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 2010  settembre 06 Lunedì calendario

QUELL’UOMO SOLO CHE VEDE LONTANO

Raccontano che un giorno, durante la scelta dei modelli da mettere sul mercato che si svolgeva ad Agordo (con accento sulla “a”) con puntuale ritualità quattro volte l’anno, Leonardo Del Vecchio stava passando in rassegna i vari occhiali e stava dando istruzioni sulle quantità da produrne per ciascun tipo quando, a un tratto, davanti a un modello più grande e insolito degli altri, tra lo sgomento dei suoi collaboratori, sentenziò: «Di questi, ne facciamo 500 mila». Era un numero ben al di sopra della media alla quale erano abituati. E fu così che gli occhiali a mascherina divennero di moda. In questa storia un po’ leggenda è racchiusa almeno una parte del successo di Leonardo Del Vecchio, il martinitt che ha sfidato Wall Street, ha messo in piedi una multinazionale degli occhiali (della quale è presidente e azionista di maggioranza) che si appresta a compiere l’anno prossimo mezzo secolo di attività ed è diventato uno dei sessanta uomini più ricchi del mondo (il secondo in Italia). Con un fatturato netto di 5,1 miliardi di euro nel 2009 e 60 mila dipendenti nel mondo, Luxottica è oggi il primo produttore mondiale di occhiali di lusso e sportivi.

Settantacinque anni, intuitivo, geniale della genialità operativa dei magnati, solitario, ovviamente riservato (ma questo è quasi un modo di dire quando si parla dei super-ricchi), caparbio «come le montagne in mezzo alle quali ha fatto fortuna», dice un amico. La sua è una di quelle storie esemplari del miracolo economico italiano. Nato a Milano nel 1935, orfano di padre, è cresciuto nel collegio dei Martinitt, un’istituzione per la città meneghina fin da quando nel lontano 1532 frate Girolamo Emiliani iniziò a raccogliere e ad assistere gli orfani. Tra queste stanze prima di lui sono cresciuti anche Angelo Rizzoli ed Edoardo Bianchi (quello della mitica bicicletta Bianchina). Il nome, in origine prende spunto dalla prima sede del collegio, la chiesa di Santa Martina a Porta Nuova.

In collegio il piccolo Leonardo impara un mestiere, fa l’incisore. A quattordici anni trova lavoro come garzone in una bottega che stampa medaglie e contemporaneamente frequenta corsi serali di disegno e incisione all’Accademia di Brera. Diventa bravo e decide di mettersi in proprio. Viene a sapere che ad Agordo, paesino incastonato in mezzo alle Dolomiti, nel bellunese, il sindaco dà terreni gratis e aiuti economici a chi vuole investire nella zona (un tentativo per far ripartire l’economia locale dopo la chiusura della miniera di pirite che per cinquecento anni aveva dato lavoro a molti). È qui che decide di aprire un piccolo laboratorio di stanghette per occhiali. È il 1961, Leonardo ha ventisei anni e dieci dipendenti. All’inizio, fa il terzista. Per tutti gli anni Sessanta produce componenti per occhiali per conto di altre aziende: aste, montature in metallo, tutti accessori lavorati a mano. Raccontano che non dormiva mai. Lavorava venti ore al giorno, si riposava qualche ora in una casa di fronte alla fabbrichetta, poi attraversava la strada e tornava di nuovo al lavoro. La moglie lavora con lui. I figli, di quel periodo ricordano le cinquanta lire alla settimana che ricevevano alle elementari e il mare in colonia.

