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 2014  giugno 24 Martedì calendario

JACARANDA CARACCIOLO PORTA IN TRIBUNALE L’ASSISTENTE DEL PADRE


MILANO — Non c’è pace per l’eredità di Carlo Caracciolo, il principe napoletano fratello di Marella Agnelli (la moglie dell’Avvocato) morto a 83 anni nel dicembre 2008. A lungo le ricchezze dell’azionista storico del gruppo l’Espresso — dall’11% nel gruppo editoriale alle splendide tenute di Torretta Vecchia (Latina) e Garavicchio in Toscana, per un totale stimato di 250 milioni di euro — sono state contese tra la figlia Jacaranda Caracciolo Falck, unica erede legittima, e i fratelli Carlo e Margherita Revelli, che rivendicavano di essere figli naturali del principe. Ora, dopo tre anni di pace apparente seguita alla transazione del giugno 2011 tra Jacaranda e i fratelli Revelli — il 60% dell’asse ereditario e il 6,3% dell’Espresso a lei, il resto ai due, compreso il 5,4% della casa editrice — il caso riesplode. Ed è la 41enne erede di Carlo a muoversi di nuovo sul terreno legale.
Questa volta l’avversario è Milvia Fiorani, 76 anni, principale collaboratrice e grande amica di Carlo, già consigliere d’amministrazione del gruppo editoriale, talmente vicina a Caracciolo da aver beneficiato di una donazione testamentaria (termine tecnico «legato») di due milioni di euro, oltre all’usufrutto della casa in cui abitava. Sono proprio quei due milioni la chiave della causa promossa da Jacaranda presso il tribunale di Roma contro Fiorani e contro la Ersel, storica sim torinese della famiglia Giubergia.
Alla base di tutto c’è il rapporto fiduciario tra Caracciolo e Fiorani, talmente stretto che l’assistente aveva la delega ad operare sul conto del principe. Ma è proprio dai rendiconti esaminati dopo la fine della contesa con i Revelli — secondo la ricostruzione esposta al tribunale dall’avvocato di Jacaranda, Maurizio Martinetti, già esecutore di quel testamento — che spunta un bonifico di 2 milioni di euro a favore della stessa Fiorani effettuato il 9 dicembre 2008 dal conto di Caracciolo presso la Ersel, quando il principe era già in coma e appena una settimana prima che morisse, il 15 dicembre. Secondo l’erede legittima non sarebbe chiaro il motivo di quella operazione. Inoltre non esisterebbe né un ordine scritto né uno telefonico registrato. Ci sarebbe una testimonianza di un funzionario Ersel circa una disposizione orale di Carlo Caracciolo dell’ottobre 2008, che comunque è stata eseguita a dicembre. La motivazione fornita a Jacaranda da Fiorani sarebbe stata quella di voler anticipare l’esecuzione del «legato» di Caracciolo — appunto la donazione dei 2 milioni — nel timore che il testamento potesse venire impugnato, invalidato o comunque bloccato, visto che la signora era a conoscenza delle pretese dei due fratelli Revelli. Tuttavia in questo caso, secondo la tesi di Jacaranda, i 2 milioni avrebbero dovuto essere restituiti una volta che il legato vero e proprio fosse stato eseguito. Invece Fiorani avrebbe ottenuto 4 milioni e non solo 2. La sim torinese sarebbe stata corresponsabile di questo esborso, tanto da venire citata insieme con Fiorani: obiettivo è ottenere la restituzione del denaro o la nullità del bonifico o il risarcimento del danno dalla sim.
La decisione di presentare ricorso in tribunale contro una persona comunque «di famiglia» sarebbe stata presa da Jacaranda in accordo con i fratelli Revelli: l’eventuale somma recuperata verrebbe ripartita tra loro secondo lo schema della transazione principale. La prima udienza si terrà a dicembre e già si preannuncia battaglia: «Sono solo calunnie, ci vedremo in tribunale», è l’unico commento di Milvia Fiorani.