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 2012  giugno 27 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA. APPROVATA LA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO CON UNA NUOVA GAFFE DELLA FORNERO


ROMA - Il ddl lavoro è legge. Dopo il consenso già ottenuto in Senato, la Camera ha approvato la riforma con 393 sì, 74 no e 46 astenuti. Significativa la posizione del Pdl: 87 deputati su 209
hanno infatti fatto mancare il loro sostegno al governo. Contro il provvedimento hanno votato in 7, 34 si sono astenuti e 46 sono stati gli assenti, di cui 11 in missione. Tra i contrari anche Renato Brunetta e Guido Crosetto. Il testo, come annunciato questa mattina dal ministro Elsa Fornero, rimane comunque aperto a modifiche "con l’appoggio dei partiti che sostengono il governo".
L’approvazione della riforma è stata accolta con durezza dal leader Idv Antonio di Pietro: "Già a partire dal prossimo mese ci rivolgeremo ai cittadini con un referendum, e poi vedremo chi ha ragione, se noi o voi e la vostra anomala maggioranza". Già durante le dichiarazioni di voto l’intervendo dell’ex pm aveva attaccato l’esecutivo: "Professoroni dei miei stivali, in sette mesi non avete risolto i problemi della crisi". Il presidente di turno, Rocco Buttiglione, a questo punto ha ammonito il leader dell’Idv: "Onorevole Di Pietro, per favore, lasci gli stivali fuori di quest’Aula...". Ma di Pietro ha proseguito le sue critiche, chiedendo infine le
dimissioni del governo e rivolgendosi così ai ministri: "Siete abusivi, truffatori e ricattatori".
Prima del voto decisivo il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto, aveva annunciato il voto positivo, ma con riserva. "Questa è l’ultima volta che cala la Mannaia della dichiarazione di fiducia che interrompe il dibattito". Ironica la risposta del segretario Pd Pierluigi Bersani: "È la decima volta che lo dicono".
Le dichiarazioni del ministro. "Continuo a considerare questa una buona riforma: il Senato ha fatto un buon lavoro. Abbiamo realizzato un buon equilibrio", ha dichiarato in mattinata la titolare del Lavoro, nel corso della trasmissione di RadioUno Rai Radio Anch’io. "Nessuno - ha aggiunto - ha mai avuto la pretesa di avere la chiave in tasca per la soluzione dei molti problemi che affliggono il mercato del lavoro". Fornero ha voluto poi ringraziare anche i deputati. "Capisco il sacrificio fatto dalla Camera perchè la limitazione della discussione imposta dall’agenda e dalle difficoltà sul fronte europeo, è stata pesante per i parlamentari e in particolare per quelli della Commissione che avrebbero voluto poter dire la loro. Purtroppo non è stato possibile, ma il governo ha detto che è disposto a fare cambiamenti che saranno discussi".
Un concetto che ha ribadito anche in una intervista al Wall Street Journal, che ha creato un po’ di polemica 2. "Questa riforma - si legge nell’articolo - non è perfetta, ma è buona, soprattutto per quelli che entrano nel mercato del lavoro. Stiamo cercando di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l’atteggiamento delle persone. Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici".
La polemica con Bonanni. "Meno si tocca il testo e meglio è, perché lo si vuole toccare solo per peggiorarlo", ha dichiarato invece il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, accusando la riforma di non rispondere alle aspettative. Secondo Bonanni solo sul tema degli ammortizzatori sociali bisognerebbe allungare i tempi per utilizzare il nuovo criterio dell’Aspi, "proprio per non creare difficoltà ai lavoratori". "Queste norme - ha continuato il numero uno della Cisl - non creeranno più posti di lavoro, come si era detto all’inizio. C’è stato un approccio ideologico da parte del governo come se agire su questo ambito potesse creare le condizioni di una nuova economia, di un rilancio. Ma la nuova economia, il rilancio si realizzerà solo se noi pagheremo meno le tasse, se noi pagheremo meno l’energia, se noi avremo più infrastrutture, se noi avremo tutto ciò che oggi è disorganizzato".
