GIANNI MURA, la Repubblica 6/9/2010, 6 settembre 2010
ALI E PORTIERI, IL TESORO PERDUTO L´ITALIA CHE NON SA PIÙ VOLARE
La crisi del nostro calcio è nei ruoli in cui metaforicamente si vola: il portiere e l´ala, in particolare la destra. Portiere è uno dei nomi risparmiati dal nuovo vocabolario pallonaro. L´ala oggi si chiama esterno, alto o di centrocampo. Così la mezzala è diventato interno, ora alto ora basso, mentre l´altro caro estinto, il mediano, è un interno basso. Già questo, secondo me, fa capire la crisi del ruolo, che nemmeno si può chiamare del numero 1 e del numero 7.
Come siamo arrivati a questo punto? Mi sembra giusto chiederlo a un monumento come Dino Zoff. «Intanto, non buttiamoci troppo giù. Abbiamo Marchetti, Sirigu, Viviano, tre buoni portieri. Nessuno vale Buffon, ma come Gigi non ne nascono tutti gli anni. Coi portieri ci vuole tempo, non si può condannarne uno al primo errore, come sta succedendo a Sirigu». Resta il fatto che, tra A e B, c´è un´invasione di portieri stranieri, quasi tutti sudamericani. «Ecco, un tempo era impensabile andare a prendere un portiere in Sud America, soprattutto in Brasile. Suonava come una barzelletta. C´era una buona scuola di portieri in Inghilterra, in Spagna, quasi tutti baschi, in Russia. E la scuola italiana era la migliore». E poi cosa è successo? mancano gli allievi o mancano i maestri? «Dal mio punto di vista mancano gli allievi e i maestri fanno quello che possono lavorando su numeri molto più bassi. Hai voglia a discutere, il portiere era e resta un uomo solo. Se sbaglia, sa che l´errore gli verrà rimproverato dai compagni nello spogliatoio e poi tivù e giornali calcheranno la mano. È il ruolo di maggiore responsabilità. Un altro giocatore può sempre rifarsi, un portiere no. E il ruolo ha molti tempi morti in cui si può rimuginare sull´errore e deprimersi ancora di più. Per reggere occorre una maturità maggiore». Peccato, è il ruolo più poetico. «Sì, le poesie di Saba, ma la realtà è più prosaica. Può capitare di beccare tre gol su tre tiri in porta senza nessuna colpa».
Quello che il ruolo richiede, ha ragione Zoff, può indebolire le vocazioni. Chi sogna da piccolo, in termini di successo, forse si vede più attaccante che portiere. Il goleador è sempre più famoso e più pagato. Ma l´ala? L´ala è stata emarginata e quasi soppressa dalla sempre più massiccia affermazione del 4-4-2. Il pezzo di campo che ospitava i numeri altamente tecnici dei fantasisti (Bruno Conti, Claudio Sala, Causio, Donadoni) è stato via via occupato da terzini riciclati o mediani di lunga corsa.
Meno dribbling, cross meno precisi, ma una copertura più assidua. Il 7, che era una freccia (Jair, Julinho, Mora, Hamrin) è diventato una saracinesca, un passaggio a livello. Più facile che l´allenatore lo sgridi se non torna all´altezza dei terzini. Paradossalmente, la responsabilità maggiore è di Sacchi, che arrivò a chiedere a Signori il lavoro di Evani. Si è molto parlato del 4-4-2 come strangolatore in culla dei trequartisti, obbligati a diventare punte o centrocampisti. Ma il sacrificio dei numeri 10 è stato più o meno contemporaneo a quello dei numeri 7, più raramente degli 11. Ai Mondiali ci si è beati di Robben, fragile di muscoli, ala vera. Quanti italiani nel ruolo? Marchionni, Semioli, Pepe è già diverso. In Italia, pur sciagurati nel tiro, Alvarez e Menez sono buoni esempi di ala genio e sregolatezza. La giocata individuale, tipica dei numeri 7 (da Garrincha a Best, da Kopa a Julinho) in un calcio iperorganizzato è vista come il fumo negli occhi. Mentre una volta valevano il costo del biglietto e vantavano, come la Settimana enigmistica, non so quanti tentativi di imitazione. Paolo Rossi, in arte Pablito, anni fa mi raccontò di quando ragazzino andava da Prato a Firenze e si piazzava in piedi a bordocampo, sempre dalla parte di Kurt Hamrin, detto Uccellino, e studiava il suo modo di muoversi, le sue finte. Non sempre, ma spesso all´ala si piazza il contrario di un atleta, un piccolino secco secco: Muccinelli, Fotia, Salvi, Johnson. Chi ti ha messo più in difficoltà in tutta la carriera? Bertogna, rispose Facchetti. E a te? Rocco Pagano, rispose Paolo Maldini. Erano due ali destre come non ce ne sono più.
Leggo che per il futuro azzurro Prandelli pensa al 4-3-3 con Cassano e Balotelli sulle corsie esterne e Gilardino o Pazzini in mezzo. Nel calcio si può fare di tutto, ma rimango della vecchia idea che senza ali non si vola. E oggi alla nostra Nazionale una buona ala servirebbe più di un buon portiere.