Giornali vari, 6 settembre 2010
Anno VII – Trecentotrentottesima settimana Dal 30 agosto al 6 settembre 2010Roventi Il governo può cadere e non cadere, le elezioni possono esserci e non esserci, Berlusconi, che Fini terrà in piedi, vorrebbe forse essere sfiduciato, Bossi, che dice di volere il voto subito, potrebbe astenersi al momento della fiducia al governo in modo da rendere inevitabile la caduta
Anno VII – Trecentotrentottesima settimana Dal 30 agosto al 6 settembre 2010
Roventi Il governo può cadere e non cadere, le elezioni possono esserci e non esserci, Berlusconi, che Fini terrà in piedi, vorrebbe forse essere sfiduciato, Bossi, che dice di volere il voto subito, potrebbe astenersi al momento della fiducia al governo in modo da rendere inevitabile la caduta. Si andrebbe poi davvero alle elezioni in questo caso? O una nuova maggioranza cambierebbe la legge elettorale? Tutte questioni che, dopo il discorso di Fini a Mirabello (domenica 5 settembre, pochi minuti prima delle 18.30) si sono fatte roventi.
Stalin A Mirabello, in occasione della Festa Tricolore, Fini ha detto che il Pdl non c’è più. Ha cessato di esistere il 29 luglio 2010, quando, con una decisione «stalinista», ha espulso uno dei suoi due cofondatori, giudicato incompatibile al termine di una discussione senza imputato e senza contradditorio. Come può essere “della libertà” un Partito che si muove secondo questa logica? Quindi, gli appelli a rientrare – con le relative promesse di ricandidatura – non possono essere accolti, perché non esiste più il luogo in cui eventualmente tornare, il Pdl non essendo ormai che un partito del predellino, una Forza Italia allargata.
Partito Verrà dunque fondato un nuovo partito? Questo il presidente della Camera non lo ha detto. Per ora restano i due gruppi parlamentari di “Futuro e libertà per l’Italia” (Fli) i quali, quando si tratterà di votare la fiducia, sosterranno senza esitazioni il governo. Il governo, secondo Fini, fin qui ha sostanzialmente operato bene, anche se non bisognava tagliare i fondi per le forze dell’ordine e non si dovevano lasciare a spasso tanti precari della scuola. Non vi saranno perciò «né ribaltoni né ribaltini» e Fini non porterà al centro-sinistra i voti raccolti tra gli elettori del centro-destra. La fiducia sui cinque punti (federalismo, fisco, Sud, giustizia e sicurezza) non significa però che i finiani non andranno a guardar dentro per bene in che modo quell’agenda delle buone intenzioni si farà concretamente legge. Per esempio sulla giustizia: si deve intanto sapere che «la magistratura è un caposaldo della democrazia», «il presidio di ogni autentica legalità», giudizi che non possono essere intaccati da alcune «mele marce» cioè sostituti procuratori iperpoliticizzati. Quindi il presidente del Consiglio deve poter governare senza essere perseguitato da alcuni procuratori, ma i provvedimenti a sua tutela non possono essere presi a discapito dei cittadini che aspettano da anni di essere risarciti. Sì, quindi, a lodo Alfano e legge sul legittimo impedimento, purché non vadano contro la Costituzione. Sì anche al «sacrosanto» processo breve, però senza la norma retroattiva che danneggia centinaia di migliaia di cittadini.
Lega Quanto al federalismo, la Padania non esiste, la Lega è un partito regionale, e il federalismo – «l’occasione di una riforma storica» – va realizzato con una legge nazionale, in modo che non punisca il Sud per far contento il Nord. Il federalismo – secondo Fini – deve essere equo e solidale. Anche se vanno aboliti i «vergognosi» costi storici, in base ai quali ogni Regione si faceva dare dallo Stato almeno la somma che aveva avuto l’anno precedente, si deve ammettere che i costi standard non possono essere uguali dappertutto.
