Sergio Romano, Corriere della Sera 6/9/2010, 6 settembre 2010
GHEDDAFI E L’USO DELL’ISLAM LA RELIGIONE E IL POTERE
Continua a suscitare polemiche la recente visita del leader libico in Italia. Ma a Gheddafi sono giunte critiche anche dal mondo arabo perché teme che le lezioni di Islam di Gheddafi a centinaia di belle ragazze siano controproducenti. Egli, infatti, vorrebbe che l’Islam diventasse la religione europea. E un quotidiano arabo ha affermato: «È vero, tre ragazze si sono convertite e questo è un fatto positivo che va inserito nelle buone azioni del leader libico (...), ma non capiamo perché, quando vuole parlare di Islam, invita solo le ragazze durante le sue visite all’estero escludendo i ragazzi (...). Perché le ragazze devono essere considerate più importanti? Se l’obiettivo è quello di diffondere la religione islamica e contrastare l’islamofobia che serpeggia in Occidente, è necessario parlare anche ai ragazzi, agli anziani e alle donne mature. Il dialogo va fatto con coloro che criticano l’Islam prima che con chi simpatizza con questa religione».
Andrea Delindati
Manerbio (Bs)
Caro Delindati,
In molti ambienti islamici Gheddafi è sempre stato considerato con diffidenza e ostilità. Quando conquistò il potere nel 1969 era un nasseriano, vale a dire, per molti aspetti, un lontano discendente di Kemal Atatürk e un cugino dei molti colonnelli che conquistarono il potere nei Paesi del Medio Oriente dopo la Seconda guerra mondiale. I temi preferiti dei suoi interventi pubblici erano quelli tipici di tutti i movimenti nazionalisti. Gli arabi avrebbero dovuto trarre ispirazione dal loro glorioso passato, ricordare orgogliosamente al mondo l’epoca in cui avevano dominato gli studi astronomici e matematici, costruire insieme una grande nazione rispettata e temuta. La religione era una necessaria componente di questo grande disegno, ma il governo della fede doveva restare saldamente nelle mani del leader.
Quando proclamò che il Corano sarebbe stato l’unico fondamento della Jamahiria, molti videro in quella dichiarazione l’avvento di uno Stato teocratico. In realtà Gheddafi intendeva dire che la Sunna (tradizione) e i detti del profeta (Hadith) non avrebbero più avuto l’importanza d’un tempo e che gli ulema (i dottori in teologia a cui è delegata la loro interpretazione) avrebbero perduto il loro ruolo tradizionale. Ribadì l’importanza dei cinque pilastri dell’Islam, ma declassò il pellegrinaggio alla Mecca da precetto obbligatorio a precetto facoltativo. In altre parole i libici, per abbeverarsi alle fonti della fede, non avevano più l’obbligo di pagare un tributo religioso all’Arabia Saudita e al suo re. Gheddafi stava usando l’Islam come religione civile dello Stato o «instrumentum regni» ed usava le moschee per predicare la sua rivoluzione culturale, il suo socialismo nazionale e i versetti del suo «libro verde», versione libica del libretto rosso di Mao. Da quel momento divenne la bestia nera dei fondamentalisti islamici e fu bersaglio di parecchi attentati.
È molto probabile quindi che i suoi incontri con le ragazze italiane siano soprattutto operazioni politiche per uso interno. Agli islamici che lo considerano una sorta di apostata, Gheddafi risponde inserendo nei suoi viaggi l’«ora di catechismo», vale a dire l’occasione che gli consente di presentarsi ai suoi connazionali e al mondo arabo come il difensore della fede.