il Fatto Quotidiano, 15 dicembre 2015
Processo acque Ciappazzi, pene ridotte in appello per Geronzi (quattro anni e sei mesi) e Matteo Arpe (tre anni e sei mesi)
Quattro anni e sei mesi per Cesare Geronzi, ex presidente di Banca di Roma-Capitalia; tre anni e sei mesi all’ex dg Capitalia Matteo Arpe. Sono le pene, riviste al ribasso, rideterminate dalla Corte di appello di Bologna nel nuovo giudizio di secondo grado sulla vendita delle acque Ciappazzi, filone nato dall’inchiesta sul crac Parmalat del 2003. Un anno fa la Cassazione aveva disposto di rideterminare le pene per la prescrizione e la riqualificazione di alcuni reati.
Al centro del processo c’era l’affare Ciappazzi, combinato, secondo l’accusa, tra il gruppo Ciarrapico e la Parmalat di Calisto Tanzi su pressione illecita di Cesare Geronzi che, nel 2002, era il numero uno del gruppo bancario romano. Tanzi avrebbe acquistato la società di acque minerali (in uno stato di completo sfacelo) a un prezzo gonfiato per ottenere poi dal gruppo Capitalia un finanziamento da 50 milioni, che sarebbe servito a tenere a galla il settore turismo della Parmalat.
La banca avrebbe consentito al gruppo Ciarrapico di incamerare i soldi della vendita e di conseguenza far rientrare in Banca di Roma (poi Capitalia) i fondi di un finanziamento concesso anni prima.