Legge elettorale Il presidente della Camera ha proposto un patto di legislatura, che consenta all’attuale governo di continuare a operare altri tre anni, dato che lo scioglimento anticipato delle Camere sarebbe un «fallimento per me, per Bossi e per Berlusconi». Fini ha poi rimproverato il vertice del partito per aver preparato un progetto in cinque punti, dimenticandosi un sesto punto relativo alla crisi economica e un settimo punto riguardante i giovani. C’è poi la necessità, secondo lui, di cambiare la legge elettorale, mettendo da parte le differenze d’opinione e puntando a far sì che i cittadini possano scegliersi i loro rappresentanti in Parlamento. Un passaggio che ha eccitato Bersani, il quale proprio sulla legge elettorale vede la possibilità di una maggioranza alternativa, magari con dentro anche la Lega.
Punture Vanno poi segnalate le numerose punture (e forse dico poco) rivolte a Berlusconi e ancor di più al berlusconismo. Palazzo Chigi non è un’azienda, governare non è comandare, si deve tener conto dei tanti onesti che ci sono nel Paese, non bisogna confondere il garantismo con l’impunità, e anzi necessario varare un codice etico per chi ricopre cariche pubbliche, ecc.
Colonnelli Fini ha poi gridato che le campagne contro di lui di quest’estate sono state delle «infamie». E Feltri, il giorno dopo, ha fatto il titolo: «Le infamie di Fini». E ha giudicato i pezzi grossi della ex An rimasti col Cavaliere – cioè soprattutto Gasparri e La Russa – dei «colonnelli che hanno cambiato il generale e sono pronti, nel caso, a cambiarlo un’altra volta». Gasparri e La Russa hanno risposto: «Non noi abbiamo cambiato generale. È il generale che ha cambiato bandiera».
Reazioni La Lega ha giudicato il discoso severamente. Bossi: «Per Berlusconi la strada è molto stretta: se tutti i giorni per far passare una legge deve andare a chiedere i voti a Fini e Casini non dura molto». Il Senatùr è andato lunedì sera a confrontarsi col Cavaliere, un incontro su cui non siamo in grado di riferire perché si svolge dopo che abbiamo consegnato questo pezzo. Ma possiamo dire che la voce generale, nella tarda mattinata di lunedì 6 settembre, segnala tempesta. Il presidente del Consiglio sarebbe furibondo per gli attacchi subiti e il tradimento, «Fini non ha detto una parola sulla vicenda della casa di Montecarlo, intorno a cui ci aspettavamo la verità». Il Cavaliere avrebbe deciso di andare al voto al più presto, magari entro dicembre. Maroni gli avrebbe garantito per telefono che «è tutto pronto» e Tremonti, assicurandolo che non ci sarà bisogno di una manovra finanziaria suppletiva, avrebbe sgombrato il campo dalle preoccupazioni economiche. Prima del discorso di Mirabello, i sondaggi davano un eventuale partito di Fini al 6%, Pdl intorno al 29, Pd prossimo al 27, la Lega all’11-12, gli altri all’incirca dove stavano prima. Un’eventuale alleanza Fini-Casini-Rutelli è accreditata del 20-22%. In caso di elezioni, la probabilità che il centro-destra non abbia la maggioranza al Senato è giudicata alta.
Sakineh Il mondo è in ansia per la sorte di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, un’iraniana di 43 anni con due figli (che la difendono) accusata di adulterio, già punita con 99 frustate nel 2006, e in procinto ad ogni ora di essere lapidata dal regime. Carla Bruni, intervenuta ufficialmente in sua difesa, è stata qualificata dal quotidiano ultraconservatore Kayhan come “puttana” (fahisha). Le pressioni da parte dei governi di tutto il pianeta, compreso il nostro, non si contano. La lapidazione è un’esecuzione capitale: avvolti in un sudario bianco, i condannati sono interrati fino alla cintola se uomini e fino alle ascelle se donne. Chiunque voglia può associarsi ai boia professionisti e lanciar sassi. La norma stabilisce che questi non devono essere troppo grandi, per evitare che il condannato sia ucciso al primo o al secondo tiro. Ma neanche tanto piccoli da non potersi definire “pietre”.