La Domenica del Corriere, domenica 10 gennaio 1932, 11 giugno 2014
Tags : Aceto
Ancora sull’aceto
La Domenica del Corriere, domenica 10 gennaio 1932
Quelle poche parole che ho detto sull’aceto, non provocano un tal di luglio di «come» e di «perché» che io… Non vedete? Sono qui perplesso né so davvero come potrò rispondere a tutte le domande che mi sono piombate, in questi giorni, addosso.
Mi si chiede… Qual è, fra tutti gli aceti, il migliore? Ecco: discreto aceto si possono fare la frutta, le patate, la birra e persino il legno ma, sempre tutti, il miglior aceto sarà sempre quello che ci offre il vino quando sia fermentato per opera di un fermento non speciale. Il «Micrococcus Aceti». Questo solo aceto infatti potrà contenere, oltre che da gr. 40 a gr. 60 di acido acetico cristallizzabile per litro, anche dell’acido tartarico e, soprattutto, molti di quei tali aromi prelibati che sono una buona prerogativa del solo vino.
Qual è il modo più spiccio di avere aceto? Si ha sempre aceto, e vero aceto, quando delle bevande che contengano alcool, sono lasciate all’aria. Nell’aria vivono infatti è sempre abbondano le microscopiche spore del«Micrococcus Aceti» e queste spore, cadendo su quei liquidi alcolici, vi si sviluppano, vi prolificano e li tramutano in aceto perché ne ossidano tutto quanto l’alcol che contenevano.
E non diventa infatti sempre un vero aceto, senza bisogno di aggiunta o di lavorazione alcuna, il vino che fu abbandonato in fondo ai fiaschi e nei recipienti scordati aperti? Non hanno l’acre sapore dell’aceto le frutta quando somme marcite, quando cioè gli zuccheri, che contenevano nella succosa loro polpa, si sono tramutati prima, per la stramaturanza, in alcoli, e poscia, per opera di quel tal fermento, in vero aceto? Il modo più spiccio di avere l’aceto è dunque quello di lasciare il vino e birra all’aria.
Tu invece, o brava massaia dall’antico stampo, vorresti con tutte le regole dell’arte fabbricarti un buon aceto per gli usi della tua famiglia, e chiedi a me il come? Se tanto ami non ricorrer sempre ai bottegai : va tosto dal falegname e pregalo del piccolo dono di un po’ di quei trucioli che fa sempre la sua pialla allorché egli liscia in legno. Immergi poscia quei trucioli nel vino e lasciali così, abbandonati all’aria, per due o tre ore, fino a che cioè quel vino venendo, sulla vasta superficie di quei trucioli, a contatto di tanta aria, si rivelerà, quando l’odori, tutto ha acetizzato.
Prendi allora una botticella senza uno dei fondi: sovrapponi, ma non troppo teso, un panno di canape ben grossa: adagiavi sopra i trucioli acetizzati e lentamente su quei trucioli versa del vino. Quel vino, prima di colar dentro alla botticella, laverà quei trucioli, ne porterà via, così, i fermenti e diventerà tosto un buon aceto!
Chi poi possiede un po’ di quell’ammasso gelatinoso che la coltura di «Micrococcus Aceti», chi possiede cioè una madre prolifica e prosperosa, possiede un piccolo tesoro, giacché il vino, con tal madre, diventa un aceto prelibato. Basterà infatti versare nel recipiente che lo contiene, quel po’ di vino che rimane ogni dì in fondo alle bottiglie che furono porte al desco, perché si abbia una aceto genuino e sempre alla mano per tutti gli usi della famiglia.
Attenti però che il vino sia di quello che si fa con l’uva e non con quelli tali estratti e attenti che sia anche un vino buono, se si vuol che rimangono inalterati, dentro all’aceto, tutti i suoi buoni aromi!
Tu mi dici, o fortunato mortale, che avesti in dono una bottiglia piena di aceto aromatico? Ma di aceto aromatico non per erbe che vi sian state aggiunte, ma per tutti quegli aromi che a quello stravecchio aceto ha potuto dare soltanto la vecchiaia? Da che cantina ti è venuto il dono? Certo da una cantina dell’Emilia: certo da una di quelle grasse fattorie nelle quali si guardan, per anni ed anni, con gelosia le botticelle degli stravecchi aceti che vengono tramandate, persino con testamenti, dall’una generazione all’altra insieme agli autentici tesori famigliari! Tienlo ben di conto quell’aceto tanto prezioso! Tienlo per farlo odorare alle donne quando, con quella gran facilità che noi sappiamo, cadono in svenimenti; tienlo per porgerlo a chi, per infortuni, cade in deliquio o, per asfissia, perde la coscienza; tienlo infine per usarne un solo cucchiaino nell’insalata quando si farà, in famiglia, un grandioso pranzo !
Ed ora sono a te che vuoi sapere dell’aceto artificiale. Tanto facile e farlo giacché basta confezionare una soluzione al 5% di acido acetico puro ed aggiungervi droghe e sostanze coloranti. Ma, in grazia, perché tanto ti preme sapere? Hai tu bottega e vorresti forse … Tentar lo smercio? Proibitissimo è, t’avverto, né manco ti varrebbe incollar sulle bottiglie le etichette con sopra scritto:«aceto artificiale!». Sta anche bene all’erta che al tuo aceto non siano stati aggiunti degli acidi minerali. Se ti scoprono…sei fritto e paghi una grossa multa perché tu abbia così ad imparare che i tuoi clienti non ti devi avvelenare.
