1980-2014
Mamme assassine
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Domani a Shkirat, in Marocco, rappresentanti del governo libico di Tripoli e rappresentanti del governo libico di Tobruk più una quantità notevole di leader di tribù e poteri locali dovrebbero siglare un’intesa che riporti la Libia all’unità, con un solo governo, un solo Parlamento e l’avvio concreto di un processo di pace.
• Bello. Ma a quanto capisco la cosa non è sicura.
Se ne parla da un pezzo e non è ancora successo. In Libia c’è la guerra civile, scorrazzano per tutto il Paese bande criminali e bande jihadiste, Sirte è in mano all’Isis e si dice (sembra proprio vero) che il califfo al Baghdadi, ferito, sia venuto a curarsi qui. All’Isis la Libia fa gola, c’è il petrolio e il dominio possibile del Mediterraneo, con Roma, capitale dei crociati, a poche centinaia di chilometri. La consapevolezza di una congiuntura pericolosissima ha indotto tutti i protagonisti della politica mondiale a trovarsi a Roma domenica scorsa per stringere sull’unica soluzione ragionevole. E cioè, intanto, smettere di sparare e riunificare il Paese, facendo in modo poi di rimettere uno accanto all’altro i vari pezzi, accontentando le tribù e gli interessi delle potenze locali.
• Quanto a potenze locali, stiamo parlando, immagino, dell’Arabia Saudita e dell’Egitto.
E del Qatar. E della Turchia. Gli islamisti stanno a Tripoli e godono della protezione proprio di Qatar e Turchia. Egitto ed Emirati Arabi sostengono il governo di Tobruk, che è anche quello riconosciuto dalla comunità internazione. Ciascuno dei due governi ha poi, al suo interno, oppositori di vario genere, gente che per i propri fini osteggia una pacificazione e un’intesa generale. Pensi che a Roma, dove si sono visti seduti uno accanto all’altro i rappresentanti di paesi che in genere si combattono per procura (un grande successo della diplomazia italiana), sono venuti da Tripoli e da Tobruk solo i vice dei rispettivi parlamenti e governi, di nome Shoeib e Makzoum. I presidenti dei due organismi sono infatti degli estremisti che non vogliono sottoporre ai due parlamenti l’accordo di coesione nazionale. E anzi hanno sottoscritto nei giorni scorsi una loro intesa contro le interferenze straniere.
• Che cosa dice questo accordo?
Il piano è stato preparato da Martin Kobler, inviato speciale dell’Onu per la Libia. Ricalca quello preparato a suo tempo da Bernardino Léon, il tipo che mediava in Libia con un contratto da 50 mila euro al mese offertogli dal Qatar. Prevede la creazione entro 40 giorni di un governo di unità nazionale, che chiederà poi all’estero finanziamenti e presidi militari. Questo governo dovrebbe essere nominato da un consiglio presidenziale che sceglierebbe anche le persone da mettere a capo della banca centrale libice e dll’ente petrolifero nazionale. Il piano è stato firmato da ministri e inviati di 17 paesi e di 4 organizzazioni internazionali, tra cui l’Unione europea e la Lega araba. Le firme decisive, domani, dovrebbero essere più di duecento. Ma ci sarà ancora, in Libia, chi vorrà remare contro.
• E francesi e inglesi? Quelli che hanno voluto a tutti i costi bombardare Gheddafi?
Uno degli effetti dell’accordo, se andrà in porto, è che i pruriti militaristi di questi due paesi si dovranno necessariamente placare. Nuovi interventi militari in Libia, effetto di decisioni unilaterali di paesi europei, avrebbero definitivamente fatto della Libia una nuova Siria e creato mille altri gruppi jihadisti. La linea italiana, più responsabile e appoggiata in toto dagli Stati Uniti, per ora ha vinto: contrastare l’Isis e i movimenti terroristici; riportare pace e sicurezza in Libia, ma anche in Siria, Iraq e Yemen; consolidare i paesi dell’area e coinvolgerli nella ricostruzione.
• A che punto è arrivato il Califfo in Libia?
Da Sirte ha di recente tentato qualche incursione verso est e verso ovest, in direzione di Agedabia e Sabrata. Sabrata è la più importante città fenicia posseduta dai romani e per qualche ora s’è temuto che qui si ripetesse lo scempio di Palmira. Ma i terroristi, arrivati con una trentina di pick-up sventolanti bandiere nere, si sono limitati a protestare per l’arresto da parte della milizia locale di un paio di loro militanti. E subito dopo si sono ritirati. Un’azione dimostrativa, che però aumenta l’inquietudine generale.
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