24 giugno 2014
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Biografia di Vito Cascio Ferro
Sambuca Zambut 22 gennaio 1862 – Pozzuoli, 1943. «Semi-analfabeta senza blasone, figlio di quell’Accursio Cascio Ferro, palermitano di Ballarò, campiere dell’ex feudo di Santa Maria del Bosco dei baroni Inglese, e di Santa Ippolito, originaria di Sambuca “Zabut”». Capo della Mano nera. Definito da Michele Pantaleone il «vero capo della mafia siciliana»; descritto sul taccuino del tenente Joe Petrosino «temibile criminale».
• Tra il 1892 e il 1894, aveva diretto il Fascio contadino di Bisacquino ma già nel 1898, Vito Cascio Ferro i suoi amici non erano più i contadini, ma certi personaggi della mafia, con i quali aveva messo su una flottiglia di pescherecci per lo smercio in Tunisia del bestiame rubato in Sicilia.
• Era alto, barba ben curata, piacente. Vestiva elegante e fumava in pipe. Era sposato la maestra elementare Brigida Giaccone, una donna perbene. Più tardi avrà un figlio da un’amante che aveva assunto per accudire la moglie che era diventata paralitica.
• Il 13 giugno 1898 rapì a Palermo la baronessina Clorinda Peritelli di Valpetroso, di 19 anni. Il giorno dopo venne liberata dopo il pagamento del riscatto. Ma Vito Cascio Ferro, Girolamo Campisi, Giusto Picone, Antonio Enea, Pietro Di Benedetto, Valentino Di Leo e Lucrezia Zerbo furono riconosciuti dalla giovane e subito don Vito dichiarò che fu «ratto d’amore». La versione fu accettata e don Vito subì una condanna a soli tre anni, completamente condonata.
• Nel 1901 lasciò la Siciloa per gli Stati Uniti d’America dove gestiva il business «carte false» (falsificava denaro e certificati di naturalizzazione).
• Per sfuggire all’accusa di complicità di omicidio per il Delitto del barile mossa dal Tenente Joe Petrosino Cascio Ferro ritorna in Sicilia il 28 settembre 1904.
• Nel 1909 è tra i primi sospettati per l’omicidio di Joe Petrosino ma al processo viene prosciolto (assieme a Paolo Palazzotto e a altri 13 mafiosi). «In nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele III e per grazia di Dio e per volontà della Nazione furono tutti assolti» (Attilio Bolzoni) [Rep 24/6/2014]
• Intanto sempre nel 1909 in America venivano arrestati, dal nuovo capo della polizia Baker e dal vicecommissario Flynn, Morello (25 anni ma uscirà dopo dieci) e Ignazio Lupo (30) per altri fatti (tra cui la falsificazione di banconote). E siccome a farli arrestare fu proprio il tradimento da parte della mafia Morello decide di parlare e nel marzo del 1911 confessò che Passananti e Costantino si dicevano sicuri che Petrosino fosse in Sicilia per loro così si rivolsero a Cascio Ferro che architettò l’omicidio. Don Vito avrebbe fatto avvicinare il tenente da falsi confidenti, promettendogli la sua collaborazione. Secondo Morello Petrosino quella sera aveva appuntamento proprio con Cascio Ferro e sempre secondo il pentito era stato lui personalmente a ucciderlo.
• «Prosciolto dall’accusa di avere ucciso Petrosino, Vito Cascio Ferro riprese indisturbato l’attività. La sua carriera fu splendida e diventò il più grande capo che la mafia abbia mai avuto. Ancora oggi, in Sicilia, il suo nome è famoso. Per circa quindici anni, egli governò la parte occidentale dell’isola senza incontrare il minimo ostacolo. Egli portò l’organizzazione ai massimi fastigi. Giunse a costituire una flottiglia di pescherecci per poter tranquillamente avviare sui mercati africani il bestiame rubato (…).
Quegli anni fortunati finirono però intorno al 1923. È di quell’anno la seguente segnalazione del sottoprefetto di Corleone al ministro dell’Interno: «È uno dei peggiori pregiudicati. Capacissimo di commettere ogni delitto. La gente onesta ne ha un sacro terrore. Reso forte dal fatto che sta a capo di una potente associazione delittuosa pronta a difenderlo in tutti i modi, si è dato al crimine con tutta dedizione. Io lo denunzio per il provvedimento dell’ammonizione. Purtroppo, a causa della triste piaga dell’omertà, nessuna persona, sia pure la più onesta e coraggiosa, verrà a deporre contro di lui. Una potente organizzazione criminale agisce dietro di lui ed è pronta a difenderlo, per cui niuno oserà mettersi nel rischio di buscarsi una fucilata per il gusto di testimoniare coscienziosamente...».
• Nel 1925, Vito Cascio Ferro fu arrestato quale mandante dell’assassinio di Francesco Falconieri e di Gioacchino Lo Voi, due che si erano ribellati alle imposizioni della mafia.
• La Corte lo condannò, il 6 giugno 1930, all’ergastolo con nove anni di segregazione cellulare. Arrigo Petacco: «Vito Cascio Ferro, dal carcere dove è stato condannato all’ergastolo grazie al prefetto Cesare Mori, confessa: “In tutta la mia vita ho ucciso una sola persona e feci questo disinteressatamente. Petrosino era un avversario coraggioso, non meritava una morte infame sotto i colpi di un sicario qualunque”. Cascio Ferro morirà di sete e di fame un’estate tra il 1942 e il 1945, rimasto unico detenuto dimenticato del penitenziario sgomberato a causa dei bombardamenti. [Leggi in Joe Petrosino Che fine hanno fatto i 15 personaggi denunciati da Ceola].
• Si dice che nella sua cella avesse scritto con la punta di un chiodo: «II carcere, la malattia e la povertà rivelano il cuore del vero amico» [Petacco, 2001].