Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
A Palermo, secondo la topografia del ministero dell’Interno, esistono 15 mandamenti mafiosi controllati da 78 famiglie sparpagliate nelle varie San Lorenzo, Resuttana, Boccadifalco, Noce, Pagliarelli eccetera eccetera. Ieri, con un’operazione notevole per quantità, 95 di questi famigli che tengono in pugno la città, appartenenti in gran parte all’area occidentale di Palermo (San Lorenzo e Resuttana, specialmente, insomma la zona che sta tra viale Strasburgo e l’Arenella), sono finiti dentro per mano di carabinieri, polizia e guardia di finanza. L’accusa: associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento eccetera eccetera. La Divisione Distrettuale Antimafia (Dda), che ha coordinato le indagini e l’operazione, ha identificato capi e gregari e ricostruito l’organigramma dei due mandamenti. Sequestrati anche beni per parecchi milioni. L’operazione è stata battezzata "Apocalisse". L’operazione preferita dai soggetti finiti dentro era l’estorsione: gli inquirenti ne hanno ricostruite 34, grazie soprattutto al coraggio dell’imprenditore che nell’ex fabbrica della Coca Cola sta realizzando la più grande multisala della Sicilia e che, unico, ha respinto la minaccia e denunciato alla magistratura i malavitosi che gli erano andati sotto. Fra le prepotenze commesse dai clan, quella di imporre a certe macellerie l’acquisto di carne fornita da amici degli amici, priva di qualunque controllo o certificato di qualità. Fra quelle di maggior peso, il tentativo di un politico locale, di nome Pietro Franzetti, che nel 2012 tentò di farsi eleggere in consiglio comunale comprando 1.500 voti per 10.000 euro (ne ebbe poi solo 308, sicché da corruttore si trovò truffato). L’arresto di Franzetti, innocente comunque fino a sentenza, ha destato sensazione: l’uomo faceva campagna elettorale proprio scagliandosi contro il racket.
• Qual è il nome di maggior spicco?
Girolamo Biondino, 65 anni, fratello del Salvatore che faceva l’autista a Totò Riina. Spiegano in polizia che Biondino si sforzava di non farsi notare: andava in giro in autobus, evitava pranzi e feste, faceva vita da pensionato. Però, secondo i magistrati, era lui a comandare a San Lorenzo, è stato lui a organizzare la riscossione del pizzo ai negozi di viale Strasburgo e ai cantieri edili impegnati nella ristrutturazione di alcuni edifici. Negli ultimi 18 mesi, sono stati scarcerati 36 mafiosi di primo piano del gotha di Cosa nostra, e tra questi c’era anche Biondino. Fra loro, anche un rampollo di mafia, appartenente alla storica famiglia dell’Acquasanta, Vito Galatolo. Il boss, al soggiorno obbligato a Mestre, si faceva portare il pesce dalla Sicilia. Un altro nome da raccontare è quello di Domenico Palazzotto, 29 anni.
• Perché?
C’è un’intercettazione in cui lo si sente dire: «Il centenario stiamo facendo». Sembra incredibile, ma si riferisce all’assassinio di Joe Petrosino, nel marzo del 1909: «Lo zio di mio padre si chiamava Paolo Palazzotto, ha fatto l’omicidio del primo poliziotto ucciso a Palermo. Lo ha ammazzato lui Joe Petrosino, per conto di Cascio Ferro». Joe Petrosino era un italoamericano, prima spazzino, poi ingaggiato dalla polizia di New York soprattutto perché sapeva l’italiano. Poliziotto formidabile, in realtà, capitato in Italia per indagare sui legami della Mano Nera Usa con la Sicilia. Lo ammazzarono con quattro colpi al giardino Garibaldi in piazza Marina. Il nome del mandante, Vito Cascio Ferro, più o meno si sapeva. Quello dell’assassino materiale invece lo abbiamo sentito per la prima volta ieri.
• Questo Palazzotto è un pesce grosso o un pezzo piccolo?
Un pescetto. Un pesce un po’ più grande è suo cugino Gregorio, che adesso sta in galera e che metteva su Facebook sue foto con la moglie accompagnate da scritte anti-pentiti: «Meglio perdere la libertà che l’onore e la dignità», «Apriamo questi cancelli amnistiaaa» (con la foto di un carcere), «Non fanno paura le manette, ma chi per aprirle si mette a cantare».
• Tutta questa operazione mi lascia perplesso per questo: sapevo che la mafia era stata praticamente sgominata, che i peggiori erano a questo punto i calabresi o i camorristi.
La mafia esiste, magari non è più potente come prima, ma continua a esistere. È che molti affari si sono trasferiti fuori Palermo e anche fuori dall’Italia. Resta un pezzo notevole della criminalità organizzata, che fatturerebbe secondo gli ultimi dati tra i 140 e i 180 miliardi l’anno.
• Finché non prendono Messina Denaro, però, non si potrà considerare battuta.
A Messina Denaro, che è latitante da vent’anni e s’aggira dalle parti della sua Castelvetrano, la polizia ha ricostruito da pochi mesi la vera faccia. Potrebbe essere la premessa della cattura.
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