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 2014  giugno 24 Martedì calendario

«IO, ENRICO CUCCIA, VI RACCONTO LA MIA STORIA»

L’attesa sarà lunga. Almeno altri tre anni prima di sollevare il velo che, da sempre, tiene secretati i documenti di Mediobanca. Veri e propri X-Files sulla più importante merchant bank italiana e, soprattutto, sulle scelte, spesso controverse, del suo dominus, Enrico Cuccia. Esiste già un sito dedicato (www.archiviostoricomediobanca.mbres.it), ma manca ancora il «quinto bottone», quello che magicamente aprirà agli studiosi le segrete stanze e, forse, toglierà quell’alone di mistero che ha circondato fino alla morte, avvenuta nel 2000, il banchiere siciliano.
Simbolo di una riservatezza estrema, capace di tradurre in pratica il «mai spiegare, mai giustificare» del governatore della Bank of England, Montagu Norman (1871-1950), il fascino della figura di Cuccia sta nel suo potere in contrasto con una sobrietà francescana. Su di lui, tonnellate di carta: molte le chiavi di lettura, alcune non prive di qualche licenza poetica. Un pericolo che non corre certo questo «Promemoria di un banchiere d’affari»(Aragno Editore), curato a quattro mani da Sandro Gerbi, giornalista e scrittore, e da Giandomenico Piluso, professore all’Università di Siena e alla Bocconi.
Il focus è del tutto originale. Stavolta, è proprio Cuccia a parlare. Anzi, a scrivere. Per realizzare il progetto, i due autori hanno setacciato gli archivi di Bankitalia e di Intesa SanPaolo, portando alla luce relazioni scritte e promemoria, perlopiù inediti. Risalta subito, come ha ricordato ieri Gerbi, il profilo di un uomo «alla costante ricerca dell’autonomia», in modo da affrancarsi dagli altri poteri. «Leggendo i documenti - ha detto Alberto Nagel, ad di Mediobancami sono balzate all’attenzione tre caratteristiche di grande attualità per il banchiere d’affari: competenze tecniche, probità e indipendenza». Uno spirito insofferente ai lacci e lacciuoli che lo obbligava, però, a una «competenza tecnica su ogni argomento », ha spiegato Piluso. Detto, fatto. Seppur laureato in legge, il giovane Cuccia fa tesoro dell’insegnamento di Raffaele Mattioli, all’epoca potentissimo numero uno della Comit: «L’economia s’impara». Doti naturali d’apprendimento unite a un’innata scaltrezza. Per destreggiarsi ovunque. Così, assunto all’Iri e poi in Comit, eccolo inviare da Londra un rapporto sul mercato dei cambi, poi discettare sulla ristrutturazione dei debiti di guerra tedeschi e quindi precipitarsi in Etiopia per scoprire alcune irregolarità valutarie durante la gestione del viceré, Rodolfo Graziani. Altrettanto rari i documenti della seconda sezione, quella del Cuccia a via Filodrammatici. Lettere a Menichella, governatore di Bankitalia, la nostalgia per le banche miste espressa a Pasquale Saraceno (Iri), la proposta per la creazione di un fondo chiuso. Un materiale variegato che arriva fino alla deposizione per il crac Ferruzzi.
«Le Superbin, Ligresti e i Ferruzzi sono state le sconfitte di Cuccia», ha ricordato Piero Barucci, che fu ministro del Tesoro del governo Amato. «Inenarrabile ciò che Cuccia fece per quel governo. Senza farci pagare una lira».
Ma c’è anche chi, come Renzo Rosso, di Cuccia ha un ricordo del tutto originale: «Parlavamo di tutto, anche di snow board». Lui, il signor Diesel, può vantarsi di avere una foto scattata assieme al Signore di Mediobanca. Forse, è l’unico.