Rocco Moliterni, la Stampa 22/10/2012, 22 ottobre 2012
MELANDRI MAXXI ARROGANZA
Nei giorni scorsi dopo la nomina di Giovanna Melandri alla presidenza del Maxxi, più che le proteste scontate della destra (ma a parti invertite cosa avrebbe detto o fatto la stessa Melandri se avessero nominato Bondi, in qualità di ex ministro «che ha aperto il museo»?), ha sorpreso l’arroganza della neo-nominata. Un’arroganza che in alcune occasioni ha toccato punte surreali come quando ha sostenuto che quello che contava non era il giudizio di politici invidiosi ma di un’archistar come Zaha Hadid. Ora la Hadid avendo ricevuto, grazie alla Melandri, una parcella immaginiamo cospicua per progettare il museo, ci mancherebbe altro che non fosse contenta. Oppure quando l’ex ministro per la Cultura dall’alto della sua competenza ha affermato che il presidente della Tate guadagna 300 mila sterline l’anno, confondendolo con il direttore (il presidente non becca un penny).
Certo la Melandri può dire che a sostenerla c’è stato il comunicato dell’Amaci (l’Associazione dei musei d’arte contemporanea). Ma, come più volte si è scritto in questa rubrica, la vera debolezza dei musei d’arte contemporanea italiani è proprio quella di essere in balia dei capricci dei politici: in assenza di capitali privati che nessuno sa o vuole davvero cercare, sono gli assessori a permettere che la baracca vada avanti. Quindi è naturale che l’Amaci appoggi anche questo capriccio-pasticcio di un politico camuffato da tecnico al vertice del Maxxi (museo che fa parte dell’associazione). Peraltro rimediando, come dicono a Firenze, una figura «cacina»: da sei mesi l’Amaci elemosina un incontro con Monti (Ornaghi li snobba pubblicamente non partecipando neppure alla presentazione delle giornate del contemporaneo promosse dalla stessa associazione) e loro che fanno? Si congratulano con la Melandri per la nomina e con il ministro per avere rispettato la scadenza di fine commissariamento del Maxxi senza neppure fare un accenno alla latitanza del Governo nel campo del contemporaneo, e soprattutto senza chiedere criteri seri per la scelta dei vertici dei musei (la nomina scriteriata della Melandri al Maxxi fa il paio con quella di Giovanni Minoli a Rivoli, peraltro i due sono anche cugini). Come direbbe Nanni Moretti, allora ve la meritate la Melandri.