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 2010  luglio 23 Venerdì calendario

PARTITA A TRE. CON ALDO, GIOVANNI E GIACOMO COMICA LA NOTTE


Non bisogna farsi ingannare dal costume: sono giocatori di bocce. Difficile capirlo subito. Vedi solo un’ombra di notte in un salotto, l’inconfondibile sagoma di Babbo Natale. Poi ne vedi un altro, di Babbo Natale, appeso a una grondaia. E un terzo che sbircia da un’auto.
Sbucano i poliziotti e li arrestano. Tre Babbi Natale colti sul fatto. Quale fatto, non importa adesso. C’è tutto il film per raccontarlo. Questo è solo l’inizio, i primi due minuti di La notte dei Babbi Natale, la nuova pellicola di Aldo, Giovanni e Giacomo, l’Alfa, l’Omega e la Virgola
della comicità italiana, prodotta da Paolo Guerra con la regia di Paolo Genovese, sugli schermi appunto a Natale. A Milano, come ovunque nel mondo, è metà luglio. Ma in questo angolo di città, all’Isola, lungo la ferrovia, a cento metri da Porta Garibaldi, è il 24 dicembre, mezzanotte.
I tre tipi da Banda Bassotti sono vestiti con stivali neri, cappelli, pantaloni e casacche rosse con bordo di orsetto bianco e barbe finte. il cinema, bellezza! la vita da set, quella dove una voce grida: «Silenzio, per favore» e un’altra ordina: «Motore!». «Partito». «Ciak». «Azione!». E sei nel film. Finché il regista non ferma tutto: «Stooop!». Trenta secondi, quaranta. Poi si ricomincia. E intanto si aspetta. Ne avranno fino all’alba. una delle prime scene in cui Aldo, Giovanni e Giacomo si ritrovano insieme sul set. «Come è venuto il ballo ieri sera?» chiede Aldo a Giacomo. «Io non l’ho visto» risponde Giacomo. «Ma eri tu che ballavi!» dice Giovanni. «Ballavo e non ho visto». «Chissà quante volte hai ballato nella vita!» lo sfottono. «Tre. E la prima ho trovato moglie». «E le altre due?» s’incuriosisce Giovanni. «Ieri notte sul tram, davanti al Duomo». «Come è stato?» insiste Aldo. «Un tentativo di valzer» risponde Giacomo. «Ma può essere anche jazz!» interviene Giovanni. «Sì, noi abbiamo accennato un passo disarmonico di valzer, poi non so che musica metteranno». «Lo decideremo più tardi». «Sempre così, decidiamo tutto più tardi...» e Giacomo tace di colpo. Giovanni gli fa un segno e alza gli occhi al cielo, lui scuote la testa: Aldo sta cercando di far passare una poltrona attraverso una porta troppo stretta. Sembra uno sketch. Si accanisce, si gratta la zucca. Un altro paio di tentativi e si volta di scatto: «L’ho capito subito che non passava!». «Ah, ecco».
Così inizia la notte con Aldo Giovanni e Giacomo. Intervistarli è come far passare una poltrona attraverso una porta troppo stretta. Mentre cerchi le parole giuste per una qualsiasi domanda mediamente sensata, Giacomo attacca: «Ci arrestano il 24 dicembre e ci
portano in commissariato, dove verificheranno il nostro eventuale reato». «Zitto!» lo stoppa Giovanni. «Vuoi sapere troppo tu» interviene Aldo. Il più delle volte parlano insieme e strascicano le parole. Disorientano, non sai dove guardare, e poi scappa da ridere.
Che cosa fanno vestiti da Babbo Natale non si può dire, ma chi sono sì. «Siamo noi, siamo Aldo Giovanni e Giacomo, così come il pubblico ci vuole» certificano. «Siamo quella
pastasciutta che piace – sostiene Aldo – pomodoro, basilico e cipolla». «Io non sono una cipolla, sono l’aglio» obietta Giovanni. «Piacciamo perché si vede che ci divertiamo ancora» dice Giacomo. «Dai comici ci si attende sempre che stupiscano e che siano profondi» s’infervora Giovanni. «Non scaldarti!» soffia Giacomo. Ma lui prosegue: «Noi siamo solo dei comici, dei giullari!». «Vacci piano» lo riprende Aldo. Giovanni è in piedi, ha toni da comizio:
«Al parrucchiere non chiedi di fare il veterinario, al massimo chiedi che affini la sua arte. Il nostro mestiere è la comicità e basta».
