Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Monti ieri si è appellato alla Camera perché al prossimo Consiglio europeo del 28 giugno l’Italia possa mostrare un volto solo, quello di un governo e di un parlamento uniti nella difesa dell’euro e nelle politiche di rigore e di sviluppo che consentano l’uscita dalla crisi. Nella medesima giornata: il Pdl disertava la riunione della commissione parlamentare di vigilanza e rendeva impossibile la nomina del nuovo cda (il precedente è scaduto da due mesi, Monti ha già comunicato chi devono essere il nuovo presidente e il nuovo direttore generale); il governo veniva battuto due volte, in commissione Affari costituzionali, sulla spending review; Berlusconi non si faceva vedere in aula mentre il premier parlava e informava che, relativamente all’Europa, il presidente del Consiglio si trovava in una «indeterminatezza assoluta»; Brunetta annunciava che non avrebbe votato le quattro fiducie che oggi dovrebbero permettere al disegno di legge sul mercato del lavoro di essere approvato definitivamente. Eccetera eccetera eccetera.
• Cioè il governo è in bilico.
Berlusconi, invece di ascoltare il presidente del Consiglio, ha preferito riunire i parlamentari del Pdl e arringarli. «Sono pronto a fare il ministro dell’Economia in un governo guidato da Alfano»; «Ha ragione Alfano quando dice che con il 40% si può tornare a vincere»; «In questi giorni stiamo facendo degli incontri con la sinistra che è pure preoccupata di andare al voto con questa legge. Si potrebbe andare verso una legge elettorale alla tedesca»; «Se l’Udc va a sinistra le mie indagini dicono che si porterebbe dietro solo un 10% dei suoi elettori». «Sono contrario all’arlecchinata di decine di liste, perché puoi vincere, ma è difficile governare. Ma non dobbiamo rinunciare a pensionati, Sgarbi, responsabili». «I nostri elettori sono pronti a votare nuovamente per noi se presenteremo programmi e candidati credibili».
• Discorsi da campagna elettorale.
Appunto. Però il Cav ha anche raccontato di aver fatto una telefonata a Bruxelles per sapere come i pezzi grossi dell’Unione europea avrebbero accolto la caduta dei tecnici. La risposta è stata: «catastrophique». Se Berlusconi ha riferito questo, e sia pure aggiungendo che il 75% degli elettori del Pdl non vuole il sostegno a Monti, significa che da parte sua i dubbi sull’attacco al governo ci sono. E sono forti.
• Ma allora di che stiamo parlando?
Possiamo suddividere il Popolo della Libertà di questo momento in tre assembramenti. Un’ala è convinta che Monti va abbandonato e che bisogna andare al voto subito, altrimenti il partito completerà la sua dissoluzione e l’anno prossimo non esisterà più. Quest’ala ruota intorno agli ex di An: La Russa, Matteoli, Giorgia Meloni. Un secondo gruppo è convinto che il partito, per il bene del Paese, deve continuare a sostenere il governo e forse fare di Monti il proprio candidato al prossimo giro elettorale. Questo gruppo fa capo al senatore Pisanu, che è pronto a lasciare il partito se le cose prendessero una piega indesiderata, e a portarsi dietro almeno una trentina di parlamentari. Si stanno spostando da questa parte del centro-destra anche quelli della corrente “Liberamente”, capeggiata dagli ex ministri Frattini e Gelmini. Anche costoro se ne andrebbero con Pisanu? Non si sa ancora, ma si sa che si stanno tormentando sul problema. Questo gruppo di dissidenti, se prevalessero gli ex di An, andrebbe a fare asse con Casini, al quale adesso Bersani fa una corte stretta, con qualche successo (da cui la battuta di Berlusconi). Questo raggruppamento di centro e pro-montiano probabilmente eserciterebbe una certa attrazione sugli ex della Margherita che stanno nel Pd. Insomma potrebbe formarsi, al centro e intorno all’Udc, una specie di nuova Dc a sostegno della continuazione del governo tecnico. In questo disegno, dopo le elezioni del 2013, Monti resterebbe a Palazzo Chigi e Casini o Pisanu salirebbero al Quirinale.
• E Berlusconi?
È la grande incognita. Pochi credono alla sua intenzione di far cadere sul serio il governo. Le sparate sull’uscita della Germania dall’Europa, sul ritorno alla lira, questa cosa molto divertente di lui ministro dell’Economia in un governo Alfano capace di prendere il 40%, servono solo a tener buon l’ala che vuole la crisi. Le aziende del Cav hanno problemi e il primo a mettere in guardia Berlusconi da passi avventati è proprio Fedele Confalonieri. Tre miliardi di debiti, le banche creditrici in ansia, non è stato distribuito il dividendo e dopo l’estate ci sarà ancora meno pubblicità. Il Cav non può permettersi l’incognita di una caduta del governo e un anatema da parte dei potenti d’Europa (tra cui i banchieri). Lo ha anche detto ai suoi: in nessun caso la caduta di Monti deve poter essere addebitata a noi.
• Che cosa ha detto il presidente del Consiglio alla Camera?
Che a Bruxelles ha bisogno di presentarsi con la riforma del mercato del lavoro approvata. Che sta passando la linea per cui i due fondi salva-stati compreranno i nostri titoli per impedire l’allargamento dello spread. Che nonostante questo il vertice del 28-29 sarà una prova durissima, che lui è pronto a prolungare fino a domenica 31 pur di portare a casa quello che deve portare a casa.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 27 giugno 2012]