Corriere della Sera, 15 dicembre 2015
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Frau Merkel non è sostituibile dice Frau Merkel al congresso della Cdu in corso
L’alternativa ad Angela Merkel è Angela Merkel. Questo è il primo messaggio che ieri il congresso della Cdu in corso a Karlsruhe ha mandato alla politica tedesca ed europea. Il secondo, esplicitato da lei stessa, è un invito all’Europa perché tenga aperte le frontiere senza se e senza ma. Risultato: quello che molti ritenevano il giorno della verità, la prova del fuoco per Frau Merkel – nelle settimane scorse criticata anche nel suo partito per eccesso di apertura ai profughi —, è stato un trionfo personale. Una dimostrazione di bravura politica e di abilità nel gestire il potere. La crisi dei rifugiati resta. La Germania limiterà il loro numero in entrata. Ma Berlino non stabilirà alcun tetto agli ingressi.
La cancelliera era più che cosciente del passaggio politico che la aspettava quando è salita al podio davanti a mille delegati cristiano-democratici dubbiosi e spesso critici sulla politica di asilo aperto (moderatamente). Aveva ben presenti i commenti di chi parlava del suo improvviso declino, nel Paese e nel partito. Ha dunque prodotto uno dei migliori discorsi della sua carriera. Forte, ad alta emotività. Per gli iscritti alla Cdu, anche per i ribelli, è stato impossibile non interromperla in continuazione per applaudire. Su un’ora e 13 minuti di discorso, un venti per cento è stato occupato dagli applausi, in più l’ovazione finale di quasi dieci minuti interrotta da lei stessa.
Ha in sostanza messo l’intera Cdu di fronte a quello che tutti sanno: che al momento Frau Merkel non è sostituibile. E ha bruciato ogni possibilità di ribellione. Anche la cosiddetta Dichiarazione di Karlsruhe, un compromesso interno ma sulle sue linee di fondo, è stata un modo per chiedere una verifica: votata a stragrande maggioranza. Ha costretto a scegliere tra lei e niente.
Merkel ha concesso ai critici la necessità di ridurre il numero di richiedenti asilo in Germania. Ha promesso che verrà ridimensionato significativamente, un po’ grazie all’accordo con la Turchia per trattenerli, un po’ per i maggiori controlli alle frontiere esterne della Ue, un po’ grazie agli hotspot in Italia e Grecia. Vedremo. Ma per il resto è rimasta ferma sulla linea di apertura annunciata a inizio settembre, nonostante le critiche interne alla Cdu e il calo di popolarità nei sondaggi. «Ce la facciamo», ha ribadito con quello che è ormai un mantra.
Il suo discorso è iniziato con l’elenco di cosa è stato il 2015, «anno incredibile»: Charlie Hebdo, la crisi ucraina, le manifestazioni anti-immigrati in Germania, la lunga vicenda greca, la tragica notte di Parigi e il flusso dei rifugiati. Proprio su quest’ultimo ha centrato la parte forte del suo intervento. Citando il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, ha detto che per la Germania si tratta del «rendez-vous con la globalizzazione».
Ha poi sostenuto che la crisi dei rifugiati mette «i nostri valori europei alla prova più che mai, niente di meno che un imperativo morale». Una «prova storica» per l’intera Europa, rispetto alla quale c’è da aspettarsi «che la superi», magari come fa di solito all’ultimo minuto.
La vittoria non sarà storica, per Merkel. Tutto si brucia velocemente nei periodi di crisi. Il test vero, per la cancelliera, sarà ora riuscire a gestire la sua politica di asilo. Ieri, ha persino avuto un momento visionario quando ha parlato della Germania tra 25 anni, «aperta, curiosa, eccitante e sostenuta dalla sua forte identità» che verrebbe tradita se chiudesse le porte a chi ha bisogno d’aiuto. Scenario ambizioso, non da lei. Per avverarsi, l’integrazione dovrà però avvenire sul serio, l’impegno sarà enorme e le capacità politiche dovranno essere straordinarie. Per ora, la signora Merkel ha vinto, magari stravinto, un altro congresso, il suo quindicesimo da capo. Forse il congresso della vita. Ma solo un congresso.