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 2014  giugno 24 Martedì calendario

LA TELEFONATA DELLA SVOLTA “CARO MISTER 40%...”


È il colloquio della svolta, i due se ne rendono conto e Angela Merkel corona la sua proverbiale simpatia per Matteo Renzi, rivolgendosi a lui con parole scherzose: «Caro mister 40 per cento....». È il 17 giugno e il giro di boa dell’ Unione è iniziato quel giorno: Renzi è seduto nel seicentesco studio di Palazzo Chigi, mentre la cancelliera è nel suo luminoso ufficio al settimo piano della Bundeskanzler.
Parlandosi per telefono, i due affrontano senza ipocrisie tutte le questioni dirimenti: crescita e rigore, Fiscal compact, nomine. Parlano e su quasi tutto trovano un’intesa. La Merkel dà il via libera definitivo al “metodo Renzi”: prima la politica poi le nomine, il Fiscal compact non si tocca ma se ne dovranno sfruttare tutte le flessibilità. Una svolta che è assolutamente prematuro definire storica, ma che ieri è stata formalizzata a Berlino dalla portavoce della Merkel.
E nel colloquio del 17 giugno si discute senza perifrasi di nomi. Renzi dice che Jean-Claude Juncker come presidente della Commissione va bene, va bene anche Martin Schulz al Parlamento europeo, ma proprio perché si tratta di due personalità collaudate, bisogna bilanciarle con segnali forti di novità, in termini di immagine e di presenza femminile. È a questo punto del colloquio che Matteo Renzi cala il nome di Federica Mogherini, «il nostro ministro degli Esteri, come possibile Alto Commissario per la politica estera», caldeggiando una candidatura femminile anche per la presidenza del Consiglio europeo, visto che per la presidenza dell’Eurogruppo il Ppe e la Merkel vedono bene il ministro spagnolo dell’Economia. Angela Merkel annuisce, prende nota, non dice di no, col sottinteso che a Berlino la candidatura di Federica Mogherini viene considerata plausibile e condivisibile. Un placet che risale a una settimana fa, condiviso dal Pse, negato fino a ieri dal governo, ma ovviamente da incrociare con i desiderata e i veti tipici dei rush finali di una trattativa così complessa. Certo, il via libera di Berlino alla Mogherini è un tassello prezioso per il premier italiano, affezionato alle “botte” di immagine e, nelle nomine, attento talora all’effetto che fanno, ancor prima che alla competenza dei suoi candidati. Ma se il Consiglio europeo del 26 e 27 dovesse concludersi con la formale e solenne inversione nell’ordine dei fattori - prima la crescita e poi il rigore - e con la Mogherini responsabile della politica estera dell’Ue, a quel punto diventerebbe più plausibile lo scenario disegnato ieri dal Financial Times che individua in Angela Merkel e Matteo Renzi i due “player” della nuova Europa. E questa mattina il presidente del Consiglio intende consolidare questo successo internazionale con un discorso ambizioso: nelle comunicazioni alla Camera sul prossimo Consiglio europeo, Renzi indicherà un orizzonte arioso per il suo governo, parlando di «programma dei mille giorni». Come dire: il nostro obiettivo è quello di arrivare fino al 2018, concludendo la legislatura e riempiendola di riforme, destinate anche a “parlare” a Bruxelles e a Berlino.
Il presidente del Consiglio lo ha capito molto bene: ora tutti parlano di «flessibilità», ma la nuova parola magica che si aggira per l’Europa, in autunno può diventare più concreta per l’Italia soltanto se il governo riuscirà a far approvare alcune riforme strutturali - in primis Pa e mercato del lavoro - che diano il segno di un Paese che cambia per davvero verso. Da questo punto di vista restano sempre verdi le parole che la Merkel pronunciò il 17 marzo a Berlino a Renzi, fresco presidente del Consiglio: a noi non interessa lo 0,1 in più o in meno, ma la tendenza, il cambio di passo e di direzione dell’Italia. E in effetti il colloquio del 17 giugno è stato il punto di arrivo di un rapporto, quello tra Merkel e Renzi, che si è andato consolidando, sulla scia di un’intuizione iniziale della Cancelliera, sensibile a queste premonizioni da talent scout: nel luglio del 2013, quando Renzi era ancora sindaco di Firenze, la cancelliera lo volle conoscere. L’incontro che per qualche giorno restò riservato, ma la simpatia nata allora, non è più sfiorita.

Fabio Martini, La Stampa 24/6/2014