Vittorio Malagutti, il Fatto Quotidiano 27/6/2012, 27 giugno 2012
PACCO DONO DI STATO ALLA BANCA DI PROFUMO
Milano
Siena chiama, Roma risponde. Il Monte dei Paschi proprio non ce la fa a trovare i soldi per rispettare gli impegni presi con l’autorità di vigilanza europea. Niente paura: il governo di Mario Monti presta 2 miliardi di euro alla grande banca toscana da tempo in difficoltà. Il gradito pacco dono arriverà sotto forma di obbligazioni sotto-scritte dallo Stato, ribattezzate Tremonti bond.
Non è la prima volta. L’operazione annunciata ieri dall’esecutivo ricorda quella ideata nel 2009, quando nel pieno della prima crisi finanziaria, alcuni istituti, tra cui Mps, fecero il pieno di risorse fresche grazie ai finanziamenti pubblici. All’epoca la regia fu dell’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Da qui il nome assegnato ai titoli. Adesso si replica e il denaro andrà tutto al Monte, dove poche settimane fa si è insediato il nuovo presidente Profumo. Per l’occasione verranno anche riviste le condizioni dei Tremonti bond per 1,9 miliardi già in pancia all’istituto senese.
A CONTI FATTI, quindi, l’intervento del governo potrebbe arrivare a sfiorare i 4 miliardi. Il tempo stringe, ormai. L’Eba (European banking authority) chiedeva al Monte 3,2 miliardi di nuovo patrimonio, ma la banca nei mesi scorsi ne ha trovati si è no un paio, grazie alla vendita di alcune attività e ad altre manovre contabili. Che fare? Un nuovo aumento di capitale in Borsa è improponibile. Gli azionisti del Monte hanno già sborsato 2 miliardi, giusto un anno fa. E i titoli pagati 0,44 euro ciascuno adesso quotano meno di 0,2. Peggio ancora, la Fondazione Mps, socio principale dell’istituto, ha finito i soldi. Non sia mai che la politica senese debba mollare definitivamente la presa sulla banca. Obbligazioni? Niente da fare neppure per quelle. Sul mercato nessuno le vuole.
Alla fine, Profumo e l’amministratore delegato Fabrizio Viola si sono presentati a Roma con il cappello in mano e il governo, con l’assistenza della Banca d’Italia, ha confezionato un salvagente su misura. A maggio, pochi giorni dopo la nomina, il neopresidente aveva detto di ritenere che il piano presentato all’Eba “potesse bastare”. Forse gli era sfuggito qualcosa, perché dopo mesi di trattative, anche molto concitate, il Monte ha dovuto ripararsi sotto l’ombrello aperto dallo Stato. I guai dell’istituto arrivano in parte dalla campagna acquisti varata negli anni del boom, culminata nel 2007 con l’acquisizione della Banca Antonveneta a un prezzo già all’epoca giudicato fuori misura dalla gran parte degli analisti. A distanza di 4 anni, il Monte ha chiuso il bilancio 2011 in perdita per 4,6 miliardi dovuti in gran parte alla svalutazione della sua controllata Antonveneta. Non è finita. Giusto un mese fa la discussa acquisizione del 2007 è finita anche al centro di un’inchiesta aperta dalla procura di Siena. Insomma, un diluvio di guai. Intanto però Giuseppe Mussari, il presidente di Mps che volle e gestì l’affare (si fa per dire) Antonveneta, ha perso il posto ma è stato appena riconfermato alla guida dell’Abi, la Confindustria delle banche. Non bastassero le perdite in bilancio, nei mesi scorsi è scesa in campo anche l’Eba. L’ente di vigilanza ha chiesto a una settantina di istituti europei la creazione di quello che è stato definito “un cuscinetto patrimoniale supplementare”. I nuovi capitali dovrebbero servire ad assicurare la stabilità degli istituti in caso di altre tempeste sul debito pubblico, del tipo di quella che nell’autunno scorso ha portato a un crollo delle quotazioni dei titoli di stato dei Paesi considerati a rischio, tra cui l’Italia. In sostanza, le banche hanno fatto indigestione di Btp e ora in qualche modo devono difendersi da nuovi scossoni di mercato.
Nei mesi scorsi Unicredit e Banco Popolare hanno fatto fronte alle richieste dell’Eba con una serie di operazioni di mercato. Siena invece si è rivolta a Roma. La banca ha mantenuto i suoi impegni, ma gli investitori restano pessimisti e ieri hanno venduto a piene mani i titoli Mps. Alla fine il ribasso ha superato il 5%, con la quotazione molto vicina ai minimi storici. Ai prezzi attuali il Monte capitalizza in Borsa 2,4 miliardi. Come dire che tutta la banca vale meno degli aiuti di Stato che ha ricevuto. O sta per ricevere.