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 2012  ottobre 22 Lunedì calendario

LA FENICE DEL NORD RISORGE DAI SUOI GHIACCI

Ipiù piccoli sono stati i primi a subire la crisi e ora sono tornati i primi della crescita. L’Islanda – il più ridotto laboratorio sociale d’Europa, geograficamente a cavallo tra il continente americano e quello europeo si è ripreso dal colpo che la tramortì tra il 2008 e il 2009. I 320mila abitanti dell’isola vulcanica (terra giovanissima, sorta nell’Atlantico venti milioni di anni fa) disseminati in un territorio vasto esattamente un terzo dell’Italia, hanno subito i rovesci economici pagandoli a caro prezzo, ma rappresentano anche il modello di come una società ristretta possa uscire dalla tempesta e dagli errori commessi dai propri governi con un riscatto sociale e un nuovo ordine economico.
MENTRE LE TRE maggiori banche islandesi erano tramortite dalla mostruosa esposizione (iniziata nel 2006) accumulata nei confronti di istituti stranieri (soprattutto britannici, olandesi e scandinavi) e che intaccò la liquidità dei correntisti, gli islandesi si chiusero letteralmente in casa (il numero dei nati nel biennio 2009-2010 crebbe esponenzialmente) nei lunghi inverni del loro scontento nei confronti dei governanti. Smisero di viaggiare nelle terre di conquista dei loro avi vichinghi e ridussero le acquisizioni di società britanniche e scandinave (imprenditori e banchieri islandesi erano divenuti padroni negli anni 2000 di parecchie aziende - come racconta anche il film “Il grande capo” dello svedese Lars von Trier). Il potere finanziario del piccolo popolo islandese era molto più esteso della ricchezza prodotta nell’isola. La svalutazione della corona (che ha dimezzato il suo valore rispetto al 2008), dopo aver fatto toccare il fondo della crisi, ha portato al rimbalzo dell’export e alla ritorno della crescita, sostenuta, dell’economia. Il Pil è salito del 3% nel 2011 e si prevede un +2,5% quest’anno, dopo essersi contratto del 7% nel 2009 (e del 4% nel 2010).
Ma è soprattutto il processo di psicologia sociale ad aver fatto scattare il meccanismo di superamento della crisi: i governanti islandesi sono stati messi sotto processo dai cittadini – in forma ufficiale e giuridica, ma anche con iniziative artistiche. Il Parlamento ha dato il via libera alla magistratura di perseguire l’ex premier Geir Haarde per accertare le sue responsabilità nella bancarotta dello Stato: colpevole di “non aver saputo comprendere e impedire” la crisi, ma non finirà in carcere perché scagionato dall’accusa di “negligenza”. Sotto processo anche i banchieri che combatterono il circolo vizioso dell’indebitamento drogandolo con gli strumenti finanziari più spregiudicati, fino al fragoroso crac dei loro istituti. E nel 2010 una compagnia teatrale invitò tutti i cittadini di Reykjavik a partecipare alla lettura non-stop dello sterminato rapporto statale che aveva stabilito le colpe della bufera finanziaria. In migliaia si sono alternati sul palco per questa seduta pubblica di responsabilità sociale. Anche la Costituzione della repubblica, nata nel 1944, è stata modificata e riscritta, con un processo di partecipazione on line: i cittadini hanno avuto modo di mandare suggerimenti e proposte integrate in tempo reale attraverso Internet e ufficializzate con un referendum. Dagli sbuffi di rabbia e ironia prodotti dalla popolazione del paese dei geyser è stato prodotto anche il fenomeno Gnarr, ex cantante del gruppo rock dei Sugarcubes che con lo slogan “corruzione trasparente” e il provocatorio programma di rendere legale il ladrocinio della casta tramite il suo “Best party” (Partito Migliore) ha vinto la poltrona di sindaco di Reykjavik. E poi un consorte pasionaria del presidente della Repubblica che, in occasione di una protesta durante una cerimonia ufficiale, abbandona il corteo presidenziale e arringa la folla. Dal momento più cupo della crisi a guidare il paese è una donna, la prima premier dichiaratamente lesbica del mondo: Johanna Sigurdadottir è anche madre di due figli. Il grande racconto epico islandese medievale, l’Edda poetica, è il fondamento della cosmogonia nordica e ha avuto influenza anche sui miti germanici. L’epica contemporanea fa dell’Islanda il modello - seppur in dimensioni ridotte e dunque spesso poco applicabili - della rivoluzione civile (anche nelle forme) sgorgata dal Malstrom della crisi. In 300 mila hanno riscattato le colpe dei singoli responsabili e hanno condiviso la responsabilità di uno sfacelo che per anni non avevano voluto considerare. Ma ci vorrà tempo perché la primavera islandese contagi il resto del continente.