Sergio Romano, Corriere della Sera 11/6/2014, 11 giugno 2014
MATRIMONIO DEI PRETI LE ESITAZIONI DELLA CHIESA
Se il celibato non è un obbligo evangelico, apertamente proclamato da Cristo, e se altre Chiese cattoliche (quelle orientali) permettono il matrimonio dei sacerdoti, perché Roma non dovrebbe rivedere le proprie posizioni, soprattutto in un momento in cui deve far fronte a casi frequenti di omosessualità e pedofilia? Ed ecco oggi le parole di papa Francesco: La Chiesa cattolica ha preti sposati, nei riti orientali. Il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita, che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre la porta aperta. Credo che la risposta a questa domanda vada ricercata nell’importanza che la Chiesa attribuisce alla sua struttura gerarchica e ai vincoli di disciplina che sono il necessario cemento della sua unità. Anche quando ha consacrato se stesso al servizio divino, un uomo sposato è sempre necessariamente distratto da altre realtà: la moglie, i figli, i loro studi, le loro carriere, le loro amicizie. Al Papa farei umilmente osservare che «le regole di vita» a un giovane che sente la vocazione sacerdotale, si consigliano e non si impongono.
Veronica Tussi
Cara Signora,
Un osservatore laico, che non ha alcuna intenzione di dare consigli alla Chiesa cattolica, può soltanto constatare che la discussione sul celibato dei sacerdoti ha avuto il merito di chiarire i termini della questione. Sappiamo che il celibato è una regola introdotta dal Concilio di Trento in un’epoca in cui Roma doveva controbattere con nuovi comportamenti le accuse d’immoralità e corruzione che le erano mosse dai luterani. Sappiamo che questa regola può essere modificata e che già esistono eccezioni di diritto e di fatto. Sono eccezioni «di diritto» quelle concesse alle Chiese uniate nell’Europa orientale e nel Levante; e sono eccezioni «di fatto» quelle tollerate in molte parrocchie africane e latino-americane dove parecchi sacerdoti convivono più o meno pubblicamente con una donna. Sappiamo infine che di celibato ecclesiastico e dei suoi inconvenienti si parla ormai da tempo all’interno della Chiesa. Sul Corriere del 18 maggio Gian Guido Vecchi ha ricordato che già il cardinale Martini aveva proposto «l’ordinazione di uomini sposati che abbiano esperienza e maturità».
Quali sono dunque le ragioni che stanno ritardando il cambiamento della regola? La prima è certamente quella indicata nella sua lettera. La Chiesa teme che le preoccupazioni e gli affetti di un sacerdote sposato prevalgano sui suoi doveri, che le ambizioni della moglie, la carriera dei figli e il maggior bisogno di denaro possano creare una molteplicità di conflitti d’interesse rendendolo meno libero di agire nell’interesse della Chiesa e della sua parrocchia.
La seconda concerne la sua personale credibilità agli occhi dei fedeli. Qui entrano in gioco tradizioni e percezioni. Vi sono certamente molti Paesi in cui un prete sposato non suscita curiosità o diffidenza. Ma potrebbero esservene altri in cui diventa meno rispettato e autorevole. Non invidio, cara Signora, chi dovrà sciogliere questo nodo. Se messo a confronto con il problema del celibato ecclesiastico, quello del sacerdozio femminile mi sembra meno complicato e rischioso.