Alberto Flores D’Arcais, la Repubblica 11/6/2014, 11 giugno 2014
HILLARY, FOLLA E GAFFE “SONO STATA POVERA” LA RETE INSORGE MA LA CORSA È INIZIATA
NEW YORK
Un ingresso da rockstar, applausi, gridolini, incitamenti. Quando alle 11 e 20 (un classico ritardo accademico) Hillary Clinton si materializza al quarto piano di Barnes & Nobles, dal migliaio e passa di persone che fin dalle prime luci l’hanno attesa per ore parte un lungo applauso liberatorio. Raramente in una libreria — compreso questo grande edificio che occupa l’intero lato nord di Union Square a Manhattan — si era vista tanta gente, certamente non all’alba. C’è chi ha passato la notte in fila «dalle cinque del mattino», le volanti della polizia, la security, gli agenti del Secret Service chiamati a vigilare sulla ex First lady. Una serpentina di famigliole, bimbi in braccio con gli occhi ancora socchiusi, molti giovani, in tanti con decalcomanie benauguranti attaccate sulla maglietta (“Sono pronto per Hillary”).
«Ti vogliamo presidente», «Casa Bianca, Casa Bianca». Tutti già pronti ad incoronarla, con un anticipo di due anni e mezzo, come prossimo Commander in Chief , prima donna alla Casa Bianca. Lei — giacca fucsia, pantaloni neri e un viso rilassato — si schernisce. È qui per lanciare il suo libro Hard Choices (“Scelte Difficili”, in Italia per le edizioni Sperling & Kupfer), seicento pagine di viaggi, racconti e incontri con i leader mondiali avvenuti nei suoi quattro anni a fianco di Obama come Segretario di Stato della più grande potenza del pianeta. Si limita a poche parole di circostanza, evoca le «scelte difficili che tutti noi dobbiamo fare nella nostra vita», poi inizia a firmare le dediche.
Partono i flash, una coppia di bambine dai capelli rossi ha il proprio momento di celebrità con i fotografi, l’ex senatrice di New York (Hillary è tre volte ex) parla un po’ più a lungo solo con i disabili arrivati in sedia a rotelle, per tutti ha un sorriso, da tutti riceve un incoraggiamento: «Go Hillary, go». Non è questo il tempo di discutere del libro, le cose che doveva dire le ha scritte e poi commentate nelle varie interviste alle tv e ai media Usa.
Nel libro per l’Italia (che notoriamente non é una potenza sullo scacchiere internazionale) solo poche righe, protagonista Silvio Berlusconi. In due episodi: il primo (vertice dell’Osce ad Astana, Kazhakistan) con il nostro (ex) premier furioso per i giudizi dati su di lui da funzionari Usa (e rivelati da Wikileaks), il secondo (marzo 2011) quando il Cavaliere — che la Clinton definisce «un alleato chiave» per gli Stati Uniti — minacciò di negare le basi italiane per i raid contro Gheddafi, furibondo per la decisione di Sarkozy di bombardare unilateralmente la Libia. Niente sul Vaticano, poco o nulla di più sul nostro paese. Ci sono invece gli elogi per Angela Merkel «decisa, sagace e diretta, mi ha sempre detto esattamente quello che pensava. C’è il ritratto dell’ex presidente francese: «Molti sono più tranquilli di persona di quanto appaiano in pubblico. Non Sarkozy. Lui raccontava pettegolezzi, descrivendo con noncuranza gli altri leader mondiali come pazzi o instabili».
Ci sono i giudizi su Putin («Uomini difficili presentano scelte difficili. La forza e la risolutezza erano l’unico linguaggio che poteva comprendere”). Ci sono ovviamente tutti i focolai di crisi (Iraq, Iran Afghanistan, il Medio Oriente) e non manca qualche spunto polemico con Barack Obama, di cui Hillary fu difficile avversaria nelle primarie del 2008, come ha rivelato lei stessa alla rete tv Abc: «Subito dopo la mia sconfitta, quando iniziai il lavoro con Barack, avemmo un incontro — scomodo ma necessario — per fare chiarezza su un paio di questioni. E una di queste era il sessismo, che purtroppo era presente in quella sua campagna del 2008». Con un ricordo preciso, la richiesta di attaccare Sarah Palin, candidata repubblicana alla vice presidenza e star di quelle primarie. «Il primo giorno, gli uomini di Obama mi dissero: “vai e criticala”. E io chiesi: “Per cosa? Perché è una donna? No, aspettiamo che faccia qualcosa, non so nulla di lei». Un libro che è un vero e proprio manifesto per la conquista della Casa Bianca. Il Pac (comitato d’azione politica) che la sostiene ha già raccolto sei milioni di dollari. Nessuno ne parla, per l’annuncio ufficiale occorrerà aspettare il gennaio 2015, ma la campagna elettorale è partita. E come da tradizione degli States, la stampa ha iniziato a farle le pulci. Perché sempre alla Abc Hillary ha incautamente ricordato che dopo gli otto anni di presidenza di Bill «siamo usciti dalla Casa Bianca non solo senza un soldo ma con molti debiti. Abbiamo lottato per mettere insieme le risorse per i mutui per le case e per l’istruzione di Chelsea. Non è stato facile». Parole che hanno scatenato l’ironia (e l’ira) della rete. Nel 2000 per le sue prime memorie l’allora First Lady ottenne un acconto di otto milioni di dollari, oggi per ogni discorso pubblico si fa pagare 200mila dollari. Bill da allora di milioni ne ha messi da parte almeno un centinaio. E, alla fine, Hillary è stata costretta a scusarsi.
Alberto Flores D’Arcais, la Repubblica 11/6/2014