Marino Longoni, ItaliaOggi 6/9/2010, 6 settembre 2010
PROCESSO AD ARMI PARI
Il nuovo codice del processo amministrativo, che entrerà in vigore il 16 settembre 2010, si pone un obiettivo ambizioso: quello di superare la tradizionale supremazia della pubblica amministrazione nei confronti del cittadino per introdurre anche in materia amministrativa un confronto ad armi pari. Il contenzioso davanti a Tar e Consiglio di Stato, da «processo sulle carte» si avvia a diventare un processo sui diritti e interessi di privati e imprese nei confronti della pubblica amministrazione. E se la forma principale del giudizio rimane l’azione di impugnazione del provvedimento amministrativo, pari dignità ottengono le azioni per il risarcimento del danno e di condanna dell’amministrazione a provvedere in caso di inerzia. Insomma, uno storico riscatto del privato nei confronti della pubblica amministrazione. Questo almeno nelle intenzioni del legislatore (più precisamente del Consiglio di stato, autore materiale di gran parte del provvedimento). Ma uno dei problemi veramente difficili da risolvere continuerà a essere quello dell’arretrato spaventoso. Si è scelto all’ultimo momento di rinunciare alle sezioni stralcio, che avrebbero dato un contributo alla risoluzione di questo problema, forse per le spinte corporative di una parte della magistratura, ma ora le novità processuali positive rischiano di essere frustrate dal peso enorme delle cause pregresse. Tutte le speranze sono riposte nell’obbligo di confermare, entro il 15 marzo 2011 l’interesse a portare avanti le più vecchie cause pendenti. Ma l’obbligo di riassunzione potrebbe non essere sufficiente. Certo, chi sa di essere nel torto tenderà a rinunciare, anche perché ora in caso di sconfitta potrebbe essere costretto al pagamento delle spese processuali, ma la controparte, proprio per questo, avrà interessi e motivazioni opposte. Il problema di fondo della giustizia italiana non è di regole ma è di struttura. Qualsiasi riforma, in mancanza di mezzi e uomini all’altezza dei compiti, non potrà che essere un palliativo. Lo prova il fatto che già nel 2000 sono stati introdotti nella giustizia amministrativa un rito semplificato e alcuni riti accelerati per risolvere il problema degli arretrati, ma dopo dieci anni si può dire che lo stesso scenario si ripresenta in tutta la sua drammaticità. L’organizzazione della giustizia attuale non è molto diversa rispetto al 1971, quando furono istituiti i Tar, solo che la mole di contenzioso è enormemente aumentata. Sarà una tara ereditaria della giustizia italiana? O sarà che per fare una riforma vera non basta scrivere una nuova legge. © Riproduzione riservata