Luisa Grion, la Repubblica 22/10/2012, 22 ottobre 2012
ITALIANI IN PENSIONE SEMPRE PIÙ TARDI I NUOVI ASSEGNI CROLLANO DEL 35%
SONO DI MENO e sono un po’ più vecchi. Prima ancora che la riforma Fornero cominci a produrre effetti, le norme sulla previdenza introdotte dai precedenti governi hanno modificato il ritratto dei nuovi pensionati. Nei primi nove mesi di quest’anno - segnala l’Inps - gli assegni liquidati dall’istituto, compresi quelli dell’ex Inpdap sono diminuiti del 35,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. E l’età media si è alzata di un anno tondo tondo, passando dai 60,3 ai 61,3.
LO SCALINO E LA FINESTRA
A determinare tale risultato non è stata la riforma previdenziale del governo Monti (che produrrà effetti solo a partire dal prossimo anno), ma due
provvedimenti presi dai precedenti esecutivi: lo «scalino» del ministro di centrosinistra Damiano (il passaggio dai 59 ai 60 anni di età a fronte di almeno 36 anni di contributi per avere diritto all’assegno) e la «finestra mobile » del ministro di centrodestra Sacconi (l’attesa di 12 mesi per i dipendenti e di 18 mesi per gli autonomi una volta maturati i requisiti). Le due norme, messe assieme, hanno prodotto un crollo nel numero di assegni liquidati dall’Inps, pur tenendo conto anche di quelli «ereditati » dall’Inpdap: tra gennaio è settembre sono stati 199.555 contro i 309.468 dello stesso periodo 2011. L’Inps non ha calcolato gli effetti che la caduta può aver determinato sulla spesa (i calcoli si faranno nel bilancio annuale), ma precisa di aver liquidato 140.616 nel settore privato (meno 37,4 per cento) e 58.939 nel
pubblico (meno 22,2 per cento). Il calo più consistente si è comunque registrato nelle pensioni di anzianità del privato (meno 44,1 per cento).
2013, ANNO DEL SORPASSO
Meno assegni, ma anche pensionati più anziani. L’età media dell’ingresso in pensione è passata a 61,3 anni, dodici mesi d’«invecchiamento» in un solo anno. Per Antonio Mastrapasqua, presidente dell’Inps questo è il preludio del sorpasso alla Germania. «Penso che l’anno prossimo la raggiungeremo e supereremo» ha detto. I
tedeschi in media vanno in pensione a 61,7 anni ma il loro tasso di sostituzione è del 58,4 per cento dell’ultima retribuzione mentre per i lavoratori italiani, grazie agli effetti di quello che rimane del metodo retributivo, si aggira ancora sull’80 per cento (destinato a crollare nei prossimi anni). In Francia l’età media di uscita dal lavoro è 59,3 anni ma il tasso di sostituzione è del 60,8 per cento rispetto all’ultima retribuzione. Entro pochi anni, quando la riforma Fornero sarà attuata, «saremo il paese leader della Ue, il più virtuoso» commenta Mastrapasqua,
convinto che il primato si possa raggiungere «entro il 2020». Di fatto, già dal prossimo anno, le donne del privato andranno in pensione a 62 anni e tre mesi, e l’«escalation» per tutti continuerà nei prossimi anni.
A FAVORE E CONTRO
C’era bisogno di diventare i primi della classe? Secondo i sindacati no. «I conti sono in sicurezza » assicura Mastrapasqua, alimentando le polemiche di chi ritiene non necessaria la nuova riforma. «I dati dell’Inps dimostrano che il sistema previdenziale italiano era pienamente sostenibile prima dei provvedimenti Fornero che sono stati una gigantesca operazione di cassa fatta pagare ai lavoratori dipendenti e ai pensionati
» commenta Domenico Proietti, segretario confederale Uil. Cesare Damiano, autore di una delle norme che hanno prodotto il crollo degli assegni certificato dall’Inps, chiede di pensare agli esodati. «Il governo riferisca in Parlamento sulla positiva situazione che si è creata e utilizzi quei risparmi per tutelare chi, in virtù dell’ultima riforma, è rimasto senza reddito ». Anche per Giuliano Cazzola, vicepresidente Pdl della Commissione Lavoro l’emergenza esodati va risolta. Ma «i nuovi dati - commenta - non autorizzano a ritenere inutile la riforma Fornero, che ha esteso il metodo contributivo e superato la piaga delle pensioni di anzianità ». E il sorpasso sulla Germania riguardo all’età? «Non vedo dove stia il problema: dobbiamo soltanto essere contenti se almeno in un campo siamo
più virtuosi dei tedeschi».