Alessandro De Nicola, Affari & Finanza, La Repubblica 22/10/2012, 22 ottobre 2012
AVVOCATI LA RIFORMA CHE NON C’È
«Parla a bassa voce e tieni tra le mani un grosso bastone, andrai lontano»: questo il consiglio su come impostare ogni trattativa dispensato dal grande presidente americano di inizio ’900 Teddy Roosevelt. È un suggerimento sempre valido e di cui la componente degli avvocati che fa riferimento al Consiglio Nazionale Forense (Cnf) e all’Organismo Unitario dell’Avvocatura (Oua) ha fatto tesoro. Gli antefatti: già con la manovra Tremonti dello scorso anno era stata introdotta una spinta liberalizzatrice delle professioni, inclusa quella legale. Forti si erano alzate le proteste della classe forense più tradizionale, sfociate in manifestazioni, lettere, appelli. Insomma un gran baccano. L’intento di modernizzare la professione era stato ribadito tassativamente dal governo Monti (sembra quasi di immaginare i ministri che scandiscono bene le parole).
Apriti cielo! Nuove vibrate proteste condite di apocalittici scenari in cui cosche mafiose e cellule plutomassoniche avrebbero potuto manovrare a piacimento il sacro diritto alla difesa dell’ignaro cittadino. L’indipendenza, la dignità, il reddito dell’avvocato erano in gioco e perciò lo slogan dei togati fu ’no pasaran’. Questa strategia però cominciava ad essere controproducente. Non solo il governo non voleva fare la figura che, dopo essere stato messo sotto dai tassisti, limitato dai farmacisti e gabbato dai notai, si sarebbe piegato coram populoanche agli avvocati. Financo gli altri ordini professionali cominciavano a scocciarsi un po’ di questo ’eccezionalismo
forense’. Ma perdinci, che cos’hanno i commercialisti in meno dei legulei? O gli ingegneri? Ecco quindi che deve essere apparso in sogno ai vertici dell’avvocatura il buon Teddy Roosevelt: ’Dear lawyers, ma perché vi agitate così? Non avete forse dozzine e dozzine di colleghi in Parlamento? La presidente della commissione Giustizia alla Camera, la prode Giulia Bongiorno, non è anch’ella un rinomato avvocato? E allora? Parlate softly e portate un big stick tra le mani. Vedrete che i deputati se ne infischiano del governo tecnico - le elezioni si avvicinano - e quest’ultimo sta dimostrando di aver poca volontà di combattimento o di essere pasticcione’. Gli antichi prendevano molto sul serio le apparizioni degli spiriti e così, sapientemente, han fatto i vertici forensi, intrisi come sono di cultura classica. Ecco perciò che la madre di tutte le liberalizzazioni, quella delle professioni, é stata fatta a fettine con la tecnica del salame, una alla volta, e in tutto silenzio. La prima vittima è stata la possibilità di costituire società di capitali con soci non professionisti. Già l’esecutivo Monti aveva depotenziato questa facoltà introducendo il limite del terzo per i soci di capitale. Nella versione approvata il 10 ottobre alla Camera (e che deve ancora passare al vaglio del Senato), solo professionisti, anche appartenenti a diversi ordini, possono costituire una società di capitali. La chiusura degli avvocati su questo punto è sempre stata curiosa: preferiscono consegnarsi mani e piedi alle banche creditrici piuttosto che ammettere un capitalista che loro stessi si scelgono. Poco male, ormai le società si possono costituire liberamente in Gran Bretagna con chiunque per poi aprire una sede secondaria in Italia che nessuno potrà fermare, pena la violazione del principio di libertà di stabilimento sancito dai trattati europei. Sulle tariffe il colpo di mano è addirittura peggiore. Il preventivo viene fatto solo su richiesta espressa, le tariffe diventano dei parametri di riferimento su proposta del Cnf e il Consiglio dell’ordine potrà esprimere un parere di congruità sull’onorario richiesto dall’avvocato. I parlamentari si son proprio dimenticati del principio nemo iudex in re propria e hanno ribaltato il principio di libertà di contrattazione tra cliente e professionista. È stato abolito persino il patto di quota lite, vale a dire il compenso in percentuale su quanto riesce a recuperare il patrocinatore in giudizio, strumento di grande equità ed efficienza poiché consente l’accesso alla giustizia anche agli indigenti ed elimina cause senza speranze. Coup de theatre anche sulla riserva di esercizio della professione legale, riservata ai soli avvocati per ’tutte le materie connesse all’attività giurisdizionale e se esercitata in modo sistematico’. Addirittura qui la competenza della classe forense si estende rispetto a prima, restringendo gli ambiti concorrenziali in maniera decisiva. Bravissimi, sono ammirato. Le rappresentanze istituzionali degli avvocati sono state magistrali: hanno neutralizzato qualsiasi tentativo di liberalizzazione ed anzi si sono appropriate di nuovi privilegi. Il bastone di Roosevelt dovremmo utilizzarlo per darlo metaforicamente in testa ad un esecutivo incapace di farsi ascoltare dall’aula e abbastanza pavido da non porre la fiducia su ciò che era il cardine della sua azione di governo, le liberalizzazioni. Ci rimane la speranza del Senato, ma viste le premesse sarà già un miracolo se non verranno imposte tariffe minime obbligatorie raddoppiate rispetto al passato con obbligo di omaggio natalizio al professionista di fiducia. adenicola@adamsmith.it