Luca d’Ammando, varie, 6 settembre 2010
Vanity Online - Pezzo n.2 di settembre 2010 "Berlusconi-Fini dopo Mirabello" Fini, parlando ieri a Mirabello, è stato molto duro con il suo ex partito, il Pdl, ma ha offerto un patto per portare a termine la legislatura
Vanity Online - Pezzo n.2 di settembre 2010 "Berlusconi-Fini dopo Mirabello" Fini, parlando ieri a Mirabello, è stato molto duro con il suo ex partito, il Pdl, ma ha offerto un patto per portare a termine la legislatura. Il Cavaliere non ha ancora risposto. Dicono sia furibondo e pronto alle elezioni anticipate. Bossi è sicuro che così il governo non può andare avanti e spinge per andare subito al voto. Domenica 5 settembre, in occasione della Festa Tricolore di Mirabello (Ferrara), Gianfranco Fini ha preso la parola pochi minuti prima delle 18.30. Discorso di 81 minuti, interrotto dagli applausi 94 volte. Il passaggio più importante: «Il Pdl non esiste più. Al massimo esiste un partito del predellino. Il Pdl non è ormai che una Forza Italia allargata». Il Pdl secondo Fini è morto il 29 luglio 2010, giorno in cui, con una decisione «staliniana», la direzione del partito, dopo un dibattito di due ore «in mia assenza e senza contraddittorio», ha espulso il cofondatore giudicandolo incompatibile con il Popolo della libertà. Fini ha quindi spiegato che i 44, tra deputati e senatori, che lo hanno seguito, formando il gruppo Futuro e Libertà per l’Italia (Fli), non rientreranno nel Pdl: «La cosa in cui dovrebbero rientrare non c’è più». Se nascerà o meno un nuovo partito, questo il presidente della Camera non l’ha detto. Per ora i due gruppi parlamentari di Fli formeranno la terza gamba della maggioranza, insieme a Pdl e Lega. «Non ci saranno né ribaltoni né ribaltini» ha assicurato, proponendo un patto di legislatura per i tre anni rimanenti, dato che lo scioglimento anticipato delle Camere sarebbe un «fallimento per me, per Bossi e per Berlusconi». In pratica Fini ha assicurato che, quando Berlusconi andrà in Parlamento a presentare i cinque punti del programma (federalismo, giustizia, Mezzogiorno, fisco e sicurezza), i suoi uomini voteranno la fiducia senza esitazioni. I finiani saranno però molto attenti a controllare come questi cinque titoli si tradurranno in legge. Sul tema della giustizia, su cui il Cavaliere è molto sensibile, Fini ha ammesso che il premier deve poter governare senza essere perseguitato dalle procure, ma i provvedimenti a sua tutela non possono essere presi a discapito dei cittadini che aspettano da anni di essere risarciti. Tradotto: vanno bene il Lodo Alfano e la legge sul legittimo impedimento, purché non siano anticostituzionali. Va bene il processo breve, basta che non sia retroattivo. Sul Federalismo il presidente della Camera ha parlato di «occasione di una riforma storica», ha precisato che va realizzato con una legge nazionale e senza punire le regioni del Sud a favore di quelle del Nord. Per Fini il federalismo deve essere equo e solidale. Anche se vanno aboliti i «vergognosi» costi storici, in base ai quali ogni Regione si faceva dare dallo Stato almeno la somma che aveva avuto l’anno precedente, si deve ammettere che i costi standard non possono essere uguali dappertutto. Fini ha riconosciuto i meriti del governo, ma ha rimproverato il vertice del Pdl per aver preparato un progetto in cinque punti, non inserendone un sesto relativo alla crisi economica e un settimo riguardante i giovani. È necessario inoltre mettere mano alla legge elettorale, superare le divisioni politiche e di schieramento e offrire di nuovo ai cittadini la possibilità di scegliere i loro rappresentanti in Parlamento. Su questo punto si è subito dimostrato molto attento il leader del Pd Bersani, convinto di poter formare una maggioranza alternativa, magari anche con la Lega. Che il tema della legge elettorale sia centrale per futuro del governo è opinione anche di Marcello Sorgi che sulla Stampa di oggi ha scritto: «Non è un mistero che – sia pure in una Babele di proposte che mette insieme confusamente un po’ tutti i sistemi elettorali europei, per non dire del mondo –, esista in Parlamento una maggioranza numerica assai variegata favorevole al cambio dell’attuale legge elettorale, il cosiddetto Porcellum che assegna un consistente premio in seggi a chi raccoglie i voti di appena più di un quarto degli elettori. Una minoranza che viene trasformata in maggioranza, appunto, con l’aggravio della scelta di deputati e senatori sottratta agli elettori e riservata in realtà ai capipartito grazie a liste bloccate di candidati». Riguardo alla vicenda della casa di Montecarlo il presidente della Camera non ha detto una parola, ha accusato però Libero e il Giornale di aver portato avanti per tutta l’estate una campagna che «ha assunto i toni di una lapidazione di tipo islamico, infame non perché rivolta a me ma alla mia famiglia». Il Giornale per tutta risposta oggi è uscito in prima pagina con il titolo «Le infamie di Fini». Vittorio Feltri, intervistato dalla Stampa: «Invece di dare spiegazioni sulle precise contraddizioni documentate dalle nostre inchieste, Fini reagisce attaccando. Scusate ma l’infame è lui». Fini non ha risparmiato poi qualche frecciata ai suoi ex compagni di An, ora fedelissimi di Belusconi, definendoli «colonnelli che hanno cambiato il generale e sono pronti, nel caso, a cambiarlo un’altra volta». Si riferiva in particolare a Gasparri e La Russa che hanno risposto: «Non noi abbiamo cambiato generale. È il generale che ha cambiato bandiera». Tutto il Pdl, appoggiato dalla Lega, ha chiesto a Fini di dimettersi da presidente della Camera. Fabrizio Cicchitto: «Rifletta sulla congruità di essere leader di una formazione politica con il suo ruolo di presidente della Camera». Il giudizo di Bossi sul discorso di Fini è stato chiaro: «Per Berlusconi la strada è molto stretta: se tutti i giorni per far passare una legge deve andare a chiedere i voti a Fini e Casini non dura molto». Anche dalla cena di stasera tra il Cavaliere e il Senatùr si capirà quanto è concreta l’ipotesi di andare al voto entro la fine dell’anno. Maroni avrebbe garantito per telefono al premier che «è tutto pronto» e Tremonti, assicurandolo che non ci sarà bisogno di una manovra finanziaria suppletiva, avrebbe sgombrato il campo dalle preoccupazioni economiche. Prima del discorso di Mirabello, i sondaggi davano un eventuale partito di Fini al 6%, Pdl intorno al 29, Pd prossimo al 27, la Lega all’11-12, gli altri all’incirca dove stavano prima. Un’eventuale alleanza Fini-Casini-Rutelli è accreditata del 20-22%. In caso di elezioni, la probabilità che il centro-destra non abbia la maggioranza al Senato è giudicata alta.