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 2010  luglio 23 Venerdì calendario

L’AJA: S ALL’INDIPENDENZA DEL KOSOVO

Via libera della Corte di giustizia internazionale dell’Aja (Icj) all’indipendenza del Kosovo. Le prime parole del parere letto ieri dal giudice Hisashi Ovada hanno gelato le speranze di Belgrado, che aveva presentato il ricorso. «Il diritto internazionale generale non contiene proibizioni all’indipendenza. Di conseguenza ”ha aggiunto ilgiudice – la dichiarazione non ha violato la legge».
 un duro colpo per la Serbia, tanto più che il parere pur avendo valore solo consultivo ha grande peso politico e afferma anche che l’autoproclamazione dell’indipendenza avvenuta il 17 febbraio 2008 «deve essere considerata alla luce della situazione
de facto » . Respinta anche la tesi da sempre sostenuta da Belgrado e cioè che la secessione non sarebbe stata possibile in quanto la risoluzione Onu 1244, votata all’indomani della fine dell’intervento Nato nel 1999, parlava del Kosovo come di provincia serba temporaneamente sotto amministrazione Onu. La tesi dei 10 dei 14 giudici della Corte che hanno approvato la sentenza è invece ad exclusionem:
«La dichiarazione di indipendenza è coerente anche con la risoluzione 1244 che non ne contiene la proibizione».
Certo è che questo parere sarà a lungo materia di studio – e di scontri accademici – tra esperti di diritto internazionale anche perché crea un precedente relativo al diritto dei popoli a proclamare unilateralmente la secessione, tanto più se sono oppressi dal potere centrale. Unico caso con qualche analogia la secessione del Pakistan negli anni Settanta.
Gli effetti più immediati del via libera del massimo organismo di giustizia dell’Onu, cui ha preso parte per la prima volta un giudice cinese, potrebbero farsi sentire proprio nell’area balcanica. In Bosnia-Erzegovina, dove la Repubblica serba potrebbe dichiarare l’indipendenza dalla Federazione croato- bosniaca, o in Macedonia, dove la nutrita minoranza musulmana concentrata ai confini con il Kosovo potrebbe cercare di staccarsi da Skopje.
«Non riconosceremo mai il Kosovo » ha dichiarato il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic subito dopo la lettura del parere. «Continueremo la nostra pacifica battaglia politico-diplomatica – ha preannunciato – nell’ambito dell’Assemblea dell’Onu che si riunirà a settembre a New York». evidente che spera nel supporto degli stati che ancora non hanno riconosciuto l’indipendenza di Pristina (sono larga maggioranza) a partire da quello di Mosca e Pechino. La Russia ha già dichiarato che il parere espresso ieri dall’Icj «non cambia nulla».
Gli analisti politici serbi nei giorni scorsi avevano previsto una nuova ondata di riconoscimenti in caso di verdetto sfavorevole a Belgrado. Sino a ieri lo avevano fatto 59 Stati. Tra gli europei, dei 27, non hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo la Spagna, la Grecia, Cipro, la Slovacchia e la Romania.
Il pronunciamento della Corte di giustizia ora pone un serio problema all’interno dell’Unione europea. Non a caso ieri di Dipartimento di stato Usa, dopo aver espresso soddisfazione per il sostanziale via libera all’indipendenza del Kosovo ( per il quale la diplomazia Usa nei mesi scorsi ha messo in atto una massiccia attività di lobbying) ha invitato l’Europa a«mostrarsi unita ». Un chiaro riferimento alla necessità che Bruxelles metta in atto una politica estera comune, che per essere tale a questo punto richiederebbe il riconoscimento del Kosovo da parte dei cinque paesi che ancora non l’hanno fatto. Più esplicito, in serata, l’invito del segretario di stato, Hillary Clinton, che ha esortato tutti i paesi, inclusa la Serbia, a riconoscere il Kosovo dopo il «decisivo» pronunciamento.
Gli scenari che si aprono a questo punto sono tre, anche se la perentorietà del parere espresso dal’Icj di fatto riduce a uno solo il possibile percorso per la stabilizzazione del Kosovo e dell’intera area balcanica: vale a dire l’avvio di nuove trattative, con la mediazione dell’Unione europea, per la concessione di larghe autonomie al Nord del Kosovo (dove vive la maggioranza della popolazione serbo kosovara e dove si trovano i principali monasteri ortodossi) sul modello dell’Alto Adige.
Gli altri due scenari, che da ieri di fatto non sembrano più realistici, erano quello della spartizione, con il ritorno a Belgrado del Kosovo del Nord in cambio della Valle di Presevo, l’area serba a maggioranza kosovara contigua al confine. La seconda ipotesi era la creazione di uno stato diviso in due, sul modello di Cipro.
Il ministro degli Esteri Jeremic dopo la lettura del dispositivo della Corte ha invitato i serbi «alla calma» e lo stesso ha fatto il patriarca ortodosso Irenej, massima autorità morale per i serbi. La tensione a Mitrovica però si tagliava con il coltello e i timori più forti della Kfor, il contingente militare della Nato in Kosovo, ieri sera erano concentrati sulla nottata.