Alessandro Oppes, il Fatto Quotidiano 27/6/2012, 27 giugno 2012
IL GRANDE SPINELLO LATINO-AMERICANO
Lo ammette anche Barack Obama: bisogna “essere più creativi”. Ma il vero problema è stabilire il “come”. E considerata la delicatezza della questione - la lotta alla droga - non sorprende che il solco tra gli Usa (maggior consumatore mondiale di cocaina) e la comunità dei paesi latino-americani (che riunisce i più grandi produttori e soffre sulla propria pelle le conseguenza della violenta lotta tra i cárteles del narcotraffico) resti profondo. Con tendenza, se è possibile, a farsi ancor più grave. L’appello del capo della Casa Bianca alla “creatività” sembra essere stato preso alla lettera dal governo dell’Uruguay, con la proposta di “legalizzare, produrre e distribuire marijuana” per “disattivare la violenza” legata all’attività dei narcos.
Un’iniziativa pionieristica nel continente, che ha subito provocato reazioni polemiche a catena. A Montevideo c’è chi dubita (in particolare l’associazione delle madri di ragazzi tossicomani) che la trovata del presidente José Mújica, secondo cui la liberalizzazione della marijuana aiuterebbe a ridurre il traffico e il consumo di cocaina, sia realmente efficace.
MA, FUORI dai confini uruguayani, il progetto ha già cominciato a raccogliere adepti. Primo fra tutti, come c’era da attendersi, il leader guatemalteco, l’ex generale Otto Pérez Molina, che già nelle scorse settimane aveva contribuito a infiammare il dibattito nella regione con la proposta di depenalizzare “la produzione, il trasporto e la distribuzione” delle droghe, considerandola la misura più efficace per fermare l’inarrestabile carneficina che insanguina il Centramerica. Sulla stessa linea si muovono, da almeno 5 anni, alcuni ex presidenti come il brasiliano Fernando Henrique Cardo-so , il colombiano César Gaviria e i messicani Ernesto Zedillo e Vicente Fox.
Ma solo in questo caso l’impatto della proposta è stato dirompente, probabilmente perché viene da un ex militare, un “duro” andato al potere con la sola promessa di usare il pugno di ferro contro la criminalità organizzata.
All’ultima Cumbre de las Américas, a Cartagena de Indias, è stato uno dei temi più scottanti all’ordine del giorno. E non sono mancati i passi avanti, impensabili anche solo pochi anni fa. I 31 leader della regione hanno dato mandato all’Osa (l’Organizzazione degli stati americani) perché realizzi “studi sulle alternative alla guerra contra le droghe” promossa e finanziata dagli Usa. La novità è che Obama, pur ripetendo di essere contrario alla depenalizzazione, non si è opposto al dialogo, mentre il più convinto sostenitore della proposta guatemalteca è stato Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, che il primo produttore mondiale di cocaina. Se si muove la diplomazia, resta però da vedere come si evolverà la strategia militare Usa. Per il momento, sembra che vada in senso opposto: aumento del 75% degli aiuti finanziari al Centramerica (da dove passa il 95% della droga destinata ai consumatori statunitensi) e incremento della presenza armata e di agenti della Dea. Per Washington, quella regione costituisce ancora “la principale minaccia alla sicurezza nazionale” di tutto l’emisfero occidentale.