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 2012  giugno 27 Mercoledì calendario

Germania modello del calcio mondiale - Il pallone, a Dio piacendo, non va di pari passi con la politica

Germania modello del calcio mondiale - Il pallone, a Dio piacendo, non va di pari passi con la politica. E la Germania si trova sola soletta a di­fendere i diktat di Angela Merkel sull’eurozona contro l’invadenza di Italia, Portogallo e Spagna, con­siderati alla stregua di vassalli. Manca all’appello la Grecia, sa­rebbe stato troppo. Si dice solita­mente che nel calcio la ricchezza fa la differenza. In realtà a dettare il ranking sono i debiti: chi più ne fa, più vince. Il Barcellona è il mi­glior club del mondo, ma vanta un deficit di 364 milioni. Real Ma­drid, Manchester United, Man­chester City, Arsenal, Liverpool e Valencia ne hanno ancora di più. Fuori da questa viziosa classifica sono i club tedeschi, costretti dal­le leggi locali a tenere i bilanci in ordine e capaci di fare calcio sen­za finire in rosso fisso. In Germa­nia il sistema è più evoluto, pare quasi di un altro pianeta, grazie so­prattutto al rinnovo di tanti im­pianti e alla costruzione ex novo di altri, fra cui la modernissima Al­lianz Arena di Monaco. Ma non si tratta solo di investimenti. Dietro c’è una progettualità sconosciuta alla nostra Lega di A che si distin­gue invece con continui e veleno­si conflitti. Ma vediamo quanto distano i due mondi prendendo in esame i dati relativi alla stagione 2010-’11. Sui ricavi da gare e sul numero degli spettatori la Bunde­sliga vince a piene mani sulla Se­rie A benché si giochi a 18 squadre invece che a 20: incassa 379 milio­ni con­tro 191 e vanta oltre 13 milio­ni di spettatori, circa 3,5 più del no­stro campionato. La capienza me­dia è da record con quasi 43mila spettatori, noi ci fermiamo a 25mi­la. In Germania i tifosi vanno allo stadio, prenotano gli abbonamen­ti con un anno di anticipo, acqui­stano i biglietti su internet, non hanno a che fare con la burocrazia e i divieti di casa nostra. Negativi anche i ricavi da marketing (133 a 77) e dai main sponsor (118 a 66). La Serie A stacca invece la Bunde­sliga nella valorizzazione dei dirit­ti tv, addirittura la doppia con 860 milioni rispetto a 415. C’è di più. In questo ambito il campionato te­desco è il fanalino di coda delle cinque maggiori leghe europee, soprattutto nella cessione delle immagini all’estero. Del calcio tedesco il Bayern Mo­naco è il signore e padrone per il fatturato che genera, specie da quando ha inaugurato, era il 2006, il nuovo impianto che contiene 69.901 spettatori e all’esterno si il­lumina con i colori della squadra: 323 milioni contro 236 del Milan, 224 dell’Inter e 205 della Juventus che quest’anno ha compiuto un forte salto in avanti con l’apertura del nuovo impianto Ma ciò che più desta impressione sono i rica­vi da stadio (67 milioni) e da mer­chandising ( 173): in totale 240 mi­lioni. Come possono competere i nostri club che fatturano in questi due settori somme sensibilmente inferiori? Il Milan si ferma a 94 mi­lioni, ma al termine di questa sta­gione dovrebbe assestarsi attor­no ai 115 milioni grazie alla politi­ca portata avanti con Infront sui mercati stranieri; l’Inter arriva a 87 milioni; più indietro la Juven­tus con 75 milioni che dovrebbero diventare 110 alla fine di questo campionato. Non c’è partita fra Germania e Italia quanto a numeri e prospetti­ve: da quelle parti stanno sfornan­do altri stadi, da noi la legge sugli impianti sportivi ha preso il posto di una pallina da ping-pong in una partita infinita fra Camera e Senato e i progetti dei signori pre­sidenti si fermano ai plastici. Ep­pure c’è da sperare prendendo in esame proprio il Bayern Monaco che figura al quarto posto assolu­to nella classifica del fatturato die­tro a Real Madrid, Barcellona e Manchester United. E che, rispet­to a questi club, ha un deficit irriso­rio di bilancio. Insomma è ricco, non ha debiti particolari, va quasi sempre a break-even, ma non vin­ce niente da tre anni a questa par­te. Ci arriva vicino e poi ci rosica so­pra. A immagine e somiglianza dell’olandese Robben, uno dei suoi assi, che ha mancato i gol vin­centi sia nella finale del mondiale sudafricano che in quella dell’ulti­ma Champions League. Nel mag­gio 2010 la squadra bavarese non ci ha capito nulla con l’Inter di Mourinho che ha vinto la coppa dalle grandi orecchie grazie alla doppietta di Milito. E una. L’anno dopo fu eliminata negli ottavi di Champions League dall’Inter (ma guarda un po’) e finì terza in campionato. E ancora. L’ultima stagione può rappresentarsi con una foto del Titanic che si inabissa nell’oceano. Al diavolo Gomez e compagni: secondi in Bundesliga dietro gli odiati rivali del Borussia Dortmund e nuovamente al tap­pet­o nella finale di Champions Le­ague dopo aver compiuto l’impre­sa di eliminare il Real Madrid. A batterli, per di più in casa, il Chel­sea guidato dall’italiano Di Mat­teo (solo una coincidenza?) che a sua volta s’era preso il lusso di far fuori il Barcellona. Bene. In Nazio­nale ci sono 8 giocatori del Bayern Monaco. Tirate pure di conto. Ci sarebbe poi da chiedersi per­ché la Germania, ricca e opulenta, non riesce a superare l’Italia degli abatini di breriana memoria negli incroci che contano: la semifinale di Mexico 70, etichettata come la partita del secolo scorso; la finale di Spagna 82 dominata in lungo e in largo nonostante il rigore sba­gliato da Cabrini; la semifinale del mondiale disputato a Dortmund. E adesso rieccoci in semifinale a Varsavia. Alla faccia del pil, dei bond e di Angela Merkel.