Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il passaggio decisivo del discorso di Fini, ieri alla Festa Tricolore di Mirabello, è quello in cui dice: «Il Pdl non esiste più. Al massimo esiste un partito del predellino. Il Pdl non è ormai che una Forza Italia allargata». La morte del Pdl si sarebbe consumata il 29 luglio, quando una direzione del partito, dopo un dibattito di due ore «in mia assenza e senza un contradditorio», espulse Fini giudicandolo incompatibile col Popolo della libertà. «Un provvedimento stalinista, un atto illiberale e autoritario che non ha niente da spartire con il pluralismo che deve essere garantito in un partito liberale di massa (un’espressione ricorrente - ndr). Quell’espulsione è stata un insulto non a me, ma alla comunità che rappresento». Quindi, ha aggiunto Fini, i deputati e i senatori che hanno poi fondato il gruppo di Futuro e libertà non possono rientrare in nessun posto, perché non c’è più alcun posto in cui rientrare.
• E se non rientrano nel Pdl, fonderanno un altro partito?
Questo il presidente della Camera non lo ha detto. Dall’insieme del discorso potremmo dedurre che a un certo punto, quasi da sé, un nuovo partito nascerà. Per ora restano i due gruppi parlamentari di “Futuro e libertà per l’Italia” (Fli) i quali costituiscono la terza gamba di un centro-destra che finora ne ha avute due (Pdl e Lega). I finiani, infatti, non hanno nessuna intenzione di portare a sinistra i voti che hanno ricevuto dagli elettori del centro-destra, cioè non ci saranno «né ribaltoni né ribaltini». Il Fli crede che, nel centro-destra, si dovrà stringere un patto di legislatura che consenta al Cavaliere di governare gli altri tre anni che mancano, perché un’interruzione anticipata della legislatura sarebbe «un fallimento mio, di Bossi e di Berlusconi».
• Quindi, quando Berlusconi andrà in Parlamento a presentare i cinque punti, il Fli voterà la fiducia.
Senz’altro. Bisognerà poi vedere come, subito dopo, i cinque titoli (federalismo, giustizia, Mezzogiorno, fisco e sicurezza) si tradurranno concretamente in leggi. Per esempio, sulla giustizia, Fini, dopo aver ammonito a non confondere il garantismo con l’impunità, ha detto che la magistratura è un «caposaldo della democrazia», il «presidio di ogni autentica legalità», giudizi che non possono essere intaccati da «alcune mele marce», cioè sostituti procuratori iperpoliticizzati. Quindi il presidente del Consiglio deve poter governare senza essere perseguitato dalle procure, ma i provvedimenti a sua tutela non possono essere presi a discapito dei cittadini che aspettano da anni di essere risarciti. Quindi la legge sul processo breve è sacrosanta, ma le norme retroattive sono inaccettabili. Bene anche la legge sul legittimo impedimento o sul lodo Alfano, ma senza ricorrere «a quello strano dottor Stranamore che si chiama onorevole Ghedini», col sottinteso che Ghedini è un pasticcione tremendo. Un tormentone del discorso, che deve aver parecchio irritato Berlusconi, è stato il continuo riferimento «agli onesti», culminato nella richiesta di un codice etico per chi ricopre incarichi di governo (stoccata come minimo a Verdini).
• Sul federalismo?
La Lega è un partito regionale, mentre è necessario attuare una politica nazionale (altro tormentone del discorso). Il federalismo è un’occasione di riforma storica, ma non può essere fatto contro o a discapito del Sud. Cioè: il federalismo deve essere equo e solidale. È la parte del discorso meno convincente, perché Fini vuole nello stesso tempo un federalismo solidale ed equo, ma, come la Lega, che si ponga fine alla “vergogna della spesa storica” per introdurre la spesa standard. Solo che – a parer suo – le spese standard non sono le stesse al Nord e al Sud, che parrebbe un modo di far rientrare dalla finestra quello che si era appena fatto uscire dalla porta.
• Come reagirà Berlusconi a questi ragionamenti?
Il presidente della Camera ha rimproverato la maggioranza di non aver aggiunto ai cinque punti anche un sesto punto sull’economia e un settimo sui giovani. Poi ha chiamato infami i giornali che hanno attaccato la sua famiglia. Poi ha annunciato che ci vuole una legge elettorale che ridia ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Considerando che tre o quattro volte Fini ha richiamato la necessità di ascoltare gli avversari e di prendere dall’opposizione le buone idee, possiamo dedurre che su questo terreno della legge elettorale potrebbero esserci un’iniziativa dirompente del Fli e la formazione in Parlamento di maggioranze e alleanze inedite.
• In tv Cicchitto e Gasparri hanno sottolineato che Fini ha parlato bene del governo.
Sì, secondo Fini il governo ha bene operato in tanti campi, compreso il controllo della crisi economica, anche se i tagli lineari che hanno colpito le forze dell’ordine e i precari della scuola sono inammissibili. Del resto, come potrebbe Fini parlar troppo male del governo che ha contribuito a far eleggere e che vuole ancora mantenere in piedi? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/9/2010]
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