Greta Sclaunich, CorrierEconomia 22/10/2012, 22 ottobre 2012
WEB. SERVONO SOLDI? COLLETTA DI PIAZZA
Raccogliere denaro grazie a Internet: si può e, pare, funziona. Il maestro mondiale è Barack Obama, la capacità del suo staff è diventata ormai una case history e un motivo d’invidia per qualsiasi aspirante a cariche pubbliche. Negli Usa e non solo: non è un mistero che Matteo Renzi abbia studiato a fondo il metodo. Ma anche nel mondo dell’economia sta prendendo piede il crowdfunding, il finanziamento dal basso (letteralmente «di massa») per sostenere progetti presentati in una vetrina online. L’ok di ObamaÈ un fenomeno ancora nuovo in Italia, dove i siti dedicati per ora si contano sulle dita di una mano. Vale la pena tenerlo d’occhio: le piattaforme attive sono circa 450 in tutto il mondo, la raccolta totale per il 2011 è stata stimata sui 1.470 milioni di dollari (circa 1.135 milioni di euro) e per quest’anno ci si aspetta il doppio. Negli Usa sta spopolando grazie anche al «Jobs Act» di Obama che, in aprile, ha regolamentato il settore, permettendo alle società di raccogliere fino a un milione di dollari all’anno (circa 770 milioni di euro) con questo sistema. Uno dei siti americani più utilizzati e fra i più famosi nel mondo è Kickstarter. Fondato nel 2009 da Perry Chen (l’ideatore), Yancey Strickler e Charles Adler, permette di finanziare progetti creativi come film e spettacoli teatrali. Il rendimentoUna volta finanziato un progetto, però, qual è il ritorno per gli investitori? Dipende: le piattaforme «reward-based» (come Kickstarter) prevedono una ricompensa materiale, come una lettera di ringraziamento o una cena con l’artista supportato. Le «equity-based», invece, premiano gli investitori con una percentuale del guadagno realizzato dal progetto: è il metodo utilizzato dal sito inglese FundingCircle, che ospita progetti di business tradizionale. Se il progetto non raccoglie i fondi necessari al lancio, poco male: i potenziali investitori ricevono indietro i soldi che avevano fornito. In Italia siamo ancora ai primi passi, ma tra le misure per le start up contenute nell’Agenda digitale approvata due settimane fa dal governo spunta anche il crowdfunding. Tra le principali piattaforme c’è Eppela. Nata nel 2011, ospita progetti dall’arte alla tecnologia. Altri casi? Kapipal si apre ai progetti personali: è possibile finanziare un matrimonio, ma anche il Movimento 5 Stelle per le elezioni in Sicilia. Shinynote, invece, è una vetrina per iniziative da finanziare con donazioni ad associazioni, onlus, cooperative. SiamoSoci propone il finanziamento di imprese tradizionali (design, vendita e distribuzione di prodotti, creazione di siti Internet). Produzioni dal basso è la piattaforma storica: esiste dal 2005, ma consente solo di sostenere i progetti con intenti di donazioni, che poi saranno materialmente organizzate dai responsabili dei progetti stessi. Starteed, infine, è la più recente, ha debuttato a fine settembre. Ai suoi utenti chiede un passo in più: il ritorno economico per gli investitori non dipende soltanto dall’importo della donazione, ma anche dall’impegno speso per i progetti stessi, dalla promozione alla co-creazione. Alla piattaforma, che ha sede nelle Langhe, lavorano sette persone tra i 27 ed i 35 anni. La raccolta dei progetti è iniziata un paio di mesi fa. «Ne abbiamo ricevuti tanti ? racconta Claudio Bedino, amministratore delegato e fondatore ?, ma pochi sono buoni». Colpa del divario digitale: «Le idee interessanti non mancano, spesso però chi le propone non riesce a renderle appetibili sul web e le mortifica con video scadenti, foto di pessima qualità, testi timidi e ingessati». I rischiIn Italia la strada è ancora poco battuta, «ma vedo entusiasmo ? dice Bedino ?. L’attenzione al settore ci ha aperto le porte». Il rovescio della medaglia, però, è l’eccesso di regole: «Il mercato italiano non è ancora maturo, con l’inserimento del crowdfunding nell’Agenda digitale si rischia di mettere a norma troppo presto un settore che non è ancora sviluppato come dovrebbe». Che in Italia manchi la cultura delle start up, quindi per l’internauta medio sia difficile riconoscere (e sostenere) quelle giuste, lo dice anche Marco Cantamessa, presidente dell’incubatore I3P del Politecnico di Torino. Tra i progetti della struttura non ci sono siti di crowdfunding, ma il fenomeno è osservato con attenzione. E un po’ di scetticismo: «Non so se in Italia possa funzionare ? dice Cantamessa ?, dipende dal settore. Per i progetti nel sociale, direi di sì: le persone conoscono il meccanismo e sono abituate ad usarlo. Sul successo delle piattaforme equity-based, invece, sono più dubbioso».
Greta Sclaunich