Paolo Bracalini, il Giornale 22/10/2012, 22 ottobre 2012
Il poltronificio di «Spendaccino» tra posti agli amici e spese folli - «Renzino spendaccino», è il soprannome che gli avevano affibbiato gli avversari, quando era presidente della Provincia di Firenze, dal 2004 al 2009
Il poltronificio di «Spendaccino» tra posti agli amici e spese folli - «Renzino spendaccino», è il soprannome che gli avevano affibbiato gli avversari, quando era presidente della Provincia di Firenze, dal 2004 al 2009. Venti milioni di euro tra affidamenti, eventi (alcune fondamentali come la «Festa della Pimpa») e spese di rappresentanza, che gli sono finora costate una piccola condanna della Corte dei conti (per assunzioni senza relative qualifiche) e un’indagine in corso per presunto danno erariale. Un fastidioso strascico, che però è valso la candela. È da presidente della Provincia che Renzi ha gettato le basi della sua scalata ai vertici del Pd (impresa ardua che gli sta riuscendo), usando con grande abilità il rubinetto delle spese e il relativo potere, soprattutto di farsi conoscere, che un ente come quello offriva. «Ha usato la Provincia per emergere come personaggio e farsi strada», dice senza mezze misure un nemico storico di Renzi, il consigliere provinciale del Pdl Guido Sensi, autore di un dossier dettagliatissimo, insieme al senatore Achille Totaro, sulle spese dell’ enfant prodige in Provincia. Ma è una cosa che ha detto anche l’ex assessore al Bilancio dello stesso Renzi in Comune, Claudio Fantoni (Pd), che a giugno si è dimesso con una lettera durissima che, tra l’altro, dice questo: «Ho sempre pensato che chi è chiamato a governare Firenze sia a servizio della città, e non che la città, Firenze, sia al servizio e strumento utile al perseguimento di ambizioni personali». Ecco, le ambizioni di Matteo Renzi. E il metodo per realizzarle. Fatto di indiscutibile capacità, soprattutto nel vendere il prodotto Renzi, e di pragmatica gestione del potere tramite nomine, gli incarichi (anche con incroci parentali), tanta comunicazione, molta attenzione alla stampa locale (anche finanziata con elargizioni pubbliche), poltrone o onorificenze di prestigio a personalità illustri e influenti. Come l’ex presidente Fiat, Paolo Fresco, premiato prima col Fiorino d’oro (l’Ambrogino d’oro di Firenze), e poi nominato vicepresidente del Maggio Musicale Fiorentino, un Cda in cui c’è anche Giovanna Folonari, della potente famiglia dei Folonari. Non è un caso, poi, che Fresco dichiari alla stampa: «Darò fondi e idee al camper di Renzi». Anche Lorenzo Bini Smaghi è entrato nella rete di Renzi, attraverso la nomina a Palazzo Strozzi. Poi c’è la casata dei Bona Frescobaldi, finanziatori di Renzi. La figlia, Livia Frescobaldi, è stata nominata dal sindaco nel Gabinetto Vieusseux. «Solo un caso?», si chiede qualcuno. Ma queste non sono assunzioni, perché non è gente che si conquista con uno stipendio. Su questo capitolo c’è da dire che il sindaco rottamatore non ha replicato i fasti di quando era in Provincia, anche perché i Comuni di soldi da spendere ne hanno pochi, e poi a far chiudere il portafogli c’è il patto di stabilità (che lui chiama «il patto di stupidità»). Ma un po’ di assunzioni ne ha fatte anche qui, a Palazzo Vecchio.L’opposizione in Consiglio ne conta 59, da tre anni a questa parte. «“Fuori!”, non è il titolo del suo libro, è la sua filosofia di assumere gente da fuori, quando il Comune di Firenze ha già 5.200 dipendenti che si possono utilizzare», attacca il Pdl cittadino. Il punto non è tanto il costo delle assunzioni (2.400.000 euro l’anno), che per il sindaco è invece un’ottimizzazione dei costi, ma più che altro l’appartenenza di molti assunti (in Comune e partecipate), che illustra bene il «metodo Renzi». Alcuni vengono dall’Agesci, l’associazione degli scout cattolici italiani, da cui viene lo stesso Renzi, cattolico, ex segretario cittadino del Ppi e poi Margherita. Poi c’è la figlia del direttore del Corriere Fiorentino , influente giornale cittadino. Poi c’è qualche piddino già in lista nel 2009 e non eletto, poi la moglie di un attuale consigliere comunale del Pd, il portavoce di Lapo Pistelli (mentore di Renzi, poi da lui fatto fuori), ex dipendenti della Provincia trasportati per «fedeltà»in Comune (come l’autista, che Renzi ha fatto distaccare da lì), qualche ex assessore, tra cui Lucia De Siervo. Tra l’altro anche il marito della De Siervo, Filippo Vannoni, ha ottenuto un incarico alla municipalizzata Sas, il cui presidente, Moreno Panchetti,è l’ex allenatore di calcio di Luca Lotti, capogabinetto di Renzi. Un cognome, De Siervo, che non passa inosservato, perché è la sorella di uno dei registi dell’ «operazione rottamare il Pd», cioè Luigi De Siervo, manager della Rai, ex consulente a Firenze dello studio dell’avvocato David Mills, «fratello di» ma anche «figlio di», perché il padre è Ugo De Siervo, ex presidente della Corte costituzionale. Luigi De Siervo è uno dei pistoni del motore renziano, insieme a Marco Carrai, GiulianodaEmpoli( vedi2˚puntata)eMatteoSpanò, amico di Renzi (entrambi sono di Rignano sull’Arno), scout e leader regionale dell’Agesci, nonché presidente della Bcc di Pontassieve. L’impegno di tutti viene ricompensato con nomine e galloni, in particolare Spanò, già capo della discussa (dalla Corte dei conti) società esterna Florence Multimedia, è ora presidente del Museo dei Ragazzi, la partecipata dal Comune che gestisce i gli eventi culturali del sindaco. E qui si registra un incrocio tra fatture, società private, amici e famiglia di Renzi, su cui si è acceso un riflettore della Procura in seguito ad un esposto (indagine senza nessun indagato al momento). Spanò è, infatti, socio al 20% di una Srl, la Dotmedia, a cui Renzi ha affidato la consulenza per la campagna su internet e social network . Ebbene, la Dotmedia incassa soldi dal Comune, curando diverse operazioni, dalla Notte tricolore alle campagne della centrale del latte. Se nel 2008, prima che Renzi arrivasse a Palazzo Vecchio, la società dell’amico Spanò fatturava 9mila euro, nel 2009 arriva a 137mila. Lo stesso Museo dei Ragazzi di Spanò ha assegnato un lavoro alla Dotmedia di Spanò («tutto gratis»,si difende lui).Ma c’è qualcosa di più. Un intreccio societario, tramite un altro socio, Alessandro Conticini, che lega la Dotmedia ad un’altra società, la Eventi6srl, di Rignano sull’Arno che ha tra i soci Laura, Matilde e Benedetta Renzi. Madre e sorelle del principino.