La Stampa, 15 dicembre 2015
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Dobbiamo prendere le impronte ai migranti anche con la forza, ci ordina Bruxelles
Il ministero degli Interni ha disposto l’acquisto «con procedura di emergenza» delle macchine fotografiche necessarie per schedare i rifugiati, perché quelle che ci sono non bastano. Un ordine analogo è arrivato agli informatici, ai quali viene chiesto di modernizzare il software per dialogare con le banche dati comunitarie e identificare a dovere chi sbarca sulle coste della penisola.
Detenzioni più lungheAnche così Roma cerca di rispondere al pressing ossessivo dell’Ue, che esige un’adeguata vigilanza sul fronte Sud e vuol vedere funzionanti i centri di accoglienza «hotspot». Nei quali, si sottolinea, dovrebbe essere anche consentito «l’uso della forza» per raccogliere le impronte e «trattenere più a lungo» chi si oppone all’applicazione delle legge sui migranti.È il momento della stretta e della massima pressione, fra le polemiche che non mancheranno. Oggi la Commissione Ue vara il piano per il sistema europeo di guardie di frontiere: mira a creare una forza di pronto intervento da 1500 unità a disposizione degli stati interessati da usufruirne in caso di emergenza. È un provvedimento voluto dai Paesi che lamentano i pochi risultati di Grecia e Italia nel vegliare sui confine mediterranei, condizione giudicata necessaria per avviare effettivamente la redistribuzione dai due porti di approdo. «Se uno stato non sa controllare le frontiere, l’Ue deve essere in grado di assumerne la responsabilità», attacca Manfred Weber, leader del Ppe all’Europarlamento, sintetizzando il pensiero tedesco. E non solo.In arrivo anche il primo rapporto-pagella sull’operato di Roma e Atene, dal quale emerge che i greci sono partiti dopo, ma hanno ottenuto risultati migliori. I testo è duro con l’Italia. A pagina 13 spicca la parata delle «n.a.» («non disponibile») che segnalano i numeri delle impronte prese nei nostri centri da inizio 2015: nessun dato mese dopo mese, è un’assenza che spiega la procedura avviata la scorsa settimana da Bruxelles per l’inadeguata azione di identificazione e fingerprinting. Il tutto, mentre Bruxelles sostiene che bisogna arrivare «al più presto» a registrare il 100 per cento degli sbarchi. Con le buone e con le meno buone, scrive in nero su bianco la Commissione.Arrivi in calo nel 2015Nel complesso il documento certifica che i flussi in arrivo verso l’Italia stanno calando, che in novembre gli arrivi sono stati 3.227, contro gli 8.528 di ottobre. «È occasione per mettere a posto la macchina della ricezione», nota la Commissione che invita a sfruttare la quiete invernale relativa. Qui si ricorda che un solo centro hotspot è aperto (Lampedusa), che due dovrebbero decollare «al più presto» e in dicembre (Porto Empedocle e Pozzallo), mentre altri tre «non saranno pronti prima del 2016». Consola che la capacità di accoglienza (98.314 posti) viene giudicata in linea con le esigenze, come la pattuglia di 165 agenti di Frontex che sta viaggiando da altre capitali per rinforzare i 65 già schierato lungo la penisola. Non lo è il numero dei riallocati. Siamo a un centinaio, sinora, su poco meno di 40 mila da «trattare» in due anni. Il piano di lavoro del ministro Alfano prevede che in dicembre ne partano 122 verso Spagna, Belgio e Francia. «Mancano i candidati», nota la Commissione, cioè i siriani. I rimpatri del 2015 sono stati 14.113. Non male. Ma, naturalmente, si può fare di più.