro vicini dell’Europa del Sud avevano già superato trent’anni prima. Da allora, i primi sono saliti e i secondi sono in declino. Per paradossale che possa sembrare, è in primo luogo un successo dell’Europa: sostenendo le istituzioni politiche e economiche di una società aperta, ha favorito un nuovo miracolo; in una generazione ha cancellato molti dei guasti prodotti in mezzo secolo da un sistema che ha fallito.
Poi naturalmente c’è anche l’altra metà dell’equazione. Il sorpasso avviene mentre l’Europa del Sud, una regione dell’economia globale importante come o più della Germania, non smette di scivolare in basso. Niente di tutto questo è inevitabile. Il boom della Polonia, della Repubblica Ceca e delle altre ex sorelle del Comecon ricorda che l’Unione europea è ancora in grado di trasformare in meglio la vita di centinaia di milioni di persone. La prossima sfida sarà riportare sulla stessa traiettoria di crescita l’Europa del Sud. Fuori dalla misura quotidiana dello spread, è su questo che il progetto europeo — e quello dell’euro — può vincere o perdere nei prossimi dieci anni. La storia dimostra che può anche finire bene.
Federico Fubini