Dopo quasi dieci anni, nel 1969, realizza le prime montature complete con marchio proprio, Luxottica. La prima collezione la presenta poco dopo alla Mostra Internazionale dell’Ottica (Mido) a Milano, la più importante fiera del settore. Luigi Francavilla, suo coetaneo e ancora oggi uno dei suoi più stretti collaboratori (nonché vice-presidente di Luxottica), ricorda quel primo banchetto da esposizione di due metri arrangiato alla meglio. I loro occhiali piacevano, ogni mezz’ora alzavano il prezzo.
Del Vecchio inizia a distribuire da solo, senza affidarsi più a grossisti, e a espandersi all’estero (prima tappa in Germania, poi in America). Funziona. Il primo capannone si trasforma in stabilimento. La casa di fronte diventa sì una villa ma resta dov’era, inglobata all’interno della fabbrica (quando Del Vecchio torna ad Agordo dorme ancora oggi lì). Un’abitudine questa, della casa e bottega, mantenuta anche a Milano. Nella storica sede milanese di Luxottica in via Cantù, Del Vecchio ha abitato a lungo al piano nobile. Sveglia alle 4.30 del mattino, nuotata nella piscina privata a pianoterra, allenamento in palestra, e poi al lavoro entrando da una porticina di collegamento tra casa e azienda.

L’accordo con Giorgio Armani, nel 1988, inaugura una serie di collaborazioni con il mondo della moda che diventeranno via via più importanti nella definizione della strategia del gruppo. Ne seguiranno altri con le più prestigiose firme internazionali, da Bulgari (nel 1996) a Chanel (nel 1999), da Prada e Versace (nel 2003) a Dolce&Gabbana (2006) e Tiffany (2008) (mentre Armani, dopo anni di collaborazione, nel 2003 se ne va con la concorrente Safilo). Una campagna del marchio mirata, a colpi di accordi e acquisizioni: nel 1990 compra Vogue, nel 1995 Persol, gli occhiali dei piloti creati nel 1917 dal piemontese Giuseppe Ratti e indossati sia da Marcello Mastroianni in Divorzio all’italiana che da Arnold Schwarzenegger in Terminator.
Quando l’italiana Luxottica si aggiudica l’americana Ray-Ban, nel 1999, dimostra di non avere più rivali. I Ray-Ban, gli occhiali anti-abbaglio, sono i più conosciuti al mondo. Nati nel 1937 per gli aviatori dell’Air Force americana, sono diventati un’icona della moda, identificati - a seconda delle generazioni - con Clarke Gable e Gregory Peck, con Audrey Hepburn (che in Colazione da Tiffany indossa un’indimenticabile versione oversize in plastica nera dei Wayfarer) o con il Tom Cruise dei bei tempi di Top Gun (e quel modello a goccia, Aviator, che mandò in visibilio le adolescenti degli anni 80). Poi è la volta di un’altra azienda americana, la Oakley degli occhiali sportivi, acquistata tre anni fa per due miliardi di dollari.

Quando decide di quotarsi in borsa, nel 1990, Del Vecchio punta direttamente a Wall Street, ancor prima che a Piazza Affari, pur senza conoscere una parola di inglese. Il suo percorso è talmente solitario ed estraneo alla politica e ai salotti buoni (anche se da un po’ è entrato con tutti gli onori in Generali) che il suo è un raro caso di miliardario sconosciuto. Quando all’inizio degli anni Novanta il suo nome compare tra i primi contribuenti italiani, ci si interroga su chi sia quel Del Vecchio che fa occhiali.
Da quella prima volta continua a figurare puntualmente nelle classifiche degli uomini più ricchi del mondo. I primi tre posti in Italia non riservano più sorprese da anni: vi si alternano il patron della Nutella Michele Ferrero, Leonardo Del Vecchio e Silvio Berlusconi. Nella classifica di Forbes 2010 è il secondo italiano più ricco (e cinquantanovesimo nel mondo) con un patrimonio stimato di 10,5 miliardi di dollari.

