Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore 24/6/2014, 24 giugno 2014
È LA RICERCA A FARE LA DIFFERENZA FRA GLI ATENEI
Una geografia accademica spaccata in due, con i risultati più brillanti che si concentrano negli atenei del Centro-Nord e le difficoltà maggiori che si addensano al Sud. L’immagine viene confermata dalle nuove classifiche sulla «qualità universitaria», pubblicate sul Sole 24 Ore di ieri, che dietro le eccellenze di Verona e Trento, o le ottime performance di Bologna, Padova e della Bicocca di Milano vedono affollarsi le università settentrionali, confinando nelle parti basse le strutture del Sud. La situazione generale non cambia se si guarda solo alla condizione della ricerca, in cui si affacciano però importanti eccezioni: Salerno, prima di tutto, che con un punteggio medio di 72 su 100 ottenuto nei tre parametri stacca anche importanti università del Nord e guadagna posizioni nella classifica generale dove occupa il gradino numero 22, ma anche l’Orientale di Napoli, Catanzaro e l’università beneventana del Sannio ottengono risultati importanti.
Per misurare il polso della ricerca italiana, le classifiche pubblicate ieri mettono sotto esame i tre parametri più "pesanti" nella mole di dati resa disponibile dalle ricerche dell’agenzia nazionale di Valutazione (Anvur). In gioco entrano i giudizi ottenuti dai «prodotti di ricerca», cioè dalle monografie, dagli articoli, dai brevetti e dalle altre realizzazioni che i docenti dei vari dipartimenti hanno sottoposto al voto dell’Anvur; il secondo parametro guarda alla capacità degli atenei di attrarre risorse esterne per finanziare i propri progetti, mentre il terzo valuta le "pagelle" assegnate (sempre dall’Anvur) ai dottorati e all’alta formazione. I risultati sono stati pesati in base al numero di aree di studio attive nell’ateneo, per evitare che le dimensioni distorcessero i risultati, e riescono appunto a offrire un quadro che si rivela più articolato rispetto alla classica divisione Nord-Sud.
Più schiacciata verso il basso è la situazione degli atenei meridionali per quel che riguarda la didattica, misurata da parametri che vanno dalla struttura dei docenti alla puntualità degli studenti con gli esami, senza trascurare l’incidenza degli stage e delle esperienze all’estero sui curricula di chi si laurea. Su questo versante, però, ci sono ostacoli strutturali che pesano con incidenza diversa su tutte le regioni meridionali. L’emigrazione studentesca priva queste università di studenti motivati, e non è compensata da alcun flusso in senso inverso, al punto che a Urbino, Trento e Ferrara più del 50% degli immatricolati arriva da regioni diverse da quella sede dell’ateneo, mentre a Catania, Cagliari, Sassari o Palermo la stessa condizione si incontra in meno dell’1% dei casi (un caso a parte è rappresentato dall’Aquila, dove ad attrarre iscritti sono state anche le agevolazioni post-terremoto sulle tasse universitarie).
Nel Mezzogiorno il livello basso dei contributi chiesti agli studenti interviene per provare a frenare l’emorragia di studenti e andare incontro alle esigenze di territori con redditi e capacità di spesa più modeste, ma rischia di innestare un circolo vizioso tra basse pretese economiche e altrettanto bassi servizi offerti. Lo stato del diritto allo studio, che è competenza delle Regioni, completa il quadro e fa mancare le risorse proprio dove sarebbero più necessarie, con il risultato che in tante università della Campania o della Calabria la borsa di studio arriva a meno della metà degli studenti che la dovrebbero avere in base ai parametri di reddito e patrimonio famigliare. Negli ultimi anni il problema si è affacciato anche nelle Regioni settentrionali, al punto che molti atenei (dalla Bicocca fra gli statali a Bocconi e Cattolica fra i non statali, solo per citarne alcuni) hanno deciso di integrare gli stanziamenti per allargare la platea dei beneficiari.
Com’è naturale, inoltre, le classifiche offrono un’indicazione sintetica di una realtà più articolata, che si traduce nei numeri dei «dossier di documentazione» pubblicati sul sito del Sole 24 Ore. Per questa via si scopre, per esempio, che a Salerno l’alta formazione raggiunge il top in matematica e informatica, lo stesso settore dove il Sannio ha risultati brillanti sulla qualità della ricerca. Oppure, per tornare al Nord, che Brescia primeggia nei dottorati di scienze filologiche e dell’antichità, l’Insubria è forte in quelli di scienze sociali e politiche mentre l’alta formazione in ingegneria industriale incontra i giudizi migliori a Firenze. Un viaggio nelle eccellenze che rappresenta anche un viaggio nella trasparenza, altra caratteristica di cui l’università italiana ha forte bisogno.
gianni.trovati@ilsole24ore.com
Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore 24/6/2014