«Buono Giovanni, buono» lo tranquillizza Giacomo. « che dovrebbe valere il vecchio detto: Ofelè fa ”l to mestè. Che ognuno faccia il proprio mestiere, insomma». «In un mondo che conosce tutto e non sa più fare niente, noi facciamo quello che sappiamo: i comici» detta Giovanni. «E il meglio l’abbiamo già dato, come Federer e Picasso» dice Aldo. «Il nostro meglio è stato Tre uomini e una gamba, avevamo vent’anni di lavoro teatrale a disposizione. Adesso dovremmo rimetterci in gioco...». «Io preferisco Chiedimi se sono felice» considera Giacomo. « più completo, c’è più storia. Eh sì, dovremmo rimetterci in gioco...». «Con questo ottavo film ci siamo rimessi in gioco» dice Giovanni. «C’è molta energia, possiamo stupire. Poi basta una risata per giustificare il prezzo del biglietto. E qui ce ne saranno molte».
Garantito. Ma cosa succede nel film? «Non si può dire». Neanche che lavoro fate? «Io faccio il veterinario» svela Giovanni. «Ha una famiglia in ogni Stato d’Europa» ironizza Aldo. «Per hobby fa il cacciatore» aggiunge Giacomo. « un bastardo» dice Aldo. «Forse però no,
sono uno rimasto preso nell’ingranaggio» sospira Giovanni. «Si giustifica sempre» dice Giacomo. «Forse ha ragione, ha fatto una leggerezza» azzarda Aldo «s’innamora di tutte le donne: un uomo del genere non può andare all’inferno, è già all’inferno». «Che fai, gli dài ragione?» sbotta Giacomo. «Sì, è il mondo a essere assurdo! Lui subisce un’ingiustizia culturale. Perché non può vivere con più donne? giusto avere più famiglie, perché noi siamo più persone».
« Aldo la vera merda» rilancia Giovanni. «Vive di scommesse e mette a repentaglio tutti, famiglia e amici» rincara Giacomo. «Sono uno scommettitore, un profittatore naturale» si arrende Aldo sconsolato. «In questo film viviamo tutti situazioni irrisolte» ammette Giacomo «e la mia è la più seria. Sono un medico, vedovo da dodici anni». «Ma l’imprevisto è dietro
l’angolo» insinua Giovanni.
Giacomo tira dritto: «Adoro in modo ossessivo la mia defunta moglie». « un po’ ossidato in quella situazione» chiosa sarcastico Aldo. «Qualcuno potrebbe smuoverlo» punzecchia Giovanni. «Una certa dottoressa...». Giacomo sta per lasciarsi andare a raccontare ma lo
bloccano: «Zitto, non dire niente».
E qui vengono in aiuto le bocce: rivelano le loro attitudini. «Siamo dei professionisti delle bocce» informa Aldo. «Giochiamo in una squadra» aggiunge Giovanni «Aldo boccia, Giacomo va a punto e io...». «Lui s’incunea» interviene Giacomo. Le bocce dicono chi sei. C’è il boceur, chi prende la vita di petto, una botta secca, decisa, e vada come deve andare. C’è il punteur, chi si accosta piano e rimane fedele al pallino. E c’è il fineur, il furbo, chi s’insinua di sponda e sceglie percorsi tortuosi per fare punto. « Giovanni» chiarisce Giacomo, «cerca un equilibrio fra le bocce». Cioè? «Doppio senso, no? Le bocce, capisci ammè, le due famiglie, le due donne!» e mette le mani a coppa sul petto. Stooop!, urla
il regista. Nel suo piccolo, sembra una scena del film. Sono le due del mattino.
Forse tocca, finalmente, a Babbo Natale Giovanni. Ha un ascesso al dente e hanno sempre rinviato la sua scena. Giacomo ha finito per la sesta volta di venir trascinato via da due poliziotti. Si presenta da Aldo e Giovanni accasciati sulle sedie e chiede: «Siete felici?».
Una domanda così, la notte di Natale, a Porta Garibaldi. Ci sono venti gradi e si suda. Ti aspetti una battuta di risposta. Invece, i due sorridono: «Sì». Il più semplice sì che si possa pronunciare. Il più vero. Sono la banda dei Babbi Natale e sono felici.