Immediata la risposta di Fornero: "Il governo ha avuto un dialogo di circa tre mesi con le parti sociali per arrivare a un documento condiviso, da tutte le parti sociali tranne la Cgil". Il responsabile del welfare ha sottolineato anche che "la riforma riguarda tutto il Paese: lavoratori, imprese, famiglie, giovani e meno giovani. Compito del governo era cercare di fare una buona sintesi delle diverse posizioni guardando al futuro e sperando che questo contribuisca a far uscire il paese dalla recessione".
Un miglioramento del testo è auspicato anche dal presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che precisa: "Anche nei momenti più vivaci della polemica avevo detto che la riforma andava comunque approvata entro il 28 giugno, se questo lo chiedeva l’Europa". Nonostante il "ddl sia inutile e dannoso", anche Giovanni Centrella, segretario generale Ugl, guarda all’Unione. "Ci auguriamo che il sacrificio imposto ai lavoratori di oggi e di domani sia utile almeno a salvare l’Europa da un tracrollo". Tuttavia conclude: "Destrutturare l’articolo 18 senza un adeguato sistema di ammortizzatori sociali non basterà nè agli imprenditori italiani nè a quelli stranieri per considerare il nostro Paese un posto più conveniente in cui investire".
Le proteste anti-riforma. A Roma la guardia di Finanza ha blindato l’area di via Manzoni, dove si stanno tenendo gli "Stati Generali del Sociale e della Famiglia". Una cinquantina di esponenti dei Cobas, prima di dirigersi in corteo verso Montecitorio, hanno esploso fumogeni, lanciato uova e frutta ed esposto alcuni cartelli 3 con scritto: "Monti, Alemanno, Fornero, Roma vi rimbalza". In Piemonte, i lavoratori metalmeccani stanno bloccando lo svincolo dell’autostrada Torino-Milano al casello di Chivasso. Gli operai, circa 400 secondo i numeri Fiom - sono circa appartengono alle fabbriche Daytec, Mac, Emarc e Federal Mogul e sono pronti a manifestare anche nei prossimi giorni. I dipendenti pubblici invece si sono radunati davanti alla sede Rai regionale.
La Cgil ha promosso manifestazioni in tutta Italia, perché giudica "dannoso" il ddl. In piazza Montecitorio è stato organizzato un grande presidio: delegazioni di lavoratori provenienti da diverse regioni italiane si sono ritrovate davanti al Parlamento oggi pomeriggio per denunciare come il ddl Fornero sia "sbagliato e controproducente, per giudizio in primo luogo della Cgil ma anche di molte altre parti sociali". Presidi e scioperi si sono svolti in tantissime altre città italiane.
(27 giugno 2012)

REPUBBLICA.IT - IL LAVORO È UN DIRITTO?
ROMA - "Il lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso il sacrificio". Ecco la frase che sarebbe stata pronunciata dal ministro del Lavoro Elsa Fornero durante un’intervista al Wall Street Journal. Parole che il dicastero del Welfare è stato costretto a rettificare per arginare le polemiche che rischiavano di travolgere il ministro proprio nel giorno dell’approvazione della riforma che porta il suo nome.
"Il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione come non potrebbe essere mai visto quanto affermato dalla nostra Costituzione", si legge in una nota del ministero. "Nell’intervista odierna al quotidiano statunitense - specificano da via Veneto - il ministro ha fatto riferimento alla tutela del lavoratore nel mercato e non a quella del singolo posto di lavoro, come sempre sottolineato in ogni circostanza".
Nell’intervista al Wsj, il pensiero del ministro era sembrato molto più netto: "L’attitudine delle persone deve cambiare", era uno dei virgolettati riportati dal quotidiano statunitense. "Stiamo cercando di proteggere le persone, non i loro posti".
Parole che, prima della precisazione, erano state accolte con gelo o con aperta ostilità dal mondo politico. "Le parole del ministro Fornero nell’intervista del Wsj, sono aberranti: il lavoro in Italia è un diritto costituzionale" aveva tuonato Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista. "Si rilegga gli articoli
1 e 4, tra i Principi fondamentali della nostra Carta".
