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 2015  dicembre 15 Martedì calendario

Università, gli studenti preferiscono Fisica e Biologia

 
Lauree scientifiche per la prima volta in cima alle preferenze delle matricole. E studenti del Nord che superano i meridionali. Cambia la geografia dei giovani che scelgono di proseguire gli studi dopo le scuole superiori e cadono anche una serie di luoghi comuni, come quello che vedeva i ragazzi del Mezzogiorno più orientati verso lo studio universitario.
Crisi economica e disoccupazione giovanile da record hanno profondamente trasformato, nel giro di dieci anni, l’identikit dei nuovi iscritti agli atenei italiani. Che, dal 2004/2005 al 2014/2015, sono passati da 335mila a 270mila. Ma il crollo (-19%) ha colpito in modo diverso ambiti disciplinari e aree del Paese.
Il record di matricole che dieci anni fa affollavano le aule di Giurisprudenza, Scienze politiche, Economia, Psicologia e Scienze della comunicazione (per citare i corsi più frequentati dell’area sociale) è solo un ricordo: in appena due lustri sono diminuite dal 41 al 34%. Mentre i futuri ingegneri e laureati in Matematica, Fisica, Chimica e Scienze biologiche sono schizzati dal 27 al 34% realizzando un inedito sorpasso, seppure per poche decine di unità. Stabili le immatricolazioni per i corsi dell’area sanitaria (Medicina, Odontoiatria, Veterinaria e Professioni sanitarie) e umanistica: Lettere, Storia, Filosofia. Secondo Gaetano Manfredi, presidente della Crui, la Conferenza dei rettori d’Italia, il boom di accessi alle facoltà scientifiche rispecchia «un trend internazionale: è il settore scientifico-tecnologico quello che dà più opportunità di lavoro».
Nel terremoto che ha cancellato in un decennio un numero di aspiranti dottori pari alla popolazione di una città di piccole dimensioni, a pagare il prezzo maggiore sono stati i giovani meridionali, sorpassati da ragazzi e ragazze residenti al Nord, che è per la prima volta in testa alle immatricolazioni con quasi 109mila iscritti. «C’è un problema di politiche per il diritto allo studioÈ, argomenta Manfredi. «Ma anche una percezione, a mio avviso falsa, dell’utilità della laurea, soprattutto al Sud, dove molte famiglie hanno abbandonato l’idea che l’università possa creare opportunità di lavoro». «In Italia Ñ rilancia Domenico Pantaleo, a capo della Flc Cgil Ñ il diritto allo studio è solo sulla carta: basti pensare alle migliaia di studenti che restano senza borsa di studio pur avendone diritto». E «gli atenei meridionali, meno capaci di attrarre finanziamenti, sono ulteriormente penalizzati dal meccanismo dei punti-organico messo in piedi dalla Gelmini per il turn-over».
Dai dati del Miur emerge anche che si è inceppato il cosiddetto “ascensore sociale”, che per decenni ha consentito ai figli di operai e impiegati di aspirare a un lavoro migliore di quello dei genitori. In dieci anni, la quota di matricole con un diploma tecnico o professionale si è quasi dimezzata, passando dal 42 al 27 per cento. Anche su questo il presidente della Crui è netto: «Rischiamo di riproporre un modello d’istruzione vecchio di sessant’anni e di creare una grave ingiustizia sociale». Per Jacopo Dionisio, portavoce dell’Unione degli universitari, «i fattori socio- culturali di partenza sono sempre più determinanti nella carriera formativa di uno studente». A provarlo, osserva l’esponente dell’Udu, anche la sparizione quasi completa delle matricole over 30, passate dal 9,6 al 2,6% nell’ultimo decennio. «Questo dato testimonia che si è persa la percezione del titolo di laurea come strumento di mobilità sociale». Aumentano gli studenti extracomunitari e le donne, che ormai superano i colleghi maschi di oltre 10 punti percentuali.