Maria Pirro, Panorama 27/6/2012, 27 giugno 2012
Schettino non ci sta e rilancia: «Sono stato ingannato» – Non volevo fare acrobazie o sfidare qualcuno passando sotto costa
Schettino non ci sta e rilancia: «Sono stato ingannato» – Non volevo fare acrobazie o sfidare qualcuno passando sotto costa. Credevo che la distanza da terra fosse quella minima dì sicurezza che avevo richiesto». Affiorano i ricordi sul 13 gennaio 2012, il naufragio della Costa Concordia. Francesco Schettino ascolta l’audio della scatola nera e sentimenti devastanti rimettono in moto: «Cerco di restare lucido, come in quei momenti. Non può essere capitato a me, mi ripetevo, devo agire tenendo a freno le emozioni. Ora non riesco a staccarmi da quella notte: penso alle vittime, alle famiglie colpite». C’è questo e altro negli appunti che l’ex comandante della Concordia sta inviando giorno per giorno al suo avvocato. Bruno Leporattì, e che Panorama ha potuto leggere in esclusiva. Da cinque mesi è agli arresti domiciliari a Meta di Sorrento: «Trascorro le giornate nell’attesa del processo, passo il tempo con mia moglie e con mia figlia. Riascoltare le conversazioni del momento dell’urto ha suscitato in me sensazioni indescrivibili. Ma la verifica ha anche confermato quelle perplessità che, nelle mie valutazioni personali, avevo già espressoi». Nei suoi appunti (che forse diventeranno un libro) Schettino ribadisce la correttezza delle decisioni prese. Anzitutto perché, sottolinea, è subentrato nella conduzione della nave 4 minuti prima del l’urto, dopo la telefonata al comandante in pensione Mario Palombo, e senza la collaborazione degli ufficiali in plancia, «Nessuno mi ha avvisato con ìnfomiazioni del tipo: "’Siamo a una distanza di gran lunga inferiore a quella programmala". Quando mi sono reso conto dei pericolo, ho impartito chiare indicazioni al timoniere nel disperato tentativo di evitare l’impatto. L’avrei fatto prima, se avessi saputo qual era la distanza da terra». Schettino comunica la situazione al manager della Costa, ma il pc si spento col blackout, le pompe d’emergenza e i motori non funzionano, il generatore diesel non parte subito). Le porte stagne? L’ex comandante sostiene che non gli hanno mai specificato che sono state chiuse dopo l’urto, ma questo si evince dalla scatola nera. Insomma, gli sarebbero state riferite informazioni discordanti. Un capitolo a parte riguarda lo sbarco: quanti passeggeri sono stati salvati con altri mezzì? Quale fu il piano dei capitano Gregorio De Falco, che rimproverò al telefono Schettino, reo dì avere abbandonato la nave? Sembra incredibile ma secondo l’ex comandante la Guardia costiera non avvisò subito il 118 e al Gìglio c’era solo lo medico. Conclusione: «Sulla base dì scarne informazioni, sono stato definito un codardo. La codardia è altro, è sottrarsi alle proprie responsabilità o sfruttare situazioni anche disperate per trame vanterò... Il coraggio significa anche assumersi le proprie colpe. Le proprie però"» E la tragica telenovela della Concordia promette altre polemiche.