Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 22/10/2012, 22 ottobre 2012
DROGA DI STATO
La dichiarazione di resa del governo Monti all’azzardo è datata 16 ottobre 2012 quando il ministero dell’Economia mette nero su bianco che le norme più severe contro le ludopatie non s’hanno da fare per la semplice ragione che “dalla disposizione derivano minori entrate”. La relazione del Mef alla commissione Bilancio della Camera sul decreto Balduzzi spiega perché “l’introduzione obbligatoria di soluzioni tecniche volte a bloccare automaticamente l’accesso ai minori mediante l’uso della tessera elettronica” non è compatibile con gli equilibri di finanza pubblica. Per il ministero “l’installazione di sistemi identificativi del giocatore potrebbe avere un effetto dissuasivo sul giocatore stesso che, ritenendo di essere “catalogato”, potrebbe riversarsi sull’offerta illegale, con riduzione delle entrate attese”. Si parla spesso di ludopatia, ma il primo malato da gioco in Italia è proprio lo Stato. Come un drogato, non può più fare a meno di assumere monetine e banconote. Nel primo semestre 2012 lo Stato ha incassato tasse sul gioco per 4 miliardi e 300 milioni (meno 8 per cento sul semestre 2011) ma i giocatori hanno “speso”, cioè perso più del doppio: 8,8 miliardi.
I big dell’azzardo: da Sisal a Lottomatica fino a Betting 2000
Tutti soldi delle famiglie italiane che vanno a remunerare la filiera degli imprenditori del gioco: in primis i concessionari come Bplus, Sisal o Lottomatica, ma poi a un livello più basso le società che gestiscono le sale e le slot e che sono abili a penetrare il territorio come la Betting 2000 del camorrista Renato Grasso (vedi pagina 4) che aveva stilato un accordo con Sisal o come il gruppo dei fratelli calabresi Lampada (vedi pagina 5), che ha invaso Milano con le sue slot Gamenet o come la società Royal che si affidava a Davide Flachi, figlio del boss Pepé, per piazzare nei bar della Comasina le slot Lottomatica. Tutte le grandi società non sanno nulla sui metodi con i quali i loro gestori aumentano le quote di mercato. Il gioco è uno dei pochi settori che tira e nessuno si cura degli effetti collaterali del boom. Lottomatica realizza performance da record in Borsa; la Snai e la Cogetech nel 2011 sono state comprate dalla Investindustrial di Andrea Bonomi, erede della dinastia milanese, che ha ceduto la Ducati per lanciarsi sulla Bpm e sulle concessionarie del gioco. L’alta finanza è l’ultima tappa della marcia trionfale delle slot. Partite dal retrobottega del bar, dove era nascosto il loro antenato: il videopoker, le macchinette mangiasoldi puntano a una raccolta annua nel 2012 di 50 miliardi, più del triplo del fatturato della Fiat. Tutto inizia con la legalizzazione del secondo governo Berlusconi nel 2004: 360 mila slot machine invadono i bar in pochi anni. Il leader del mercato è la Bplus di Francesco Corallo, con 86 mila piccole slot sparse nei bar che raccolgono monetine per 7,2 miliardi, dei quali 972 milioni vengono versati allo Stato come tasse; segue Lottomatica (14,8 per cento), e terza con il 13 per cento troviamo la Gamenet che accettava pagamenti in contanti dai Lampada. Il punto di non ritorno è stato il decreto Abruzzo del 2009 che apre alle slot stile casinò, chiamate Vlt. Grazie a una norma comparsa all’improvviso - vedremo poi come - le dieci società che avevano ottenuto nel 2004, gratis, la concessione per controllare le ‘new slot’ da bar, possono attivare anche 56 mila Vlt e aprire mini casinò in tutta Italia. Il ministro Giulio Tremonti chiede un pagamento immediato di 15 mila euro a macchina in cambio di un prelievo basso sulle giocate: 2 per cento poi innalzato fino al 4,5 per cento tra le proteste e i ricorsi dei concessionari. I mini casinò spuntano ovunque, accanto alle ludoteche per bambini, nei centri commerciali e nelle stazioni. Ora lo Stato vorrebbe introdurre dei limiti ma non può permetterselo. E riparte l’inseguimento del giocatore-preda fin dentro le mura di casa. La nuova frontiera è il gioco a distanza, un settore nel quale il gruppo Berlusconi è entrato con la Glaming, che controlla una quota di mercato pari allo 0,5 per cento e che è ora di Mondadori al 100 per cento dopo le polemiche al suo debutto per l’intestazione fiduciaria di una quota di minoranza. Come è stato possibile arrivare a questo punto? Chi ci ha guadagnato? Certamente i concessionari. Nonostante la condanna della Corte dei Conti in primo grado a febbraio (ma pende l’appello) a pagare complessivamente 2,5 miliardi di euro di penale per il mancato rispetto dei livelli di servizio promessi. Ai suoi mega debitori (Cogetech deve 255 milioni; Sisal 245 milioni; Gamenet 23 milioni; Snai 210 milioni; Hbg 200 milioni; Gmatica 150 milioni; Cirsa 120 milioni; Codere 115 milioni e Lottomatica 100 milioni, Bplus 845 milioni) lo Stato ha regalato l’estensione della concessione alle Vlt per altri nove anni. Un ruolo centrale in questa storia è stato giocato da Guido Marino e dalla sua società di consulenza Mag e Associati. Questo 57enne che nessuno conosce, nel 2004 era il consulente dell’AAMS