Quelle poche parole che ho detto sull’aceto, non provocano un tal di luglio di «come» e di «perché» che io… Non vedete? Sono qui perplesso né so davvero come potrò rispondere a tutte le domande che mi sono piombate, in questi giorni, addosso.
Mi si chiede… Qual è, fra tutti gli aceti, il migliore? Ecco: discreto aceto si possono fare la frutta, le patate, la birra e persino il legno ma, sempre tutti, il miglior aceto sarà sempre quello che ci offre il vino quando sia fermentato per opera di un fermento non speciale. Il «Micrococcus Aceti». Questo solo aceto infatti potrà contenere, oltre che da gr. 40 a gr. 60 di acido acetico cristallizzabile per litro, anche dell’acido tartarico e, soprattutto, molti di quei tali aromi prelibati che sono una buona prerogativa del solo vino.
Qual è il modo più spiccio di avere aceto? Si ha sempre aceto, e vero aceto, quando delle bevande che contengano alcool, sono lasciate all’aria. Nell’aria vivono infatti è sempre abbondano le microscopiche spore del«Micrococcus Aceti» e queste spore, cadendo su quei liquidi alcolici, vi si sviluppano, vi prolificano e li tramutano in aceto perché ne ossidano tutto quanto l’alcol che contenevano.
E non diventa infatti sempre un vero aceto, senza bisogno di aggiunta o di lavorazione alcuna, il vino che fu abbandonato in fondo ai fiaschi e nei recipienti scordati aperti? Non hanno l’acre sapore dell’aceto le frutta quando somme marcite, quando cioè gli zuccheri, che contenevano nella succosa loro polpa, si sono tramutati prima, per la stramaturanza, in alcoli, e poscia, per opera di quel tal fermento, in vero aceto? Il modo più spiccio di avere l’aceto è dunque quello di lasciare il vino e birra all’aria.
Tu invece, o brava massaia dall’antico stampo, vorresti con tutte le regole dell’arte fabbricarti un buon aceto per gli usi della tua famiglia, e chiedi a me il come? Se tanto ami non ricorrer sempre ai bottegai : va tosto dal falegname e pregalo del piccolo dono di un po’ di quei trucioli che fa sempre la sua pialla allorché egli liscia in legno. Immergi poscia quei trucioli nel vino e lasciali così, abbandonati all’aria, per due o tre ore, fino a che cioè quel vino venendo, sulla vasta superficie di quei trucioli, a contatto di tanta aria, si rivelerà, quando l’odori, tutto ha acetizzato.
Prendi allora una botticella senza uno dei fondi: sovrapponi, ma non troppo teso, un panno di canape ben grossa: adagiavi sopra i trucioli acetizzati e lentamente su quei trucioli versa del vino. Quel vino, prima di colar dentro alla botticella, laverà quei trucioli, ne porterà via, così, i fermenti e diventerà tosto un buon aceto!
Chi poi possiede un po’ di quell’ammasso gelatinoso che la coltura di «Micrococcus Aceti», chi possiede cioè una madre prolifica e prosperosa, possiede un piccolo tesoro, giacché il vino, con tal madre, diventa un aceto prelibato. Basterà infatti versare nel recipiente che lo contiene, quel po’ di vino che rimane ogni dì in fondo alle bottiglie che furono porte al desco, perché si abbia una aceto genuino e sempre alla mano per tutti gli usi della famiglia.
Attenti però che il vino sia di quello che si fa con l’uva e non con quelli tali estratti e attenti che sia anche un vino buono, se si vuol che rimangono inalterati, dentro all’aceto, tutti i suoi buoni aromi!
Tu mi dici, o fortunato mortale, che avesti in dono una bottiglia piena di aceto aromatico? Ma di aceto aromatico non per erbe che vi sian state aggiunte, ma per tutti quegli aromi che a quello stravecchio aceto ha potuto dare soltanto la vecchiaia? Da che cantina ti è venuto il dono? Certo da una cantina dell’Emilia: certo da una di quelle grasse fattorie nelle quali si guardan, per anni ed anni, con gelosia le botticelle degli stravecchi aceti che vengono tramandate, persino con testamenti, dall’una generazione all’altra insieme agli autentici tesori famigliari! Tienlo ben di conto quell’aceto tanto prezioso! Tienlo per farlo odorare alle donne quando, con quella gran facilità che noi sappiamo, cadono in svenimenti; tienlo per porgerlo a chi, per infortuni, cade in deliquio o, per asfissia, perde la coscienza; tienlo infine per usarne un solo cucchiaino nell’insalata quando si farà, in famiglia, un grandioso pranzo !
Ed ora sono a te che vuoi sapere dell’aceto artificiale. Tanto facile e farlo giacché basta confezionare una soluzione al 5% di acido acetico puro ed aggiungervi droghe e sostanze coloranti. Ma, in grazia, perché tanto ti preme sapere? Hai tu bottega e vorresti forse … Tentar lo smercio? Proibitissimo è, t’avverto, né manco ti varrebbe incollar sulle bottiglie le etichette con sopra scritto:«aceto artificiale!». Sta anche bene all’erta che al tuo aceto non siano stati aggiunti degli acidi minerali. Se ti scoprono…sei fritto e paghi una grossa multa perché tu abbia così ad imparare che i tuoi clienti non ti devi avvelenare.
Dott. Amai