Riccardo Mazzoni, il Giornale 23/7/2010, pagina 5, 23 luglio 2010
IL GIORNALE DELLA TOSCANA NON HA PRESO TANGENTI
Mi dispiace citare una frase di Scalfaro, ma oggi devo dire anch’io «non ci sto». Essendo stato uno dei fondatori, giornalisticamente parlando, del Giornale della Toscana , e avendoci speso ogni energia come vicedirettore, direttore responsabile e oggi come direttore editoriale, non ci sto a vedere il mio giornale infangato come se fosse una centrale di smistamento di tangenti. Questo non è il Corriere della Sera di Tassan Din, tanto per fare un esempio oscuro e illuminante, e il Credito Cooperativo di Campi Bisenzio non è il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Il Giornale della Toscana è un piccolo quotidiano che ha saputo con grande fatica- e troppi nemici-conquistarsi uno spazio nell’editoria regionale, è stato un paio di volte sull’orlo della chiusura e ora è in crisi come tutti gli altri giornali. Tenere aperto un quotidiano costa tantissimo e chi si accolla l’impresa è quasi sempre un benemerito. Non ci sto, dunque, a vedere Denis Verdini,l’uomo che ha fondato il giornale, descritto come un corrotto e pitreista. Io so che Verdini ogni anno si è esposto col suo patrimonio personale per ripianare i debiti. Eppure negli ultimi mesi abbiamo avuto ospiti fissi in redazione finanzieri e carabinieri. Ci hanno perfino sequestrato il server vecchio e malandato perché, senza fondi per comprarne uno nuovo, si era rotto. Ebbene: i magistrati non ci hanno creduto, non si sono rassegnati al fatto che i soldi versati da Carboni - lo so, è un nome molto scomodo, ma è l’unico che in questi tempi di magra aveva deciso di entrare nel capitale della società editrice fossero davvero finiti al giornale per pagare dipendenti e fornitori. Dunque, lo hanno fatto portare via per accertare che non fosse stato manipolato.
Io non ci sto neanche a recitare la litania della «fiducia nel lavoro dei magistrati»:seguendo Tangentopoli da caporedattore de La Nazione ne ho viste troppe per non diffidare dei polveroni giudiziari. E oggi respiro lo stesso clima di allora, lo stesso affastellamento caotico di intercettazioni e sentenze giornalistiche che mi fanno accapponare la pelle. Un esempio? Quando Verdini incontrò Carboni, presentatogli da un possibile nuovo socio del giornale che ci aveva ripensato, la vicenda dell’eolico in Sardegna non esisteva proprio, come dimostrano le intercettazioni. Verdini chiarirà tutto, ne sono certo. A me interessa far sapere che i soldi versati da Carboni non erano una tangente, ma linfa per noi. Ma se gli uomini di Carboni versassero oggi un’altra delle quote pattuite rischierebbero l’arresto per la reiterazione di un reato che la magistratura pervicacemente continua a ipotizzare, nonostante i riscontri contrari. Per questo abbiamo costituito una fondazione che dovrebbe subentrare alla cooperativa che detiene la maggioranza delle quote della Società Toscana diedizioni.Un’operazione limpidissima, che però incontra molte difficoltà a causa del clima di sospetto che si è creato intorno al giornale. Come ne usciremo? Non lo so, ma ce la metteremo tutta per salvare questa testata che da dodici anni esce insieme al Giornale .