
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Un altro segno della crisi è che la metà degli italiani non andrà in vacanza…
• Chi lo dice?
La Federalberghi. Che è parte in causa, e possiamo suppore che un po’ abbia convenienza a piangere. Però i numeri sono abbastanza impressionanti: il 46,3 per cento degli italiani resterà a casa e metà di questi non si muoverà proprio perché gli mancano i soldi.
• Sono più o sono meno dell’anno scorso?
L’anno scorso gli italiani rimasti a casa furono il 43,8%. Dunque il dato del 46,3% mostra un maggior numero di famiglie in difficoltà. Più della metà di questo 46,3% (più esattamente il 54,9%) dice che la rinuncia è dettata da motivi economici e soprattutto, naturalmente, dalla mancanza di soldi (46,8%). Un altro 18,7% parla di ragioni familiari, il 18,5% denuncia motivi di lavoro, mentre per il 16% c’è un problema di salute. Siccome questo minor numero di vacanzieri spenderà mediamente più che nel 2009 (764 euro a persona contro i 550 dell’anno scorso, limitatamente alle ferie godute nel nostro Paese) in termini di fatturato complessivo i numeri sono più o meno gli stessi. Senza vantaggio però per gli operatori turistici perché questo +20% di costi è stato determinato dall’aumento di tutta la linea di beni e servizi che stanno alla base della voce “turismo”: autostrade + 5,5%, ferrovie +12,7%, benzine + 14,8%, altri carburanti +13,3%. La Federalberghi dice che gli hotel hanno invece abbassato i prezzi dell’1%.
• Costa di più la vacanza in Italia o all’estero?
Costa di più l’Italia. Qui abbiamo una ricerca, diffusa anche questa ieri, di Federconsumatori e dell’Ente bilaterale nazionale del turismo. Il loro ricercatore Stefano Cipolli ha studiato le offerte dei tour operator e risulta quanto segue. Una settimana tutto compreso in Spagna, Grecia, Croazia, Slovenia, Tunisia, Turchia ed Egitto costa mediamente 1.283 euro. Chi viene in Italia da fuori spende 1.365 euro per le località intermedie e 1.690 per quelle più care. È vero che in Italia ci sono anche possibilità a 844 euro, ma, per esempio, la Croazia ci batte ampiamente sul piano dell’economicità: una settimana all inclusive costa 639 euro. Stesso discorso per le città d’arte. La media di Barcellona, Madrid, Budapest, Praga, Vienna (le meno care), Londra, Parigi e Lisbona (considerate di fascia intermedia) e Mosca, S. Pietroburgo, Berlino e Amsterdam (le più care) è di 764 per sei notti e sette giorni. Roma costa invece 875 euro, Firenze 847, Venezia 837. Sul piano dei prezzi, benché tante volte la qualità della nostra offerta sia eccezionale (qualcosa che assomigli a Roma o a Firenze o a Venezia non c’è da nessuna parte), si deve ancora fare qualcosa se non si vogliono perdere flussi turistici.
• La gente va più al mare o da qualche altra parte?
Il 74,6% sceglierà la spiaggia: il 67,4% si dirigerà verso il mare della penisola o delle due isole maggiori, mentre il 7,2% andrà nelle isole minori. Seguono la montagna, con il 17,4% delle preferenze, e le località d’arte, con l’1,9%. Stabili i laghi (1,9%) e le località termali (1,4%). Il vero problema di tutta questa faccenda è che nel frattempo sono diminuiti anche i redditi.
• Cioè gli italiani guadagnano di meno?
Sì, sono dati Istat. L’anno scorso il reddito disponibile era aumentato del 2,6% sul 2008. Adesso c’è stato mediamente un taglio della disponibilità del 4,2%. Non è solo un problema del moltiplicarsi della cassa integrazione o del congelamento dei contratti. Tutte le voci di reddito hanno subito una flessione assai sensibile, per esempio i rendimenti azionari oppure le attività di artigianato e commercio. Gli albergatori che si lamentano sono purtroppo in buona compagnia. Il 57% di tutti i redditi è formato dalle paghe dei lavoratori dipendenti. Qui la flessione più contenuta dello 0,7% ha avuto però effetti importanti sul calo complessivo a causa della grande massa di persone che vivono con uno stipendio o con un salario. I redditi da capitale netti sono diminuiti di percentuali a due cifre - -32,6% con un -43,6% degli interessi percepiti e un 30,3% di minori dividendi -, ma gli italiani per cui questo tipo di entrate è significativo sono pochi. In crescita al contrario le prestazioni sociali (cassa integrazione per 3,5 miliardi di euro, eccetera): +4.9%. Come volevasi dimostrare. E in calo, naturalmente, anche il monte risparmi sceso dell’8,4% (qui il confronto è tra 2009 e 2008). [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/7/2010]
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