E malgrado la rettifica del Ministero, non si placano le contestazioni nei riguardi della Fornero. "A quanto pare la badessa Fornero ha riscritto, tutta da sola e senza chiedere il permesso a nessuno, l’art. 1 della Costituzione" ironizza Antonio Di Pietro. "Cara professoressa - dice il leader Idv - questa è un’asineria bella e buona. Innanzitutto perché il lavoro non c’è e non lo trova neanche il lavoratore che lo merita, ma soprattutto perché la nostra Costituzione dice l’esatto contrario". "Secondo la Carta" -continua Di Pietro - il lavoro è un diritto, così come lo è l’essere messi in grado di condurre una vita dignitosa in cambio del lavoro prestato. Questo governo, invece, continua a comportarsi come se l’art. 1 della nostra Costituzione dicesse che l’Italia, anziché una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, è una Repubblica oligarchica, fondata sulle banche e sulle caste". E conclude: "Prima di capovolgere così il principio fondamentale della Repubblica, non sarebbe opportuno che i professori Monti e Fornero consultassero gli italiani per capire se sono d’accordo?".
Polemico anche il senatore della Lega Nord Gianvittore Vaccari: "Il lavoro è un diritto. Il ministro Fornero ha giurato sulla Costituzione o su Topolino?". E aggiunge: "Spero che Napolitano richiami al suo dovere il ministro del Lavoro. Probabilmente la Fornero ha dimestichezza con troppi testi, ma con pochi luoghi di lavoro".
Intervengono anche i sindacati. La Cisl Nazionale, dal suo profilo twitter consiglia alla Fornero "di cercare il consenso confrontandosi con le parti sociali invece di fare interviste e smentite sui giornali ".
A difesa del ministro, arrivano le dichiarazioni del sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, che ribadisce: "Il posto di lavoro non è un diritto, sono perfettamente d’accordo con il ministro Fornero". E aggiunge: "Non c’è dubbio che la Costituzione riconosca il diritto al lavoro, ma questo diritto va sostanziato - ha detto il sottosegretario - perché ahimè in un’economia di mercato non basta fare appello alla Costituzione".
Dello stesso avviso anche Mariastella Gelmini, che sottolinea come "il mondo del lavoro non può più coltivare la sicurezza e l’idea del posto fisso. Ingannerebbe il presente e il futuro delle giovani generazioni, sia sul versante dei valori cui ispirarsi per affrontare una competizione globale, sia sul versante di un impegno pubblico che non è più in grado di sopportare politiche assistenziali sulle quali la vecchia politica ha costruito il consenso", afferma l’ex ministro del Pdl. "In fondo - aggiunge - è questo il senso delle affermazioni del ministro Fornero considerate dal conservatorismo della sinistra italiana purtroppo eretiche. Non stupisce quindi che sia sottoposta ad attacchi vergognosi e velenosi, che il suo coraggio subisca un fuoco concentrico di malevoli attenzioni".
Intanto la conferenza dei capigruppo alla Camera ha stabilito che le mozioni individuali di sfiducia al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, promosse da Idv e Lega, saranno discusse in Aula martedì 3 luglio e votate mercoledì 4 luglio.
(27 giugno 2012)

REPUBBLICA.IT - UNA SINTESI DELLA LEGGE
Licenziamenti individuali più facili, una stretta sull’abuso da parte delle imprese delle partite Iva e le retribuzioni dei collaboratori legate ai contratti nazionali di categoria. Queste alcune delle norme introdotte dal disegno di legge approvato oggi alla Camera dopo il passaggio al Senato. Cambiamenti che di fatto mutano i rapporti di lavoro dipendente e precario.
Licenziamenti e articolo 18. Ci sarà maggiore flessibilità in uscita. In caso di licenziamento per motivi economici, non sarà più previsto il reintegro automatico. In alcuni casi, sarà possibile un’indennità risarcitoria. E’ la norma che ha fatto discutere di più. Sarà sempre considerato nullo, il licenziamento discriminatorio per ragioni di credo politico, fede religiosa o attività sindacale. Nei casi dei licenziamenti disciplinari, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, il giudice avrà un minor margine di discrezionalità nella scelta del reintegro. Con le nuove norme il reintegro sarà possibile solo nei casi previsti dai contratti collettivi. Vengono meno, così, gli altri casi previsti anche dalla legge.
