GABRIELE BECCARIA, Tuttoscienze-La Stampa 27/6/2012, 27 giugno 2012
Vancouver: è qui la culla della green economy - Intorno abeti così alti da essere fuori scala, in mezzo l’«edificio più verde del Nord America»: è questo lo slogan del momento alla University of British Columbia, spettacolare magnete di cervelli a Vancouver, la metropoli che si sta facendo conoscere con uno slogan perfino più pretenzioso: «La città più verde del mondo»
Vancouver: è qui la culla della green economy - Intorno abeti così alti da essere fuori scala, in mezzo l’«edificio più verde del Nord America»: è questo lo slogan del momento alla University of British Columbia, spettacolare magnete di cervelli a Vancouver, la metropoli che si sta facendo conoscere con uno slogan perfino più pretenzioso: «La città più verde del mondo». A un europeo sballato dal fuso orario tanto entusiasmo può suonare eccessivo come le vette degli alberi, ma i sospetti evaporano presto. In Canada la voglia di costruire il futuro e spostarlo nel presente è ovunque, supefacente per chi è abituato al dilettantismo italico. Il futuro significa liberarsi dalla costosissima schiavitù del petrolio e lanciarsi nell’eden possibile della «Green economy», l’economia verde che punta a riconciliare l’uomo con il pianeta. E l’università - nota con l’acronimo di «Ubc» e tra le 40 migliori al mondo - ha realizzato un centro da 37 milioni di dollari che vanta prestazioni uniche: il «Center for interactive research on sustainability», infatti, è allo stesso tempo laboratorio di ricerca, prototipo da esibire, macchina high-tech. «E’ un luogo per grandi idee a impatto globale», spiega John Robinson, direttore dei programmi sostenibili dell’università e con curriculum scintillante, visto che è stato co-autore del «Panel» sul cambiamento climatico che ha dato il Nobel nel 2007 ad Al Gore. Traducendo in cifre, il palazzo in legno riciclato è stato ideato per rimuovere 500 tonnellate di CO2 l’anno ed è la vetrina del megaprogetto dell’«Ubc»: «Tagliare del 100% le proprie emissioni entro il 2050». Cioè tutte. Non lontano, oltre un’isola di abeti, sta per entrare in funzione un altro eco-edificio, il «Bioenergy demonstration project». Si tratta di una centrale termica da 2 MegaWatt, in cui si bruciano i rifiuti del legno, con un processo che la società «Nexterra» definisce «gasification»: è un processo termochimico - sottolinea il presidente Mike Scott - che converte le biomasse sporche, ricche di anidride carbonica, in un gas combustibile pulito, il «syngas». Risultato: energia per i dormitori studenteschi e gas serra prossimi allo zero. Il tutto fasciato in un design amichevole, che fa venire voglia di entrare nell’edificio e scoprirlo. E infatti è previsto un centro studi, dove ragazzi e ragazze prepareranno le loro tesi su come salvare l’ambiente. Il campus, patchwork di foresta primordiale e costruzioni eleganti, è asceso a simbolo pulsante di Vancouver, orgogliosa di un multiculturalismo che la rende «50-50», metà caucasica e metà asiatica. Il suo museo di antropologia non solo testimonia le radici native americane, ma un ininterrotto dialogo con la natura, un tempo venato di magia e oggi intriso di creatività tecnologica. Preservati i totem ancestrali, infatti, è stata innalzata una turbina eolica con intenzioni iconiche: sulla montagna Grouse, è l’unica al mondo che si scala in ascensore e a esibire una bolla panoramica. A 65 metri d’altezza lo sguardo si perde sulla città e sulle foreste e sembra materializzarsi il sogno che Amanda Pitre-Hayes e Lee Malleau - rappresentanti della municipalità - spiegano così: un’interazione di iniziative per produrre il miracolo, quello della «Green economy», appunto. Simili, queste, a una massa di piccoli neuroni che, compressi, producono una proprietà emergente e allargata come la coscienza. E la coscienza ecologica - in un centro da 2.3 milioni di abitanti, polo cinematografico dopo Los Angeles e New York - promette di eliminare la dipendenza dai combustibili fossili, costruire edifici non inquinanti, favorire gli spostamenti con mezzi pubblici e biciclette, promuovere il consumo di cibi locali e difendere aria e acqua (non a caso qui sono sbocciati i militanti di Greenpeace). Tanti progetti a volte d’avanguardia e a volte prevedibili, ma che, collegati, fanno e faranno business. Sono già 15 mila i posti «verdi» e gli incentivi moltiplicano le ecoaziende, spesso dai nomi fiabeschi, tipo Crysalix, Pulse energy, Tantalus. O come la startup Lignol, il cui direttore, Gurminder Minhas, racconta di aver speso 50 milioni per ideare un modello di mini-raffineria in grado di generare biocarburanti dalla cellulosa, o il colosso Ballard, specializzato in celle a idrogeno. Il processo è in pieno boom e «la sfida delle idee è aperta», dichiara il sindaco Gregor Robertson. Ecco perché ha inaugurato il programma «Talk green to us», in cui ogni cittadino è sollecitato a riversare proposte al Comune. Tra le più affascinanti, le «vertical farms», gli orti-laboratorio per far crescere cibi biologici nei grattacieli. A Vancouver il futuro sarà degli impiegati-contadini?