Alessandro Fasola, Focus 7/2014, 24 giugno 2014
PROVE DI FUTURO IN AUTOGRILL
Se all’estero chiedete di un autogrill, intendendo una stazione di ristoro autostradale, probabilmente nessuno vi capirà. Quella che sembra una parola straniera è infatti un italianissimo inglesismo coniato all’inizio degli anni Cinquanta dall’imprenditore Mario Pavesi (e registrato come marchio nel 1959) per battezzare la nuova tipologia di bar e ristoranti autostradali che lui stesso aveva lanciato in Italia, gli “auto-grillroom”, ovvero le rosticcerie per automobilisti. Una storia iniziata nel nostro Paese nel 1947 con l’apertura, nei pressi del casello di Novara, della “stazione di ristoro del biscottificio Pavesi”, spaccio aziendale per la vendita di prodotti dolciari.
Fino ad allora, chi affrontava un viaggio sulla primordiale rete nazionale di strade veloci (circa 500 km a fronte degli attuali 6.775) doveva portarsi panini e bevande da casa. A volere la costruzione del chiosco di Novara fu proprio Pavesi, fondatore dell’omonima azienda. Quella pionieristica esperienza rimase un fatto isolato fino al 1955, quando a Bergamo venne inaugurato il primo autogrill vero e proprio, che serviva pasti completi e offriva un’esperienza “all’americana”, sinonimo (a quei tempi) di benessere e felicità: ambienti moderni in cui mangiare secondo menù fissi, studiati da esperti nutrizionisti.
DESIGN ON THE ROAD. Era l’inizio del boom economico, con la motorizzazione di massa, il Carosello e lo slancio tecnologico. Nel 1958 apre il secondo autogrill, il Pavesi di Lainate, concepito per diventare il simbolo della nuova era. L’architetto Angelo Bianchetti gli diede la forma di un padiglione circolare sormontato da un avveniristico tripode di archi metallici, che qualcuno scambiò per una rampa per il lancio di missili. Una struttura singolare che attirò i clienti, catalizzò l’attenzione mediatica (tanto da essere pubblicata sulle pagine della rivista americana Life) e sancì l’inizio del grande successo della ristorazione on the road italiana.
Oltre alla Pavesi anche Alemagna e Motta cominciarono ad aprire propri “autobar” e “mottagrill”: il primo, nel 1960, fu il Somaglia Ovest vicino a Piacenza. Si sperimentarono anche soluzioni innovative come gli edifici a ponte, che consentivano l’accesso da entrambe le corsie di marcia. Un business nuovo che diede vita a un colosso con la fusione dei tre principali operatori del settore nel 1977.
SALUTI DA... A metà degli anni Sessanta il reddito nazionale era praticamente raddoppiato rispetto al decennio precedente: gli italiani scoprivano il benessere e consumavano, comprando elettrodomestici e viaggiando. Gli autogrill rappresentavano gli avamposti della vita moderna, raffigurati sulle cartoline postali (inviare “Saluti da Cantagallo” era quasi un obbligo per le famiglie milanesi dirette verso sud) e scelti persino per ospitare banchetti nuziali. Nel 1974 ce n’erano 261, da Trieste a Ventimiglia, da Bolzano a Reggio Calabria. Luoghi dall’atmosfera così particolare da ispirare, nel 1983, anche una canzone di Francesco Guccini: “La ragazza dietro al banco mescolava birra chiara e Sevenup/e il sorriso da fossette e denti era da pubblicità/come i visi alle pareti di quel piccolo autogrill/mentre i sogni miei segreti li rombavano via i Tir...”.
BUSINESS GLOBALE. Oggi Autogrill è una società che ha affiancato alla gestione di oltre il 50% dei punti di ristoro autostradali italiani (il restante è in mano prevalentemente a Chef Express, Sarni e My Chef) un business globale: è il primo operatore nella ristorazione da viaggio del mondo, con oltre 4.500 punti vendita (ora anche in stazioni, aeroporti, centri commerciali e musei) sparsi in 30 nazioni, ma mantiene lo spirito innovativo e il design di avanguardia come in quei primi locali degli Anni ’50.
Per scoprirlo basta fare uno stop a Lainate. Il Comune a nord-ovest di Milano, a due passi dall’area in cui sta sorgendo Expo 2015, ha ospitato il Pavesi disegnato da Angelo Bianchetti. Ancor prima, il 21 settembre 1924, re Vittorio Emanuele III proprio qui inaugurava il primo tratto autostradale italiano, la A8, progettato dal conte-ingegnere Piero Puricelli. Compie ora un anno Villoresi Est, l’autogrill al nono chilometro della A8, che rappresenta un’eccellenza italiana in materia di sostenibilità ambientale.
