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 2014  giugno 24 Martedì calendario

IL DISNEY ITALIANO SALVATO DAL DUCE


L’alien del cinema anni Trenta è un bacillo. Minuscolo mutante dei primi cartoon italiani, definito via via bricconcello, terribile bastoncino, delinquente invisibile, viene rappresentato come larva incappucciata alla Ku Klux Klan, batuffolo spinato tutt’occhi e zampette ragnose o salamotto feroce, votato al destino già jacovittiano di finir dimezzato sul campo di battaglia. È il bacillo della tubercolosi, calamità della salute tra le due guerre, contro cui il fascismo lanciò una campagna di prevenzione.
Con una raccolta di fondi lanciata attraverso alcuni cortometraggi animati affidati alla matita e spesso alla regia del pioniere del cartoon made in Italy: Luigi Liberio Pensuti. Un personaggio unico, nel panorama culturale di quegli anni: un Walt Disney nostrano, un grande disegnatore amato e insieme odiato dal Duce, censurato ma in alcune occasioni (come questa) utilizzato dalla propaganda fascista. Un artista assolutamente da riscoprire: e allora è una buona notizia che i suoi cortometraggi sulla lotta alla tubercolosi — dispersi e dimenticati, in parte perduti — siano stati ora ritrovati dalla Cineteca di Milano e dall’Archivio del cinema d’impresa di Ivrea, che in collaborazione con l’Istituto Luce e il Cinema ritrovato di Bologna, li hanno restaurati, digitalizzati e pubblicati in un dvd. Presentato oggi alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro.
Reperti cinematografici preziosi che ci fanno conoscere meglio l’arte di Pensuti, scomparso a 42 anni nel 1945. Ma sarebbe errato concludere da quei cortometraggi appena riportati alla luce che tra l’artista e il fascismo ci fosse un’intesa anche ideologica: Pensuti perse il posto di direttore del reparto animazione all’Istituto Luce per il rifiuto a iscriversi al partito, e quindi di fatto era un nemico del fascismo. Eppure, malgrado la sua presenza nella lista nera dei non allineati al regime, fu avvicinato per la campagna antitubercolare dallo stesso Mussolini, che ne aveva apprezzato le doti cinematografiche in alcuni precedenti film — giudicati disfattisti dal MinCulPop e subito distrutti. Il Duce del resto era un appassionato di cartoon (anche internazionali, nonostante l’interdizione autarchica). E probabilmente era consapevole dell’alto grado di persuasione dei prodotti animati, capaci di catturare il pubblico di ogni età: non a caso, durante la guerra, Walt Disney reclutò Pippo e Paperino nelle parodie anti-naziste.
E che Pensuti fosse davvero “Liberio” (nome che s’era aggiunto per ribadire una vocazione
liberale e anarchica), nonostante le committenze di regime, lo certificherà lo spirito anticolonialista delle parodie realizzate alla Incom tra il 1940 e il 1942: Suez, Ahimé Selassié , sull’imperatore d’Etiopia, e soprattutto Il Dottor Churkill, un Dr Jekill/Mr Hyde con sigaro gigante, e Ahi Hitler!, sul führer che corteggia la Marianna francese suonando la fisarmonica con Mussolini. Un anno dopo, nel 1943, realizzò invece la meno eversiva sequenza di cartoon, sui disegni originali di Vamba, del Gian Burrasca del 1943 di Sergio Tofano, sceneggiato da Cesare Zavattini.
Il grande exploit, però, lo aveva avuto all’alba degli anni Trenta, dopo le esperienze in Francia con la compagnia di marionette dei Piccoli di Podrecca e con Camillo Mastrocinque e Mario Mattoli, futuri registi dei migliori Totò. È il momento del fecondo sodalizio a Roma con Trilussa, già sulla lista nera per il no alla dittatura che lo voleva poeta del regime. Con lo scrittore realizzò tra il 1928 e il 1931 otto favolette didattiche animate, oggi perdute, tra cui La morte der gatto, Er porco e er somaro, Le spighe e la rana, Er varieté e il fiero sequel di La vispa Teresa, giudicato dal Min-CulPop nocivo alla «sacralità della famiglia », osceno invito alla prostituzione. Sull’onda censoria, anche i film precedenti di Trilussa- Pensuti furono ritirati dal commercio e distrutti. Il bacillo dell’indipendenza di spirito aveva comunque fatto breccia: finirà per contaminare il giovane Rossellini, che alla Vispa Teresa dedicherà nel ‘39 il secondo dei suoi corti (fotografia di Mario Bava), e Mattoli nell’omonimo film del 1943 con Lilia Silvi, Antonio Gandusio, Tino Scotti.
Quanto al dvd sui corti della campagna anti-tibercolosi che viene presentato oggi a Pesaro, tra i sette titoli in menu (campionario della genialità artigianale delle origini, con effetti speciali tipo la lava del vulcano eruttata da polenta bollente o le dissolvenze d’albe, tramonti, burrasche ottenute con voltometri a manovella, che alzavano e abbassavano l’intensità della luce), almeno tre capolavori, pur tra gli obblighi didascalici e la retorica trionfalistica della propaganda: Il pericolo pubblico n. 1, (1938), primo viaggio del cinema dentro il corpo umano, con i bacilli di Koch in miniera nelle vie respiratorie; La taverna del tibiccì, (1935), con l’inevitabilmente eroico balilla, patriottico difensore dell’igiene, contro il minaccioso scheletro della tbc a cavallo d’un osseo ronzino; e, soprattutto, Crociata 9-00, marcia trionfale dell’armata di francobolli antitubercolari (con la doppia croce) in questua nazionale: «Nessun peculio, per quanto modesto, resiste all’appello».

Mario Serenellini, la Repubblica 24/6/2014