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 2012  giugno 27 Mercoledì calendario

Non è Berlusconi il pericolo per Monti, non è il Cavaliere che minaccia il Professore rincorrendo le elezioni anticipate

Non è Berlusconi il pericolo per Monti, non è il Cavaliere che minaccia il Professore rincorrendo le elezioni anticipate. È dall’Europa che vengono le maggiori insidie per il premier, perché un esito negativo del vertice di Bruxelles metterebbe a rischio la sua strategia a Roma, pregiudicherebbe cioè l’iter dei provvedimenti che sta per presentare. Se infatti il capo del governo tornasse a «mani vuote» dall’appuntamento europeo, sarebbe poi difficile far accettare alle parti sociali e alle forze politiche i tagli draconiani previsti dalla spending review, che ieri è stata illustrata ai leader del Pdl e del Pd. Ecco perché l’appuntamento internazionale del fine settimana potrebbe avere riflessi interni, dato che Monti faticherebbe a raccogliere in Italia quel consenso necessario per imporre nuovi sacrifici, se l’Unione si rivelasse una «matrigna» agli occhi della pubblica opinione. È questo il motivo per cui l’incontro di Bruxelles sarà uno spartiacque per l’esecutivo, che non vede minacciata la sua stabilità quanto la sua spinta propulsiva. Un successo spianerebbe una strada che per altri versi è già spianata, come Monti ha avuto modo di verificare ieri di persona, se è vero che il «montismo berlusconiano» gli è stato illustrato direttamente dal Cavaliere. E c’è più di una ragione se l’ex premier ha spiegato al Professore che «per noi il governo non deve cadere ma deve proseguire fino al termine naturale della legislatura». Non è solo nel nome dell’interesse nazionale se il leader del Pdl si è speso per difendere il gabinetto tecnico, questo è sicuro. Non è solo perché il presidente del Consiglio europeo, Van Rompuy — con cui si è sentito lunedì sera — gli ha spiegato che la caduta di Monti avrebbe «effetti catastrofici» sui fragili equilibri europei. Il punto è che Berlusconi ha bisogno di tempo per dispiegare la propria strategia, ristrutturare il centrodestra ed evitare una «catastrofica sconfitta», che sarebbe nelle cose se oggi si andasse al voto. Dai report dei suoi amatissimi sondaggi ha potuto constatare che l’alleanza tra Pd e Udc (con un pezzo di sinistra e senza l’Idv) sfiora il 50% dei consensi, a fronte di un risicato 30% che si garantirebbero il Pdl, le liste civiche e la «Lega buona», come l’ha sibillinamente definita. Anche per questo al Cavaliere non conviene mandare gambe all’aria il Professore, sebbene in pubblico mostri la faccia feroce. Perciò l’avvertimento di Monti è stato solo un modo per mettere agli atti un’eventualità che l’ex premier non contempla: «Perché nel caso voi meditaste una crisi — ha detto il capo del governo — non aspetterei di cadere in Parlamento. Non mi farei sfiduciare». Berlusconi ha subito provveduto a rassicurarlo, rivelando così che la sua offensiva è frutto solo di un’operazione di marketing politico, gli serve per provare a smontare un Pdl che — a suo dire — «si dissolverebbe se non mi candidassi io, che posso vantare un indice di fiducia al 30%». Il «montismo berlusconiano» è ormai una certezza per il premier. E infatti il Cavaliere, dopo aver messo in sicurezza l’accordo sulla Rai, si è prodotto in un’analisi sullo stato dell’arte in Europa, ha esortato Monti a mettere in chiaro che «un conto sono la Grecia, il Portogallo e la Spagna, altra cosa è l’Italia», invitando poi il premier «a premere sulla Germania». Cosa che il leader del Pdl si è impegnato a fare per la propria parte al vertice del Ppe di giovedì, dov’è intenzionato a chiedere che «il partito prenda posizione rispetto alla linea di politica economica dell’Europa». Sarebbe una sorta di referendum sulla Merkel, per indurla a più miti consigli. È un progetto a dir poco ambizioso, visto che — nell’ordine — né Sarkozy né Obama né Monti né Hollande sono riusciti a piegare la Cancelliera tedesca. Il Professore ha ringraziato dell’«apporto» che le forze politiche italiane daranno nelle rispettive famiglie di riferimento europee, ed è parso voler riportare la discussione su un terreno più realistico quando ha spiegato che «la Germania sta cambiando rotta, anche se lentamente». Forse troppo lentamente. Di qui l’incertezza sull’esito del vertice di Bruxelles, con i vari scenari ancora aperti. L’obiettivo del governo — raccontato a Berlusconi — è di arrivare a un’intesa sui meccanismi di stabilizzazione dello spread per i Paesi virtuosi, e di chiudere un accordo per un rafforzamento del fondo salva Stati da rendere più flessibile. Quanto agli eurobond, Monti non nutre speranze ma confida che — lasciando il dossier aperto sul tavolo — si possano fare «passi avanti» in un «prossimo futuro». Ma per il Professore il futuro è adesso: a Bruxelles dovrà ottenere il passepartout per poter realizzare il suo piano a Roma. È dall’Europa che viene la minaccia al governo, non dal «montiano» Berlusconi. Francesco Verderami