Nel 2004 Leonardo Del Vecchio fa un passo indietro e affida la guida del gruppo a un amministratore delegato di trent’anni più giovane, Andrea Guerra, il manager considerato un prodigio sfilato a Vittorio Merloni. Guerra all’epoca non ha ancora compiuto quarant’anni, in Merloni (altra impresa familiare) ha lavorato per dieci anni ed è diventato il più giovane amministratore delegato di una società quotata. È un manager col maglione, già prima del maglione di Sergio Marchionne. Quello con scollo a V che indossa nella fotografia ufficiale pubblicata sul sito internet del gruppo Luxottica (e che ha sfoggiato anche in una delle sue rare apparizioni televisive, nello studio di Myrta Merlino a Economix). Guerra è uno che in una conversazione con La Stampa di Torino alla domanda «che consigli darebbe ai giovani» risponde: «State a lungo fuori. Poi, scegliete i vostri capi e seguiteli al di là delle cariche e delle etichette. Infine, fate le prime esperienze in società di servizi perché così ogni giorno mettete la vostra faccia di fronte ai clienti».
La scelta di una guida manageriale per Del Vecchio è stata meditata. A Giuliana Ferraino che lo intervista per Il Sole24ore, Del Vecchio spiega così: «Voglio molto bene ai miei figli, ma non lascerò a nessuno di loro una responsabilità così grande, sarebbe troppo pesante. Per questo sto indirizzando il futuro dell’azienda verso la gestione manageriale. I figli maggiori finora hanno accettato le mie scelte. La nostra è una famiglia allargata, ma unita».

La famiglia – che è davvero una famiglia allargata – fa l’azionista. Leonardo si è sposato tre volte e ha sei figli. I primi tre, Claudio, Marisa e Paola, sono cinquantenni. Poi c’è Leonardo jr. di quindici anni, avuto dalla seconda moglie, la milanese Nicoletta Zampillo. Quando si sono sposati, nel 1997, con cerimonia a Villa Reale a Milano, le pubblicazioni di matrimonio erano affisse ad Agordo per depistare i giornalisti. Gli ultimi arrivati sono Luca e Clemente, figli dell’attuale compagna Sabina Grossi (che lavora in Luxottica dal 1996 e dal 2003 è nel consiglio di amministrazione).
Dei sei fratelli, solo il primogenito Claudio, 53 anni, fa parte del consiglio di amministrazione di Luxottica. Lavora nel gruppo di famiglia dal 1978, si è occupato della filiale americana. Ha anche fatto affari per conto suo, comprando un grande brand della moda americana, fondato nel 1818, le camicie Brooks Brothers, forse ancora le più famose del mondo (ricordate, in Working girl, Harrison Ford che dietro la vetrata del suo ufficio tira fuori dalla busta blu del negozio tra Madison e la 44esima, scarta una camicia nuova e la indossa?).

Alla fine, comunque, in quel salotto della finanza dal quale all’inizio era rimasto alla larga un po’ ci è entrato, consigliere di amministrazione delle Assicurazioni Generali e della società immobiliare Beni Stabili. Uomo di poche parole, Leonardo ha rapporti piuttosto asciutti con il sistema economico e finanziario, e dicono che abbia maturato un’intesa con Alessandro Profumo, con il quale condivide il tifo per l’Inter. Ovviamente, come prevede il cliché dell’uomo che è rimasto com’era nonostante la fortuna economica, gli amici sono quelli di una volta. E non è raro vederlo camminare per le vie di Milano da solo, in mezzo alla gente.

Nonostante che al primo stabilimento (che oggi conta circa 3.500 dipendenti) se ne siano aggiunti altri cinque in Italia, due in Cina, uno in America e uno in India (e gli obiettivi siano di continuare a crescere sui mercati emergenti), Agordo resta il cuore del gruppo. Con oltre tremila dipendenti in un comune di quattromila abitanti, Luxottica è una città nella città, e Leonardo Del Vecchio un padrone/benefattore. Nel 2009, quando la crisi globale ha picchiato più duro, ha sperimentato forme di welfare aziendale, con benefit a integrazione del salario. Al posto di aumenti di stipendio ha offerto ai dipendenti “carrelli” spesa e libri di scuola per i figli, borse di studio e visite specialistiche. Nell’agordino, ormai, il fondatore si vede di rado. Però partecipa alle prime comunioni dei figli dei dipendenti, e anche alle cene di Natale che ogni anno si festeggiano sui tavoli della mensa dello stabilimento. Poi sale sul proprio aereo personale Gulfstream e riparte in giro per la globalizzazione.