ECOLOGIA A BORDO STRADA. Dalle piastre per scaldare i panini alle toilette, passando per i frigoriferi e le fonti energetiche, quasi tutte le componenti di un autogrill tradizionale sono state aggiornate per minimizzare l’impatto ecologico e garantire una migliore accessibilità per tutte le tipologie di clienti. Dietro a quello che si autodefinisce “l’autogrill del futuro” c’è un progetto complesso, in cui basso impatto ambientale e massima fruibilità sono certificati da organismi indipendenti. Il progetto è partito nel 2007 con l’idea di realizzare un flagship stare (letteralmente, una “nave portabandiera”, in gergo un punto vendita modello) per rivoluzionare il concetto di sosta autostradale.
Da edificio energivoro a struttura ecosostenibile, da luogo di transito a possibile destinazione, da luogo ideato per un astratto automobilista standard a sistema che va incontro alle esigenze diversificate di una clientela multiforme: bambini, mamme, camionisti, uomini d’affari, persone di statura bassa o di corporatura importante, non vedenti, gente che va di fretta o che invece può prendersela con calma. E anche, perché no, cani.
COME UN VULCANO. Il nuovo edificio, che sostituisce un anonimo autobar, ha la forma di un cono irregolare – o, più correttamente, un “iperboloide”, il solido che nasce dallo sviluppo tridimensionale di un’iperbole – realizzato con una struttura di legno e una copertura di metallo che si estende fino a coprire le pensiline d’accesso, grigia di giorno e illuminata di rosso fuoco dopo il tramonto.
L’effetto visivo di grande impatto nasconde la prima sorpresa. «Grazie all’utilizzo di luci a led, per illuminare i 5.000 m² di copertura servono solo 1,5 kWh. Più o meno quanto consuma un aspirapolvere» rivela Gianluca Metti, Engineering Manager F&B Europe di Autogrill, che ha coordinato il progetto e i team di professionisti coinvolti.
Il legame con i vulcani non è solo nella forma, ma anche funzionale. «L’edificio durante l’inverno “pesca” dalla terra parte dell’energia necessaria al riscaldamento degli ambienti, attraverso un sistema di 420 sonde che penetrano nel terreno fino a circa 25 metri.
Si chiama geotermia, funziona sfruttando la differenza di temperatura tra sottosuolo e superficie, ed è una fonte energetica pulita e rinnovabile, impiegata in molte nuove costruzioni. Combinando le sonde e un “tetto captante”, sotto cui scorre una rete di tubazioni, l’edificio assorbe in estate calore e restituisce al terreno il quantitativo termico prelevato durante la stagione invernale. Tradotto in numeri, si risparmia il 45% di elettricità rispetto a una stazione di servizio tradizionale, circa 280.000 kWh all’anno. Per fare un paragone, all’incirca il consumo medio annuo di 45 famiglie» spiega Metti.
SERVIZI DIVERSI. Appena superate le porte di ingresso c’è un banco concierge con informazioni pratiche e turistiche, come negli hotel; procedendo sembra di essere in un terminal d’aeroporto, uno spazio fluido in cui ci si muove liberamente tra diverse aree dedicate alla ristorazione (ce ne sono 4) o allo shopping. L’impostazione del piano terra dell’edificio – circa 2.500 m² – è lontana da quella tradizionale: basta con i percorsi determinati che obbligano a fare slalom tra cestoni di maialini in plastica, cibo regionale e cumuli di libri da top ten.
Sorprese anche nei bagni. Per famiglie (con fasciatoi a disposizione anche dei papà), di taglia XL per le persone più robuste, con docce e lavatrici per i camionisti. La novità tecnologica è nello sciacquone: l’acqua è riciclata dalla pioggia o pescata dalla falda. «È usata anche per climatizzazione, irrigazione e impianti antincendio. Così risparmiamo circa 25.550 m³ di acqua potabile l’anno, abbassando l’impatto ambientale del 30%» spiega Metti.
Anche per questo Villoresi Est è stato recentemente premiato come “Best store” nell’ambito degli “Innov@Retail Award” assegnati da Il Sole240re e Accenture. Ma l’autogrill 2.0 non sarà un esempio isolato. Spiega Metti: «Per noi è la punta di diamante di A-Future, progetto che Autogrill porta avanti dal 2007».
Le soluzioni messe a punto nell’autogrill laboratorio di Villoresi Est stanno dando risultati al di sopra delle attese, tanto che l’investimento si ripagherà più in fretta del previsto e potrà essere replicato altrove.
Alessandro Fasola