Giampiero Di Santo, ItaliaOggi 27/6/2012, 27 giugno 2012
IDEA, FACCIAMO UN EURO PER DOLLARO
Svalutare l’euro nei confronti del dollaro, fino ad arrivare alla parità tra moneta unica e biglietto verde. O, se non fosse possibile, preparare l’uscita dell’Italia da Eurolandia e cogliere con il ritorno alla lira l’opportunità di un rilancio in grande stile del Made in Italy in Nord America.
Michele Perini, presidente di Fiera Milano e già numero uno di Assolombarda, approfitta dell’incontro con il governo italiano organizzato a Roma, Villa Miani, da Business international, per fare il punto sulle emergenze che in tempo di crisi tengono sulle spine le imprese italiane: «Liquidità, flessibilità e sburocratizzazione sono quello che serve subito», dice a ItaliaOggi.
Domanda. Prima di tutto, però, serve un’intesa al consiglio europeo per salvare l’euro ed Eurolandia, non crede?
Risposta. Piuttosto, è necessaria un’intesa per riportare la quotazione dell’euro alla parità con il dollaro.
D. L’euro si è già deprezzato nei confronti della divisa Usa. Non tantissimo, però abbastanza, non crede?
R. Il fatto è che se non cala ancora fino ad arrivare alla parità, allora è meglio uscire dall’eurozona. Il rapporto di cambio è salito fino a 1,54 e così tutte le reti di impresa costruite all’estero hanno chiuso i battenti. Ora con una quotazione di 1,25-27 la situazione è migliorata. Però, ripeto, bisogna raggiungere la parità, perché la competizione americana è quella che ci frega, mentre in Cina non abbiamo problemi e anche altrove siamo forti.
D. Ritiene che i tedeschi daranno ascolto ai teorici di quella che sarebbe la prima svalutazione competitiva dell’euro dopo quella registrata al principio della vita della moneta unica?
R. Spero di sì, anche perché la parità tra euro e dollaro darebbe un grande sostegno all’economia. Se invece non fosse così, allora e soltanto allora l’uscita dalla moneta unica sarebbe inevitabile.
D. Ma non teme che l’Europa monetaria, finita in pezzi, trascini nel gorgo del disastro l’economia, a cominciare da quella italiana?
R. Il problema in questo caso sarebbe tutto della Germania, le cui banche sono piene di titoli tossici e di bond greci. La Commerzbank, che tecnicamente è già fallita, chiuderebbe. Per l’Italia, invece, una svalutazione del 30% sarebbe l’ideale, perché consentirebbe alle imprese di inondare i mercati con i propri prodotti.
D. A sentirla sembra quasi che non esistano altri problemi se non la forza dell’euro. Eppure l’Europa e i principali organismi finanziari internazionali insistono sulla flessibilità del mercato del lavoro per creare nuovi posti.
D. Io dico che non è possibile, in un paese come il nostro, creare ulteriore flessibilità in entrata. E aggiungo che intervenire sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è una follia. Perciò, se oggi fossi alla camera voterei contro il decreto sul lavoro e mi auguro che il Pdl lo faccia. Qui bisogna si sappia che con le nuove norme ci saranno decine di migliaia di nuovi disoccupati con partita Iva che la Fornero avrà sulla coscienza. Io, per esempio, i ragazzi iscritti all’Ordine degli architetti e dotati di partita Iva che oggi ho alla progettazione non li assumerò più. Mi conviene andare in Svizzera, li prendo e li faccio lavorare lì e in Italia mi arriva la fattura estera.
D. Il governo però ha promesso di correggere i difetti delle misure, una volta che saranno state approvate...
R. E allora perché non fare bene le leggi subito? No, bisogna farle male e poi modificarle in parlamento tra 400 mila compromessi. La realtà è che ci troviamo di fronte a incapaci che non sono in grado di legiferare, mentre il tempo stringe sempre di più.
D. Ma il governo, in questi mesi, si è dato piuttosto da fare. O no?
R. Il problema sono le 47 imprese che ogni giorno chiudono In Italia, 3200 in provincia di Milano nel primo trimestre dell’anno. Se continua così, tra 12 mesi avremo la metà delle aziende. E allora il tema è portare liquidità, flessibilità in assoluto, sburocratizzare e tagliare la spesa
D. A proposito, la spending review di Enrico Bondi volge al termine. Che risultati si attende?
R. Non c’è bisogno di Bondi per fare i tagli. Se li fanno fare a me in sessanta giorni finisco l’opera. Certo, poi sarò costretto a viaggiare in auto blindata, ma gli sprechi li cancellerei a cominciare dai forestali della Calabria e dall’introduzione dei costi standard per la spesa sanitaria già da domani mattina. Poi, chi non ha i soldi per la sanità li chieda pure ai cittadini, che certo non si faranno pregare per prenderlo a male parole. Qui bisogna avere responsabilità nell’amministrare, non pensare a chiedere sempre soldi ai soliti: imprenditori e poveri lavoratori.