Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La questione sta in questi termini: quando tu, governo, sei venuto a sapere, grazie ai giudici, che una certa ditta è al centro di un vasto giro di corruzione, devi farla continuare a lavorare o devi buttarla fuori e rivolgerti a qualcun altro? La questione riguarda sia l’Expo che il Consorzio Venezia Nuova.
• Beh, mi pare chiaro: devi buttarla fuori. Qualcuno ieri ha scritto: se l’idraulico che hai chiamato a casa ruba, prima di tutto licenzialo.Non è così ovvio. Non è così ovvio soprattutto per l’Expo e per la principale ditta implicata nell’affaire, cioè la Maltauro. L’Expo ha una scadenza precisa, deve essere pronta entro il 30 aprile 2015. Togliere di mezzo la Maltauro e mettere al suo posto qualcun altro, vuol dire non rispettare i tempi, cioè mancare all’appuntamento. Una figuraccia mondiale senza pari.
• È a questo che si riferisce Maroni con il suo appello di ieri?
Maroni è andato dietro a una dichiarazione, molto importante, del presidente di Assolombarda, cioè del capo degli industriali della regione, Gianfelice Rocca: «Seguire la vicenda della Maltauro da vicino e con flessibilità, senza precedenti formalistici, se no si fanno danni maggiori. Se arriviamo un mese dopo la scadenza è una tragedia nazionale». A queste parole, davvero preoccupanti, ha fatto seguito la dichiarazione di Maroni, governatore della Lombardia, che ieri è rimasto a parlare con i giornalisti dopo la riunione del consiglio. «Rischiamo di andare oltre il 30 aprile 2015 senza aver completato le opere. Il governo si dia una mossa, altrimenti Expo è bloccata. I lavori sono bloccati e francamente non trovo un motivo». Maroni, prudentemente, non ha parlato della Maltauro e s’è soffermato piuttosto sui ritardi con cui il governo sta dando i poteri al nuovo commissario anti-corruzione Raffaele Cantone. In effetti sono passati 34 giorni dallo scoppio dello scandalo e 31 dalla nomina di Cantone, il quale ha detto più volte che vuole «poteri veri». Il ministro Lupi ha giurato che venerdì il decreto sarà pronto, intanto si chiacchiera sulle resistenze delle tribù italiane a questi «poteri veri». Siamo culturalmente impreparati a qualcuno che abbia poteri veri, basta vedere la fine di Bertolaso, con la complicità pesante dei costruttori (i quali, generalmente parlando, preferiscono i sistemi Expo o Venezia). Bertolaso è stato l’ultimo ad avere poteri veri, e gliel’hanno fatta pagare.
• Com’è la situazione di Expo?
La struttura principale è la cosiddetta “piastra”: un canale d’acqua che si sviluppa lungo tutto il perimetro dell’area, una struttura di percorsi interna all’area, gli impianti di distribuzione dell’energia elettrica, delle telecomunicazioni e delle acque. Per “area” intendiamo i due chilometri per 350/700 metri al cui interno si sistemeranno gli espositori. La piastra doveva essere completata a fine luglio. Si parla adesso di 30 marzo. Completare la piastra non vuol dire completare i lavori. Dopo bisognerà realizzare «le due aree tematiche, le aree verdi interne al Sito e la collina, le tende a copertura di “Cardo” e “Decumano” (i due percorsi principali - ndr ), gli spazi interrati adibiti a deposito e locali tecnici, sopra i quali sorgono le Architetture di Servizio (bar, ristoranti, ecc.), i pali per l’illuminazione». Stiamo citando dal sito. I cantieri aperti sono sessanta. Gli operai al lavoro mille. Il rischio di non fare in tempo esiste, nonostante gli entusiasmi di Renzi.
• Renzi ha parlato di Expo? Ma non sta in Asia?
Oggi è in Cina e a Shanghai ha visto il padiglione italiano di Expo 2010, ancora aperto. Ha detto questo: «L’Expo deve essere l’occasione per l’Italia per raccontare se stessa. L’Italia è più grande delle cose negative che vengono dette. Dobbiamo usare l’Expo per scrivere una pagina nuova del racconto del made in Italy». Secondo Renzi gli affari con la Cina non sono quelli che potrebbero essere. «È segno che qualcosa non va da parte nostra». Ma non cambiamo discorso.
• Il ragionamento fatto per l’Expo vale anche per Venezia?
Direi di no. Il Mose ha abbondantemente infranto tutti i tempi previsti: le dighe mobili dovevano entrare in funzione nel 1996! Ieri il consiglio comunale, riunito in un’atmosfera lugubre (Orsoni, per ora sospeso, lascerà la carica e pronuncerà parole di fuoco contro il Pd: la città tornerà alle urne), ha votato un ordine del giorno nel quale si chiede al governo una Commissione d’inchiesta sulle attività del Consorzio Venezia Nuova, il suo scioglimento, il superamento del regime di concessione unica e l’abolizione della figura del Magistrato alle Acque. Cioè, ripartire da zero. Qui si può fare. Intanto l’inchiesta sul Mose si allarga e secondo indiscrezioni di stampa ci sarebbe un coinvolgimento — anche se non come indagati — di altri politici come Gianni Letta e Renato Brunetta.
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