Contratti a termine. Il primo contratto a termine dovrà durare dodici mesi. Il rapporto di lavoro potrà essere stipulato senza specificare la causale, ovvero i requisiti per i quali viene richiesto. Viene aumentata la durata delle pause obbligatorie che devono intercorrere tra un contratto e l’altro. Per un contratto della durata inferiore ai sei mesi, la pausa diventa di 20 giorni (prima era di 10 giorni), mentre per un contratto di durata superiore ai sei mesi la pausa dovrà essere di 30 giorni.
Collaboratori e retribuzioni. Lo stipendio minimo dei collaboratori dovrà fare riferimento ai contratti nazionali di lavoro. Ci sarà una definizione più stringente del progetto con la limitazione a mansioni non meramente esecutive o ripetitive. L’aliquota dei contributi aumenterà di un punto percentuale l’anno. Nel 2018 dovrà raggiungere la stessa aliquota dei contratti dipendenti (il 33 per cento). Restano però molto esigui gli strumenti di sostegno al reddito quando si perde il lavoro. Viene infatti confermata, anche se in parte rafforzata, l’una tantum.
Partite Iva e requisiti. Verranno considerate vere quelle partite Iva che avranno un reddito annuo lordo superiore ai 18mila euro. La durata di collaborazione per chi avrà una partita Iva non deve superare gli otto mesi. Inoltre il corrispettivo pagato non deve essere superiore dell’80 per cento di quello di dipendenti e collaboratori. Il lavoratore non deve avere una postazione “fissa” in azienda. Nel caso in cui si realizzino almeno due delle tre precedenti condizioni, il rapporto di lavoro viene considerato come collaborazione coordinata e continuativa.
Assicurazione sociale per l’impiego. Ovvero tutto quello che non rientra nella cassa integrazione, indennità di mobilità, incentivi di mobilità, disoccupazione per apprendisti e una tantum per i collaboratori. La nuova assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), che sostituirà tutte le indennità precedenti, partirà nel 2013 e andrà a regime solo nel 2017. Ci sarà un incremento dell’aliquota dell’1,4 per cento per i lavoratori a termine. Il lavoratore perderà il sussidio, nel caso in cui rifiuterà un’offerta di impiego che prevede una retribuzione di un valore superiore almeno del 20 per cento al valore dell’indennità.
Quanto agli importi, l’Aspi sarà pari al 75 per cento della retribuzione mensile nei casi in cui quest’ultima non superi, nel 2013, l’importo mensile di 1.180 euro. Nel caso in cui la retribuzione mensile sia superiore a tale importo l’indennità sarà pari al 75 per cento dell’importo prima indicato, incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e l’importo prima indicato. È comunque stabilito un massimale erogabile pari a 1.119,32 euro al mese. Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, il nuovo ammortizzatore sociale Aspi garantirà una copertura economica a 150 mila disoccupati in più rispetto alla situazione attuale.
Apprendistato e assunzioni. Arrivano norme più stringenti. Le aziende che vorranno assumere un nuovo apprendista, dovranno proporre un contratto che in media dovrà durare almeno 6 mesi. Per le imprese che impiegano almeno dieci dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti sarà subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50 per cento degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro.
Le donne, l’equità e i voucher asili. Sono introdotte norme di contrasto alle dimissioni in bianco e viene incrementato a tre anni di età del bambino (era di un anno) del regime di convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri. Il congedo di paternità diventa obbligatorio, ma solo per un giorno. A questo si aggiungono altri due giorni facoltativi, che però vanno a ridurre il monte delle 20 settimane di congedo della madre. Le madri lavoratrici si vedranno erogati dei voucher per l’acquisto di servizi di baby-sitting da spendere nella rete pubblica dei servizi per l’infanzia o nei servizi privati accreditati. Le madri ne potranno usufruire al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi in alternativa al congedo parentale.