La Stampa, 15 dicembre 2015
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Il petrolio è sceso sotto i 35 dollari. Conseguenze
Il mini-petrolio non conosce limiti. Ieri il greggio «texano» Wti – i cui contratti sono scambiati al Nymex di New York – è sceso sotto la soglia dei 35 dollari al barile, ai minimi dal febbraio del 2009. Anche il Brent, il petrolio del Mare del Nord trattato a Londra, è sceso sotto i 37 dollari, poco distante dai 36,20 dollari del dicembre del 2008. Questa nuova ondata di ribassi – poi seguita da un mini rimbalzo- è ancora effetto dell’onda lunga causata dalla recente decisione dell’Opec di non tagliare una produzione di greggio che da ben 18 mesi supera il tetto di 30 milioni di barili. Un tetto che, a questo punto, sembra saltato definitivamente. Ma c’è dell’altro.Effetto IranIn una congiuntura che vede un rallentamento della crescita della domanda mondiale, pesa anche il ritorno sulla scena dell’Iran non facilita il quadro. Teheran ha deciso, come previsto, di aumentare le esportazioni di greggio. «Non c’è alcuna possibilità» che Teheran rinvii il suo piano, ha detto il vice ministro del petrolio iraniano Amir Hossein Zamaninia, secondo quanto riferito da Bloomberg. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia(Aie), le scorte di greggio aumenteranno probabilmente di 300 milioni di barili quando l’Iran aumenterà le esportazioni. Non ci voleva: nel suo ultimo rapporto l’Opec nei giorni scorsi già stimava per il 2016 – a produzione immutata – surplus produttivi da 860 mila barili al giorno. La situazione per i signori del petrolio non potrà che peggiorare.L’incognita libicaNon c’è solo l’Iran. Ad abbattere i prezzi sono anche le produzioni record registrate in Iraq e in Arabia Saudita. All’orizzonte si profila un’incognita ancora maggiore per quello che un tempo era l’oro nero. Un nuovo «cessate il fuoco» in Libia avrebbe un effetto difficilmente ponderabile sui prezzi, sostengono diversi osservatori del mercato. A pesare è anche il dibattito negli Stati Uniti sulla possibile rimozione del divieto di esportare petrolio: se il divieto sarà rimosso, e un accordo sarebbe vicino, sul mercato arriveranno altri migliaia di barili al giorno alimentando la corsa al ribasso dei prezzi.«L’odore della paura»Un greggio che si presenta «sotto di 10 dollari rispetto a un mese fa, con un calo significativo», come afferma Ryan Larson, di Rbc Global Asset Management, rende i mercati nervosi. «L’anno si sta chiudendo su una nota non piacevole. L’odore della paura è tornato nell’aria» mette in evidenza David Hufton di Pvm, sottolineando come l’Opec abbia smorzato ogni speranza sui prezzi, ora in caduta libera. Gli effetti si sono visti sulle Borse del Vecchio Continente, in rosso con Milano maglia nera (-2,42% il Ftse Mib). Sull’umor nero del mercato pesa anche l’incertezza sulle decisioni della Fed americana. Gli analisti danno per scontato, domani, un aumento dei tassi, ma attendono con ansia di avere anticipazioni sulle mosse di politica monetaria del 2016.