MAURIZIO MOLINARI, La Stampa 6/9/2010, pagina 24, 6 settembre 2010
Tra 10 anni i computer saranno i nostri padroni - Fra dieci anni l’intelligenza artificiale avrà superato quella umana: l’annuncio arriva dallo scienziato americano Ray Kurzweil, che ha sfruttato i lavori del «Singularity Summit» tenutosi a metà agosto a San Francisco per spiegare l’accelerazione di tempi rispetto alla data del 2045 che era stata da lui stesso prevista nel libro «The Singularity is Near», pubblicato in America nel 2005
Tra 10 anni i computer saranno i nostri padroni - Fra dieci anni l’intelligenza artificiale avrà superato quella umana: l’annuncio arriva dallo scienziato americano Ray Kurzweil, che ha sfruttato i lavori del «Singularity Summit» tenutosi a metà agosto a San Francisco per spiegare l’accelerazione di tempi rispetto alla data del 2045 che era stata da lui stesso prevista nel libro «The Singularity is Near», pubblicato in America nel 2005. «La critica che viene rivolta al concetto di "Singularity" - ovvero al momento di sorpasso dell’intelligenza umana da parte di quella artificiale - è che la mente umana è troppo complicata e magica per essere copiata a tavolino», ha detto Kurzweil, nome di spicco del Singularity Institute di San Francisco, obiettando però che gli sviluppo della tecnologia «sullo studio del comportamento del cervello, al contrario, sta mutando la situazione a straordinaria velocità». E’ insomma più facile ricostruire la genesi del funzionamento della mente, partendo dal punto di arrivo, e non di inizio, di un singolo pensiero. «La chiave di questo tipo di ingegneria - ha aggiunto, facendo capire che è questo il passaggio da cui ha dedotto l’accorciamento dei tempi - sta nella decodificazione della corteccia cerebrale che possiede 22 miliardi di neuroni e 220 trilioni di sinapsi». A riuscirci potrebbe essere «un super-computer dotato di un software capace di simulare i ragionamenti». Se è vero che tale programma ancora non esiste, Kurzweil ritiene che «siamo molto vicini a questo traguardo» ed a portare acqua alla tesi è stato l’intervento di Dharmendra Modha, il ricercatore che guida il programma di computeristica cognitiva dell’Ibm all’Almaden Research Center di San Josè, sempre in California, secondo il quale «per almeno tre anni ancora non ci arriveremo», ma la direzione di marcia è intrapresa. A dimostrarlo è il fatto che il supercomputer dell’Ibm «Sequoia» punta a raggiungere la «velocità ritenuta necessaria a di 20 pentaflops al secondo entro due-tre anni». A ritenere che «la ricostruzione a posteriori del ragionamento umano sia oramai a portata di mano» è anche Terry Senjnowski, capo del laboratorio di neurobiologia al Salk Institute di San Diego, secondo il quale «Kurzweil ha ragione nell’affermare che un codice di circa un milione di righe potrebbe bastare per simulare le attività di un cervello umano». La strada per arrivare alla «Singularity» dunque passa per la matematica e i computer. Kurzeil lo spiega così: «Il disegno del cervello è contenuto nel genoma, che ha sei milioni di bit ovvero circa 800 milioni di bytes prima della compressione, ma può essere ridotto a circa 50 milioni di bytes» e ciò significa che «mezzo cervello è 25 milioni di bytes ovvero un codice da un milione di righe». Essere a due o tre anni da questo traguardo non significa però ancora arrivare alla «Singularity», che potrà essere raggiunta solo «aggiungendo addestramento e conoscenza» alla mente artificiale. Da qui la previsione che potrebbero servire sette-otto anni in più, puntando a tagliare lo storico traguardo nel 2020. «Il momento decisivo sarà quando comprenderemo come funziona il cervello - è la conclusione - sulla base delle informazioni di cui disporremo». E’ una tesi che però incontra numerose resistenze. A riassumerne quelle fondamentali è David Shenk, studioso di genetica e autore di «The Genius in All of Us», secondo il quale «sono numerosi i biologi per i quali Kurzweil commette un errore di fondo, perché il disegno del cervello non è contenuto nel genoma», come dimostra il fatto che il suo funzionamento «si crea negli anni sulla base dell’interazione fra le cellule ovvero di una materia della quale sappiamo ancora assai poco». In soccorso di Kurzweil accorre Colin Angle, Ceo della corporation iRobot, secondo il quale «la verità è che dietro le obiezioni di molti si nasconde la paura che un giorno busseranno alla porta e ci troveremo davanti un robot».