ed era pagato un milione e 300 mila euro all’anno per disegnare il quadro regolamentare delle slot. Nel 2008 salta il fosso e incassa contratti di consulenza da Bplus, Lottomatica, Snai, Sisal e dalla Glaming della Mondadori. Proprio Marino è l’uomo che ha scritto “su commissione di Bplus”, come ha raccontato ai pm, le norme del decreto Abruzzo che hanno aperto il mercato alle vlt e anche quelle che “recepirono le istanze dei concessionari” nel 2009 e poi nel 2010. Marino consegnò il pacchetto di norme sulle vlt a Francesco Corallo e poi una manina le infilò nel decreto. La Mag di Marino ha fatturato a Bplus per i suoi servizi 218 mila euro nel 2008, 450 mila euro nel 2009 e 660 mila euro nel 2010. Durante le perquisizioni alla Mag gli investigatori si sono imbattuti nel biglietto da visita di Adriano Tranquilli, l’uomo che seguiva su incarico di Marino il cliente Bplus fino al 2010, quando è diventato responsabile del settore Vlt di Bplus. Sul suo bigliettino da visita c’era scritto: collaboratore parlamentare di Amedeo Laboccetta. Proprio lui, il procuratore di Atlantis-Bplus fino al 2008 quando viene eletto in Parlamento in quota An e diventa, come spiega Marino ai pm “il punto di contatto iniziale per la sua carica nella Commissione Finanze” per far approvare il pacchetto del Decreto Abruzzo. Poi però la lobby del gioco punta su un uomo più potente: il braccio destro di Tremonti, Marco Milanese. “Se non ricordo male”, ha raccontato ai pm l’allora direttore AAMS Raffaele Ferrara “il capo dell’ufficio legislativo mi disse che il pacchetto gli era stato trasmesso dal deputato Marco Milanese”, ma Milanese, interpellato, nega.
I principali protagonisti e paradisi fiscali: ecco dove corre il vero business
A casa di Corallo, durante la perquisizione del novembre 2011, Labocetta porta via il pc dalle mani dei finanzieri ma non si cura del fax con il passaporto della compagna del presidente della Camera Fini, che parte da Corallo per il consulente caraibico del re delle slot, James Walfenzaoche ha curato l’acquisto della casa di Montecarlo dove vive il cognato di Fini,Giancarlo Tulliani. Certamente Laboccetta conosce molti segreti, che legano gli uomini di An a Corallo. C’è una foto scattata il 13 settembre del 2004, pochi mesi dopo la gara per le slot, che ritrae Laboccetta e Gianfranco Fini nel ristorante di Corallo a Saint Maarten. Quella sera c’era anche Francesco Cosimi Proietti, parlamentare e già segretario di Fini nonché socio d’affari dell’allora moglie Daniela. Pochi mesi dopo quella vacanza, Laboccetta diventa procuratore di Atlantis in Italia, e nel-l’aprile 2005 chiede a Proietti di intervenire per salvare l’amico Corallo perché l’allora direttore di AAMS Giorgio Tino, a causa dei suoi inadempimenti, minacciava di revocare la concessione ad Atlantis. Il 18 aprile 2005 Laboccetta annuncia a Proietti: “Stanno per avviare un’iniziativa pesantissima nei nostri confronti”. Proietti interviene e tutto si ferma. Ancora il 2 maggio 2006 l’AAMS scrive per segnalare il mancato collegamento di migliaia di macchinette, e il 24 luglio 2006 lamenta il mancato versamento le prelievo sulle slot per 81,6 milioni più 13 milioni di canone. Eppure la revoca non arriverà mai. I rapporti tra Proietti e Atlantis (divenuta Bplus) riemergono ora dall’indagine del pm romano Giuseppe Cascini nella quale Proietti è indagato per bancarotta e finanziamento illecito perché, secondo l’accusa, il parlamentare aveva un ruolo di fatto nella società Keis Comunicazione, amministrata dal nipote Alessandro e partecipata dal 2007 dalla figlia Francesca. Il Fatto ha scoperto che non solo Bplus ma anche altre concessionarie hanno versato soldi alla Keis per sponsorizzazioni. Sisal per sponsorizzare tra l’altro un concerto gospel nel 2004 ha pagato alla Keis 48 mila euro e poi, con altre motivazioni, 198 mila euro nel 2005, 36 mila euro nel 2007, per un totale di 318 mila euro. Lottomatica invece ha pagato alla Keis per sponsorizzazioni, 210 mila euro nel 2004, 90 mila euro nel 2005 e 60 mila euro nel 2007 per un totale di 360 mila euro. Più recenti i versamenti da parte di Bplus alla società dei Proietti: la Bplus Servizi sponsorizza con un contratto da 300 mila euro il tour di Loretta Goggi (stagione 2007-2008) e con un secondo contratto da 200 mila euro, la tournée 2009-2010 di Davide Rossini. Non è chiaro quanto abbia realmente incassato Keis da Bplus. La contabilità è caotica e i bilanci non sono stati presentati per anni. Di certo Keis incassa da Bplus 300 mila euro tra il 2008 e il 2010. E un altro bonifico di Atlantis arriva il 2 marzo del 2006 all’associazione di Subiaco, Monti Simbruini. Soldi prelevati dall’ex sindaco di Subiaco, Pierluigi Angelucci, che dice di averli usati per pagare eventi estivi nel paese di Proietti. Quando i finanzieri perquisiscono casa di Corallo spunta anche una lettera di raccomandazione su carta intestata della Camera nella quale Proietti dice di conoscere Corallo da venti anni indicandolo come un “cittadino di prima classe”. Deve essere per questo che si è fatto in quattro con l’AAMS per la sua azienda.