Eva Cantarella, Corriere della Sera 27/6/2012, 27 giugno 2012
La prima legge ateniese, nel 621-620 a.C., non prevedeva pene per chi commetteva delitto d’onore (mentre c’era la morte per l’omicidio volontario e l’esilio per quello involontario)
La prima legge ateniese, nel 621-620 a.C., non prevedeva pene per chi commetteva delitto d’onore (mentre c’era la morte per l’omicidio volontario e l’esilio per quello involontario). Così, chi sorprendeva in casa la propria moglie, madre o sorella con l’amante, e li uccideva, non era punito. Questo omicidio, infatti, era considerato «dikaios», legittimo. Nel 556 l’imperatore Giustiniano cercò di limitare i delitti con una regola: prima di uccidere impunemente, i mariti dovevano avvertire l’amante con tre diffide scritte. Sul finire del XVI secolo (1583) Giulio Claro Alessandrino scriveva che i mariti non osavano denunciare la moglie adultera «per non incorrere nell’infamia perpetua»: i giudici erano soliti deridere chi si presentava in tribunale proponendo un’accusa di adulterio.